Lucio Corsi: artista, alieno, necessario

Un viaggio intergalattico annaffiato nella birra: il racconto del live all’Hiroshima Mon Amour

Per due ore di un venerdì fradicio di maggio l’Hiroshima Mon Amour è l’astronave di Lucio Corsi. Un pianoforte, una tastiera, chitarre, maracas, una valigetta di cuoio e due Tuborg pericolosamente in bilico sul bordo del palco: è un rebus ancora da svelare, il mondo live di questo alieno gentile mutaforma. Così lontano, così terrestre, italiano, toscano. E pure i suoi musicisti sembrano assolutamente fuori posto, assortiti in maniera bizzarra, nell’accezione più positiva del concetto.

Lucio Corsi live all’Hiroshima Mon Amour – Foto di Alessia Sabetta

Mentre scintillano i riflettori veloci nella sala Majakovskij, sembra di scorgere quell’Iggy Pop del ‘72, che si contorce a torso nudo, tutine attillate e scarponcini di vernice che pestano i cavi. Ma Lucio Corsi non gioca a fare la rockstar. È un alieno gentile, animalesco, timido, nascosto dietro i capelli lunghi e una spennellata di cerone. La sua verità è lì da qualche parte, tra una sensibilità musicale raffinata, dalle liriche, agli arrangiamenti, alle costruzioni armoniche. È avvolto da un candore inafferrabile, una purezza tutta da preservare, prima che rimanga incastrata tra le grinfie di qualche salotto Rai.

Lucio Corsi live all’Hiroshima Mon Amour – Foto di Alessia Sabetta

Corsi si lancia in lunghi assoli elettrici senza mai sfociare nel virtuosismo vuoto, sale e scende dal palco, cambia outfit, suona cover di Dalla e Battisti, legge poesie. Ma nonostante tutto, lo spettacolo non c’è. Non c’è spazio per il cabaret, le frasi trite da animali da palcoscenico: Corsi sul palco sembra che ci sia appena atterrato da chissà dove. Tra un pezzo e l’altro accorda le chitarre, non sa che dire, improvvisa qualche spiegazione impacciata priva di qualsiasi irritante snobismo pretenzioso. E chi non ha pensato ad un certo cantautorato indie italiano scagli la prima pietra.

Lucio Corsi live all’Hiroshima Mon Amour – Foto di Alessia Sabetta

Quello che rimane, sotto il cerone sciolto e le birre rovesciate sulla scaletta, è un solenne e totale rispetto per la musica, che è suonata, è vissuta, è costruita in studio con uno sforzo collettivo, è la reale protagonista del tutto. Ancora più di Lucio Corsi stesso, che non c’è dubbio eserciti un naturale fascino magnetico sul suo pubblico e sui suoi fan, ma che non si mette mai davanti alle sue canzoni. Che sia il delicato universo fiabesco di Bestiario musicale, la dolcezza di Cosa faremo da grandi? o il più maturo La gente che sogna, l’ultimo album uscito lo scorso 21 aprile, Corsi ti parla del vento, della luna, della ragazza trasparente, del ragazzo altalena, delle stelle e le navi spaziali; disegna quadri impressionisti intimi e lontani, con un occhio un po’ bambino, che osserva la vita e le cose del mondo scoprendole per la prima volta.

La canzone italiana riparta da Lucio Corsi, dalle sue astronavi giradisco, che suonano musica aliena che non è mai stata così reale, così umana.

La Svezia vince l’Eurovision Song Contest 2023

Il 13 maggio si è tenuta la finale dell’Eurovision Song Contest – l’evento non sportivo più seguito al mondo – che ha visto trionfare Loreen con la sua “Tattoo”. 26 paesi in gara dopo l’operazione pulizia delle due semifinali (qui e qui per leggere le nostre pagelle) e molti graditi ritorni tra gli ospiti della serata fino al trionfo svedese, annunciato ormai da mesi e travolto da polemiche e contestazioni. Ma andiamo con ordine.

La serata si è aperta con la Kalush Orchestra che ha portato una nuova versione della sua “Stefania”, canzone vincitrice nel 2022, dando il la a una straordinaria flag parade intervallata dai rappresentanti ucraini più memorabili degli ultimi anni: i Go_A con “Shum” (2021), Jamala con “1944” (vincitrice nel 2016), Tina Karol con “Show Me Your Love” (2006) e Verka Serduchka con “Dancing Lasha Tumbai” (2007). Una volta terminata la sfilata, sul palco della Liverpool Arena è iniziata la gara.

Dopo le 26 esibizioni e con l’apertura del televoto, è stato nuovamente il momento degli ospiti. Sam Ryder, in gara per il Regno Unito l’anno scorso, ha presentato il suo nuovo singolo “Mountain” con Roger Taylor alla batteria. A seguire, un segmento dedicato alla musica di Liverpool a cui hanno preso parte il nostro Mahmood e altri ex concorrenti come Netta, Daði Freyr, Cornelia Jakobs e Sonia. L’esibizione si è conclusa con un’emozionante versione di “You’ll Never Walk Alone” cantata da Duncan Laurence, vincitore nel 2019 con i Paesi Bassi e con un collegamento dal Golden Gate di Kiev con Ruslana, vincitrice nel 2004 con l’Ucraina.

A circa un’oretta dall’apertura del televoto, l’annuncio della sua chiusura e l’inizio delle assegnazioni dei punti della giuria, compatta nella sua preferenza: quindici nazioni hanno dato i loro 12 punti alla Svezia, garantendo a Loreen uno stacco di 163 punti dalla seconda posizione (Israele). Bene per l’Italia con Marco Mengoni, che le giurie hanno piazzato al terzo posto. Il pubblico nell’arena però non sembrava apprezzare la piega che stava prendendo la classifica: dal palazzetto si alzavano cori incitando “Cha Cha Cha” o urlando il nome del rappresentante finlandese, che le giurie avevano posizionato al quarto posto.

Il televoto ci ha regalato, come sempre, grandi sorprese e momenti al cardiopalma. Tonfo inaspettato per nazioni come Austria, Francia e Spagna, che i pronostici davano in top 10 ma che sono tutte finite nella seconda metà della classifica. Grande salto per la Norvegia con Alessandra e la sua “Queen of Kings”, che dal 17esimo posto della giuria è volata al quinto. La tensione però è salita alle stelle con l’annuncio dei punti della Finlandia: Käärijä ha dominato il televoto, raccogliendo 376 punti e scalzando momentaneamente dal primo posto Loreen. Il rapper finlandese si è però dovuto accontentare della seconda posizione: Loreen ha infatti preso 243 punti al televoto, permettendole di portare a casa il trofeo una seconda volta con un totale di 583 punti.

Le assegnazioni dei 12 punti del televoto.

La vittoria della Svezia è stata, indubbiamente, storica: Loreen è diventata la prima rappresentante donna a vincere il contest per due volte (la svedese vinse nel 2012 con “Euphoria”) e ha portato inoltre la nazione a un totale di sette vittorie, a pari merito con l’Irlanda per il maggior numero di primi posti. Questo trionfo però non è stato accolto da tutti con entusiasmo: l’arena e il pubblico da casa parteggiavano chiaramente per la Finlandia (che ha ricevuto ben 18 set di 12 punti al televoto), e molti hanno accusato le giurie di aver avvantaggiato eccessivamente Loreen sia per il suo status di icona eurovisiva sia per la possibilità di organizzare l’Eurovision Song Contest 2024 in Svezia a 50 anni della vittoria degli ABBA con “Waterloo”.

La classifica dell’Eurovision Song Contest 2023.

Per quanto riguarda l’Italia, non possiamo di certo lamentarci: Marco Mengoni arriva sesto al televoto e finisce al quarto posto dietro all’israeliana Noa Kirel; il suo risultato garantisce all’Italia la sesta top 10 consecutiva. Inoltre, dal nostro ritorno in gara nel 2011, la nazione ha ottenuto per ben sette volte il miglior posizionamento in classifica rispetto agli altri Big 5, ovvero quei Paesi che sono di diritto in finale (oltre l’Italia sono Spagna, Francia, Regno Unito e Germania).

Si conclude quindi l’Eurovision Song Contest di Liverpool, un’edizione all’insegna della musica come mezzo di unione tra le nazioni europee con grandi tributi ad Ucraina e Regno Unito, che l’anno prossimo ci porterà nella terra del gravlax e dell’Ikea – e, appunto, degli ABBA: ci vediamo nel 2024!

La performance di Loreen dopo la proclamazione.

Foto in evidenza dal profilo Facebook dell’Eurovision Song Contest.

A cura di Giulia Barge

Premio Buscaglione, finale: Torino celebra la musica emergente italiana

La finale della settima edizione del Premio Buscaglione è arrivata: dopo essere stati allo sPAZIO211 e all’Off Topic, il 6 maggio siamo sulle sponde del Po, al CAP10100, in una sera fresca ma gradevole. Il concorso ha visto arrivare a Torino diverse band da tutta Italia (sei gli artisti per ciascuna serata, e questa non fa certo eccezione), a contendersi il plauso della critica e a mostrarsi ai presenti, affamati di musica nuova di zecca; è giunto il momento di decretare quale, tra le tante proposte, conquisterà la prestigiosa posta in palio.

Quest’anno i presentatori sono la speaker radiofonica Claudia Losini e l’autore televisivo Sebastiano Pucciarelli, che introducono la serata con un programma leggermente diverso dalle precedenti: se in queste, infatti, le band emergenti a esibirsi erano cinque, seguite da un ospite (Post Nebbia il 4 maggio e Yosh Whale il 5), nella finale si sfidano le due band selezionate in ciascuna serata, per un totale di quattro progetti emergenti. A chiudere l’evento, fuori concorso, ci saranno il cantautore emiliano Dente e i corregionali Gazebo Penguins.

UFO BLU. Foto: Elisabetta Ghignone

I primi a salire sul palco sono i bergamaschi UFO BLU, originale quartetto caratterizzato da un sound ibrido, che fonde elementi di rock e funk, con qualche richiamo più o meno esplicito al dream pop. Il frontman si muove sul palco scanzonato, e canta i suoi versi con tono ironico ed autoironico, avvolto nel suo look anni ’70 (impossibile non menzionare la sua canotta bianca e soprattutto quei baffi). I musicisti, tutti giovani studenti di ingegneria, ottengono l’apprezzamento e le simpatie dei presenti; come da prassi, reinterpretano inoltre un brano dell’artista cui il premio è dedicato, ovvero “Una sigaretta”. Tra gli inediti, è di sicuro da segnalare il primo brano “Cresci bambino”; l’esibizione, complice la breve durata dei pezzi, termina rapidamente, ma lascia il segno per la carica trasmessa in apertura dell’evento.

Hey!Himalaya. Foto: Elisabetta Ghignone

È poi il turno degli Hey!Himalaya, un gruppo di ragazzi lecchesi ritrovatisi a Bologna, i quali propongono un intreccio musicale eterogeneo. I loro pezzi si muovono tra il folk rock e l’elettronica – anche qui sono presenti suggestioni dream pop – marcando subito una cifra stilistica propria, oltre a evidenziare una certa maturità artistica ed esecutiva. Anche l’immagine fa la sua parte: il cantante sfida le temperature indossando un dolcevita; il tastierista ci tiene invece a suonare rigorosamente a piedi scalzi. Il finale, con le atmosfere cangianti della loro “Cantilena violenta”, corona l’esibizione nel migliore dei modi; la cover di Buscaglione in questo caso è “Lontano da te”, che viene resa quasi irriconoscibile, a testimonianza della grande inventiva dei musicisti.

Miglio. Foto: Elisabetta Ghignone

Ad andare in scena è in seguito la bresciana Miglio, e subito le vibrazioni della serata slittano verso il pop e l’elettronica vera e propria, che assume spesso sfumature più cupe; la cantautrice si presenta in duo con un polistrumentista, il quale alterna i sintetizzatori e il basso, occupandosi anche delle basi dei pezzi. Il punto di forza dell’artista, oltre che nella qualità dell’interpretazione e della voce, risiede nei testi, dove si percepisce un’autorialità ben delineata: la sua scrittura, come peraltro riferito da Losini nella breve intervista post-esibizione, combina infatti serie di immagini a tratti evocative, a tratti vivide e sensuali (l’esempio perfetto è “Techno Pastorale”). Il brano di Buscaglione stavolta è “Buonasera signorina”, con sola voce e chitarra; una performance di livello, condotta con grande personalità e consapevolezza dei propri mezzi lirici e musicali.

Candra. Foto: Elisabetta Ghignone

Ultimo finalista è Candra, artista proveniente da Livorno, che riporta la piega dello show nella sfera del rock. Con una vocalità graffiante, il cantautore alterna brani più distesi, in cui chitarra elettrica e piano sono spesso gli unici strumenti accompagnatori, a una cover dal piglio quasi sognante (“Che bella cosa sei”), per poi arrivare al gran finale, con “Zitti”. Il pezzo inizia quasi in sordina, per poi liberare le sue sembianze punk nel potente e orecchiabile ritornello, uno di quelli che rimangono in testa per davvero. Candra si distingue per il modo genuino e convincente col quale mette in musica tematiche delicate, trattate con testi che colgono nel segno e ne evidenziano il peso e la portata personale.

Dente. Foto: Elisabetta Ghignone

È ora la volta del primo dei due artisti fuori gara: Losini, Pucciarelli e Gigi Giancursi, ex membro dei Perturbazione, introducono sul palco Dente, cui viene consegnata la Targa Gran Torino, destinata a un autore che abbia, citando Pucciarelli, «incarnato la natura migliore del cantautorato italiano». L’artista originario di Fidenza si esibisce in solitaria con la sua chitarra acustica: il primo pezzo suonato è “Saldati”, ormai di lunga data, mentre “Allegria del tempo che passa” è una nuova e frizzante uscita. Tra le canzoni, tutte ammantate di una piacevole leggerezza, scappa qualche fugace scambio di battute col pubblico; l’omaggio a Buscaglione non lo salta neppure lui, e la sua versione di “Guarda che luna” – tra le più celebri ballads dello showman torinese – conquista tutti i presenti, forse anche per la spontaneità informale restituita.

Gazebo Penguins. Foto: Elisabetta Ghignone

Ospiti d’eccezione, a chiudere questa lunga traversata, i Gazebo Penguins. Il quartetto di Correggio si presenta al culmine dell’attesa dei numerosi fan: adesso è il momento di scatenarsi. La musica spazia tra l’emo, il punk e soprattutto l’hardcore, anche se non mancano nemmeno qui i sentori elettronici; la scaletta è naturalmente più estesa delle precedenti, e il pubblico più caldo coglie l’occasione per darsi a un pogo forsennato durante la maggior parte dei brani (come in “Soffrire non è utile” o “Cpr14”, per citarne qualcuna). I riff aggressivi, le parti vocali cantate in coppia e il muro sonoro, generato anche grazie a un’importante quantità di amplificatori, caratterizzano un concerto grintoso, che chiude sulle note di una delle canzoni più conosciute del gruppo: “Senza di te”.

La premiazione ha così luogo dopo una sostanziosa scorpacciata musicale: a vincere la settima edizione del Premio Buscaglione sono gli Hey!Himalaya, i quali si aggiudicano il titolo di Next Big Thing italiana. Loro anche il Premio Booster; a Miglio vanno invece il Premio della Critica, il Premio Sold-Out e il Premio Riflettori. È la degna conclusione di una rassegna scoppiettante, piena zeppa di talenti che hanno saputo mettersi in mostra, farsi conoscere e soprattutto divertirsi, illuminando per tre serate consecutive la scena torinese e tagliando l’ennesimo nastro della nuova musica italiana.

A cura di Carlo Cerrato

Eurovision Song Contest 2023 – Pagelle della seconda semifinale

Anche la seconda semifinale di questo Eurovision Song Contest 2023 si è conclusa, seppur con performance meno spettacolari e decisamente meno memorabili rispetto a quelle della serata del 9 maggio (ne abbiamo parlato qui). Spagna, Regno Unito, Svezia e Ucraina hanno avuto modo di presentare un’anteprima dei loro brani, che passano di diritto alla finale che si svolgerà alla Liverpool Arena sabato 13 maggio 2023 e che, come ogni anno, verrà trasmessa in eurovisione (e in Australia alle 5 di mattina. Perché? Non lo sappiamo).

Di seguito le pagelle in ordine di esibizione:

Breaking My Heart – Reiley (Danimarca)

Reiley apre questa seconda serata con un completo rosa glitterato – approvatissimo – e una canzone che strizza l’occhio ai nostalgici dell’epoca di Tumblr e alle sonorità del primo Troye Sivan. Carino, ma non convince abbastanza da passare in finale.

Voto: nostalgia, nostalgia canaglia/30

Future Lover – Brunette (Armenia)

Brunette continua con la scia dei testi a tema cuore spezzato intervallando momenti particolarmente carichi di pathos a uno stacchetto. Purtroppo però l’esibizione di Chanel dello scorso anno (potete rivederla qui: https://www.youtube.com/watch?v=jSQYTt4xg3I) risulta difficile da uguagliare. Apprezziamo tuttavia il tentativo e la canzone rimane bella.

Voto: 25/30

D.G.T. (Off and On) – Theodor Andrei (Romania)

Theodor Andrei osa portando un look in total pink e un brano che inizia in versione acustica e continua su base registrata, mantenendosi perfettamente intonato durante tutta la performance. Le uniche pecche sono la base stessa – forse troppo debole rispetto alla sua vocalità – e la scenografia che sembra recuperata da un video musicale a basso budget dei primi anni 2000. “D.G.T. (Off and on)” non sarà memorabile come l’iconica “Hola mi bebebè”, ma perché non farla passare in finale? Peccato.

Voto: 26/30

Bridges – Alika (Estonia)

Le relazioni difficili sono davvero un must in questa edizione dell’ESC – insieme agli inni alla pace, moltiplicatisi per ovvi motivi –. “Bridges” è un brano che riesce perfettamente a valorizzare la potenza vocale della cantante, e come tale arriva in finale senza troppa fatica. Punto bonus per il pianoforte che si suona da solo.

Voto: 24/30

Because Of You – Gustaph (Belgium)

Avete presente quando state guidando, sono le 2 del mattino e in radio passano quelle canzoni house o EDM che sembrano tutte uguali e non fanno altro che farvi venire ancora più sonno? “Because Of You” è una di quelle. L’unico entusiasmo è quello per la presenza in scena delle coriste e del ballerino di voguing PussCee West.

Voto: non me la ricordo nemmeno/30

Break A Broken Heart – Andrew Lambrou (Cipro)

Cipro è la quota “gilet ma con i piedi scalzi” di questo ESC 2023. Canzone tipicamente da Eurovision ricca di “uuuuuuh” e “aaaaaah” e come tale passa in finale. Andrew Lambrou comunque bravo.

Voto: 23/30

Power – Diljá (Islanda)

Altri “ooooh”, ma questa volta in versione più dance e preceduti da un “po-po-po-power”.

Voto: 23/30

What They Say – Victor Vernicos (Grecia)

Victor Vernicos appare in un outfit che ricorda molto i ragazzi innamorati delle protagoniste dei libri distopici… Sì, quelli che finiscono per sacrificarsi e morire al posto loro. Il mood della canzone è più o meno sulle stesse corde. Il brano è un omaggio a “Someone to you” di BANNERS.

Voto: Continua a crederci/30

Solo – Blanka (Polonia)

Blanka si presenta con una canzone frutto di un plagio clamoroso dal punto di vista musicale e testuale a “Solo” dei Clean Bandit con Demi Lovato; il resto della performance è risultato dell’evidente sciopero dei reparti scenografia e costumi. È però una delle poche esibizioni che riesce a ravvivare gli spiriti della Liverpool Arena, quindi passa in finale.

Voto: 24/30

Carpe Diem – Joker Out (Slovenia)

Il genere suonato dai Joker Out è stato definito dalla stampa slovena “Shagadelic rock”, ovvero un rock alla Austin Power, la celebre saga di film d’azione comici degli anni ‘90. Il look della band – fatto di pantaloni svasati e camicie a fiori – sicuramente aiuta a calarsi meglio in quell’epoca. In ogni caso rimane una gioia ascoltare brani cantati nella lingua di appartenenza degli artisti, che in questo caso ricordano un po’ un mix fra i Bnkr44 e i Dear Jack.

Voto: 25/30

Echo – Iru (Georgia)

Nel 2016 i conduttori dell’Eurovision Song Contest – che quell’anno si tenne a Stoccolma, in Svezia, dopo la vittoria di Måns Zelmerlöw con “Heroes” nel 2015 – deliziarono il pubblico con un brano satirico intitolato “Love Love Peace Peace” in cui venivano elencati gli elementi per creare la perfetta canzone eurovisiva: «Step one!/ Get everyone’s attention/ A powerful, majestic start/ Maybe battle horn of some kind?/ Step two! Drums!/ There has to be drums!», «Primo step!/ Attira l’attenzione di tutti,/ un inizio potente, maestoso/ Magari un corno da battaglia di qualche tipo?/ Secondo step! Percussioni! Devono esserci le percussioni!» La Georgia segue questi preziosi consigli, eppure non passa. “Love Love Peace Peace” rimane la canzone migliore mai cantata nella storia dell’Eurovision Song Contest.

Voto: 24/30

Like An Animal – Piqued Jacks (San Marino)

Le Vibrazioni ma in inglese incontrano lo stilista di Harry Styles.

Voto: 22/30

Who The Hell Is Edgar? – Teya & Salena (Austria)

Teya & Salena portano un brano estremamente catchy, divertente e orecchiabile che a primo impatto potrebbe riguardare Edgar Allan Poe. La loro è in realtà una critica nemmeno tanto velata alle retribuzioni ingiuste nel mondo della musica: «0.003/ Dammi due anni e la tua cena sarà gratis»,

Voto: 26/30 e premio sindacalista

Duje – Albina & Familja Kelmendi (Albania)

Questa autrice ha un debole per i ritmi balcanici – forse un po’ per colpa delle sue origini – e non vede l’ora di ballare questa canzone al prossimo matrimonio o battesimo. Ingiustamente privata della finale lo scorso anno, questa volta l’Albania conquista anche i più restii con i fazzoletti rossi sventolanti e li rivedremo il 13 maggio.

Voto: 25/30

Stay – Monika Linkytė (Lituania)

Monika Linkytè è alla sua seconda partecipazione all’Eurovision e questa volta sembra decisa a portarsi il premio a casa. Il brano potrebbe essere l’ennesima ballad di questa edizione, ma il ritornello con il detto lituano permette di essere memorizzato piuttosto facilmente. La performance è impeccabile.

Voto: 25/30

Promise – Voyager (Australia)

Ogni volta che l’Australia si esibisce all’Eurovision Song Contest, un cittadino europeo mette in dubbio le sue conoscenze di geografia. Il brano è un misto fra elettronica, rock e – sorprendentemente – growl ma non passa la verifica del software antiplagio: già il citato Måns Zelmerlöw aveva fatto qualcosa di estremamente simile con la sua “Heroes”, brano vincitore dell’edizione ESC 2015.

Voto: 23/30

A cura di Ramona Bustiuc

La sinfonia del silenzio racconta Beethoven

Il 2 maggio, nello Studium Lab di Palazzo Nuovo, si è tenuta la prima rappresentazione di Beethoven: La sinfonia del silenzio, spettacolo teatrale scritto e diretto da Milena Sanfilippo (sono cinque le repliche organizzate in Università). Al suo fianco, Matteo Chenna e Simone Manzotti nel ruolo di Ludwig van Beethoven. I tre attori decidono di collaborare per mettere in scena quello che è – a tutti gli effetti – uno scorcio di vita di uno dei più grandi compositori della storia musicale. 

Beethoven
Beethoven (Simone Mazzotti) e “l’amata immortale” (Milena Sanfilippo), foto di Ludovica Gaetini

La scenografia è composta da pochi e semplici elementi: una scrivania, un pianoforte, un letto e qualche elemento decorativo. La vera forza motrice di questa storia sono gli interpreti che, incalzati dalla musica e dalle luci – abilmente manovrati da Ludovica Gaetini – trasportano lo spettatore all’interno della mente di Ludwig van Beethoven. Quante persone si sono mai chieste chi fosse veramente il «Maestro», come lo chiama il suo copista Holz (Matteo Chenna)? Quanti suoi ascoltatori hanno pensato a quali potessero essere i suoi affetti? Beethoven: La sinfonia del silenzio ci prende per mano, accompagnandoci nella tanto agognata composizione della Decima (rimasta incompiuta), nel legame con il nipote Karl e in quello con la sua “amata immortale” (interpretata da Milena Sanfilippo); o meglio, del ricordo che il compositore ha di lei. Senza tralasciare il rapporto con il principe Lichnowsky, figura decisiva per il sostegno economico di Ludwig e quello con il padre, Johann van Beethoven (Matteo Chenna), uomo anaffettivo e poco presente. 

Il viaggio verso il lato umano di Beethoven non è solo visivo, ma passa anche e soprattutto per la musica. I brani scelti vengono legati attentamente con momenti particolari della sua vita (come durante la lettura della corrispondenza con Karl), invitando lo spettatore ad ascoltare, oltre che vedere. Che la musica sia parte fondamentale delle giornate e degli anni di Ludwig è chiaro sin da subito: le pareti della stanza sono ricoperte di spartiti, note, chiavi di violino. «Queste pareti sono il riflesso della follia nella mia testa» commenta amareggiato Beethoven poco prima della lettura del testamento quando abbatte la quarta parete e, guardandoci negli occhi, parla con noi. «Tra queste pareti, Voi, Maestro, avete toccato l’infinito»: così, invece, lo saluterà Holz. 

A cura di Chiara Vecchiato

Eurovision Song Contest 2023 – Pagelle della prima semifinale

Inizio con il botto per l’Eurovision Song Contest 2023, che il 9 maggio, ha visto esibirsi nella sua prima semifinale tutti i super favoriti dell’edizione. Durante la serata hanno inoltre presentato i loro brani anche Marco Mengoni (Italia), La Zarra (Francia) e Lord of the Lost (Germania), che ascolteremo durante la gran finale del 13 maggio. Tatuaggi, regine ed unicorni: ora che abbiamo scoperto le dieci nazioni che continueranno il loro viaggio in quel di Liverpool, è il momento di rivedere insieme i brani di ieri sera.

Queen of Kings – Alessandra (Norvegia)

Singolo di debutto per la giovane italo-norvegese, che ha l’onore di aprire l’edizione 2023 dell’ESC. Un classico pezzo da Eurovision trionfante e incalzante, nonché un tempismo perfetto considerando la recente incoronazione.

Voto: 26/30

Dance (Our Own Party) – The Busker (Malta)

Loro sono la quota Citi Zēni del 2023 (non a caso la posizione in scaletta è la stessa): performance energica con qualche pseudo passo di danza improvvisato, ma la canzone non lascia il segno e la band rimane fuori dalla finale.

Voto: 23/30

Samo mi se spava – Luke Black (Serbia)

Brano sul desiderio dell’artista di evadere dal caos del mondo…dormendo. Atmosfere dark e una produzione elettronica degna di nota, che permette al brano di volare in finale nonostante la debole esibizione vocale del cantante.

Voto: Halo?/30

Aijā – Sudden Lights (Lettonia)

La Lettonia porta sul palco un brano non memorabile e prevedibilmente non riesce a superare la semifinale: ritentate il prossimo anno.

Voto: 18/30

Ai Coração – Mimicat (Portogallo)

Estetica un po’ vintage e molto, molto portoghese per Mimicat, soprannominata la Amy Winehouse del Tago. Con tutto quel rosso sarebbe stata sicuramente la preferita di Cristiano Malgioglio.

Voto: 24/30

We Are One – Wild Youth (Irlanda)

I premi performance più sottotono e canzone più basica della serata vanno all’Irlanda: brano sulla solidarietà che risulterebbe indigesto anche come colonna sonora dei prossimi Mondiali di calcio, non stupisce nessuno che abbiamo dovuto salutarli prima della finale.

Voto: I Cugini di Campagna l’hanno indossato meglio/30

Mama šč! – Let 3 (Croazia)

La Croazia ci presenta una folla satira sulla guerra, tra spogliarelli a metà performance e un uomo con due missili che sparano effetti pirotecnici: il caos regna sovrano per tre minuti buoni e conquista il televoto, che premia i Let 3 con la finale.

Voto: WTF/30

Watergun – Remo Forrer (Svizzera)

Dopo la canzone a tema volemose bene e la prospettiva provocatoria sulla pazzia della guerra, abbiamo una riflessione più emotiva e commovente sulla crudeltà bellica, presentata dalla terza evoluzione dell’archetipo del rappresentante svizzero. Tutto molto bello, ma è ora di cambiare registro.

Voto: 24/30

Unicorn – Noa Kirel (Israele)

Le acrobazie e la presenza scenica della rappresentante israeliana mascherano il fatto che “Unicorn” sia un mix confuso di tre canzoni diverse senza un’apparente soluzione di continuità, e ci ritroviamo così in finale la massima “I got the power of the unicorn / Don’t you ever learn?”.

Voto: 20/30

Soarele şi Luna – Pasha Parfeni (Moldavia)

Ritorno all’Eurovision per Pasha Parfeni che porta sul palco una canzone d’amore a sfondo folkloristico e con un drop suonato da un nano con il piffero. Incredibilmente, funziona.

Voto: 26/30

Tattoo – Loreen (Svezia)

Altro grande ritorno: Loreen, già vincitrice nel 2012 con “Euphoria”, si presenta con una performance di impatto e un pezzo pop che sembra confezionato alla perfezione per l’occasione. Favorita per la vittoria, riuscirà a confermare i pronostici o verrà insediata dal fenomeno finlandese?

Voto: 27/30

Tell Me More – TuralTuranX (Azerbaigian)

Schiacciati tra Loreen e le Vesna i rappresentanti dell’Azerbaigian non possono che funzionare come pausa bagno, e infatti il pubblico si dimentica di votarli per la finale.

Voto: 19/30

My Sister’s Crown – Vesna (Repubblica Ceca)

La Repubblica Ceca canta un inno femminista che riprende il campo semantico dei reali, presentando perciò molte affinità con il pezzo norvegese: potrebbe risultare meno immediato a causa dell’uso prevalente della lingua madre, ma il pubblico premia il gruppo e lo fa volare in finale.

Voto: 26/30

Burning Daylight – Mia Nicolai & Dion Cooper (Paesi Bassi)

Tra gli autori del brano appare anche l’ultimo vincitore olandese, Duncan Laurence, ma questo non basta per raggiungere la finale: il duetto non ha convinto il pubblico, probabilmente per la poca chimica tra i due interpreti e per le loro doti vocali scarsine.

Voto: 23/30

Cha Cha Cha – Käärijä (Finlandia)

Chiusura di fuoco per la prima semifinale con Käärijä, ovvero l’unico che secondo gli scommettitori potrebbe far vacillare il (già annunciato?) trono di Loreen. A sentire i boati della Liverpool Arena, sembra che la partita sia ancora assolutamente aperta.

Voto: 27/30

Le dieci nazioni che hanno superato la prima semifinale

A cura di Giulia Barge

Niccolò Fabi incanta il pubblico torinese al Teatro Colosseo

Al Teatro Colosseo, San Salvario, c’è tanta gente. È il 28 aprile, una di quelle serate in cui fa piacere uscire di casa vestiti più leggeri del solito. C’è una fila lunga, per quanto scorrevole, composta da persone di generazioni differenti. E c’è un evento per il quale probabilmente è da un po’ di tempo che si aspetta, che si fa il conto alla rovescia: Niccolò Fabi approda a Torino con il suo Meno per meno Tour, il ciclo di concerti che celebra l’omonimo album, uscito lo scorso 2 dicembre, in cui figurano diversi brani inediti, oltre alla reinterpretazione in chiave orchestrale di numerose canzoni dal repertorio dell’artista.

Il cantautore romano, che festeggia i 25 anni di carriera, fa il suo ingresso in solitaria, introducendo lo show con un breve discorso: è evidente il desiderio di creare un’atmosfera raccolta, quasi volesse partire per un viaggio, al tempo stesso intimo e condiviso, da compiere insieme ai presenti (scherza: «in questi momenti mi sento un po’ un assistente di volo»). Fabi ha bisogno di immergersi nella dimensione giusta, per familiarizzare con il palco, coabitare lo spazio con il pubblico (il concerto, neanche a dirlo, è andato sold out) ed esprimersi al meglio delle sue possibilità; si percepisce da subito il rispetto della platea per la sua volontà, attraverso un ascolto devoto e – almeno all’inizio – del tutto silenzioso. La prima canzone è “Tradizione e tradimento”, che dà il titolo al disco del 2019.

Ci sono solo lui e la sua chitarra – anzi, le sue chitarre: ne alterna almeno un paio; la scaletta annovera brani del passato più recente (come “Una somma di piccole cose”, 2016) così come i successi degli esordi, tra cui “Rosso” (1997). Partono qui rapide digressioni, in cui Fabi sorride del mood danzereccio del pezzo, che faceva scatenare gli spettatori negli anni Novanta, e del suo contenuto (parla di un sogno in cui lui è morto, e la sua amata al funerale non è vestita a lutto, ma indossa appunto un abito rosso). “Facciamo finta”, annunciata da poche parole che ne suggeriscono l’importanza, lascia una commozione amara, originata da un atroce lutto personale, effuso qui in forma d’arte. L’artista suona anche il pianoforte, accompagnando pezzi quali “Meraviglia” e “Ora e qui”.

Tra un brano e l’altro, Fabi continua a parlare in modo semplice, con tono delicato, verrebbe da dire confidenziale. La finestra aperta sul suo vissuto, sul disagio di stare al centro dell’attenzione (di cui racconta in una recente intervista a Sky TG24), sull’animo sensibile che traspare dai suoi versi, è il risultato di una ricerca continua, che corona il lavoro di un autore – e soprattutto di un uomo – più che maturo. Con “Lontano da me” si chiude la prima parte dell’esibizione, e gli strumenti in ombra sul palco infine si animano.

Niccolò Fabi
Niccolò Fabi – foto dal suo profilo instagram

Oltre a musicisti quali Roberto Angelini alle chitarre, Alberto Bianco al basso – anche loro cantautori – e Filippo Cornaglia alla batteria, collaboratori stabili di Fabi, ad andare in scena è ora l’Orchestra Notturna Clandestina, protagonista dei brani di Meno per meno, arrangiati dal suo fondatore Enrico Melozzi. La prima canzone suonata in questa veste è “Andare oltre”, presente tra gli inediti dell’album. L’altissimo livello della musica sposa la profondità dei testi, e allo spettacolo partecipa l’intero contesto del teatro e della platea, che pian piano inizia – senza entusiasmi eccessivi – a lasciarsi andare.

Il prosieguo del concerto attinge in primis dagli ultimi album (ad esempio con “A prescindere da me”), dando nuova linfa ai pezzi proposti: “Ha perso la città” è da citare come uno degli esempi più riusciti di riarrangiamento. Da Meno per meno è tratta anche “Al di fuori dell’amore”, con la sua toccante riflessione sulle possibilità di «fare la vita che abbiamo scelto»; subito dopo c’è “Filosofia agricola” (da Una somma di piccole cose), a ricordarci la nostra natura di esseri umani, spesso attaccata alle memorie, ai periodi, alle persone, mentre tutto cambia e fluisce.

Ci si avvia poi verso la conclusione, e non può che essere un crescendo. Fabi torna al piano con “Una mano sugli occhi”, prima di eseguire il brano che forse più di tutti racchiude la sua poetica e le sue peculiarità di artista: “Costruire” mette in musica il ruolo chiave della pazienza e dell’imperfezione nella vita di ognuno, dove a contare non sono le destinazioni, ma i percorsi. “Una buona idea” è il penultimo pezzo, e qua sì: si canta a squarciagola – dulcis in fundo – e qualcuno si alza in piedi, colto dalla sua contagiosa orecchiabilità. A chiudere, una canzone che «proprio non vi potete immaginare»: il grande classico “Lasciarsi un giorno a Roma”, che andò a Sanremo nel ’98, lo intonano proprio tutti, anche quelli che addirittura accennano a un ballo, nei limiti e nelle possibilità dello spazio; tutti hanno lasciato la sedia e battono le mani, giunti forse alla meta, dopo un paio d’ore, di quel viaggio voluto, cercato e ottenuto da Fabi. Un finale da standing ovation, che libera tutto l’apprezzamento e l’affetto dei presenti: questo viene raccolto e onorato dal cantautore, il quale saluta e ringrazia Torino insieme a tutti gli altri interpreti.

L’evento ripaga l’attesa e conferma in pieno le elevate aspettative. La sensazione è quella di aver assistito al concerto di un autore eclettico, capace di riscoprirsi in ogni nuova opera, di unire il gusto e l’esperienza musicale a una particolare qualità dell’animo: quella di sapersi ascoltare, per poi entrare in contatto con chi è in grado di cogliere il frutto di tanto lavoro, che sia nel quotidiano o in occasioni come questa.

A cura di Carlo Cerrato

Da Let Go a Love Sux: 20 anni di Avril Lavigne al Mediolanum Forum

Un filmato celebrativo e la silhouette della cantante con dei palloncini in mano: così si è aperta la data milanese del Love Sux Tour di Avril Lavigne il 24 aprile, secondo spettacolo italiano del tour che ha portato sui palcoscenici d’Europa l’ultimo lavoro dell’artista (l’album Love Sux, uscito a febbraio 2022), senza tralasciare i singoli di maggior successo della sua carriera.

L’emozione del pubblico era già evidente nel momento in cui i musicisti hanno iniziato a suonare “Bite Me”, primo singolo estratto dall’ultimo album. La vera esaltazione si è però raggiunta quando Avril Lavigne ha iniziato a cantare: da quel punto si è creata una non scontata intesa tra l’artista e il pubblico, che ogni volta che veniva chiamato a cantare i cori o intere strofe dei brani non si faceva trovare impreparato e rispondeva con sempre più forza e vigore.

Foto di Francesco Prandoni, dal profilo Facebook del Mediolanum Forum.

Il concerto è proseguito saltando nel passato, e indubbiamente le hit della Avril Lavigne dei primi anni 2000 sono quelle che più hanno entusiasmato gli spettatori: da “Complicated” a “When You’re Gone”, passando per “Girlfriend”, era impossibile trovare qualcuno all’interno del Mediolanum Forum che rimanesse impassibile di fronte a quei versi che hanno accompagnato la nostra infanzia e/o adolescenza.

E se per gli spettatori è stato come viaggiare su una macchina del tempo per un’ora e mezza, per Avril Lavigne stessa il tempo sembra non essere mai passato: vista da lontano sembra la stessa di venti anni fa, una principessa pop punk appassionata ed energica. Suona la chitarra e la batteria, spara coriandoli, calcia palloni giganti tra il pubblico e dà vita anche ad un simpatico siparietto a metà concerto in cui beve il Limoncello insieme alla sua band e agli artisti di apertura, Phem e i Girlfriends, mentre propongono una cover di “All The Small Things” dei Blink-182.

Foto di Francesco Prandoni, dal profilo Facebook del Mediolanum Forum.

Tra i momenti più memorabili del concerto ci sono una performance speciale di “Nobody’s Home”, singolo del 2004 che non veniva cantato dal vivo da ben nove anni, ma eseguito solamente nelle date italiane del tour in corso, e la conclusione sulle note di “I’m With You”, brano estratto dall’album d’esordio Let Go che ha visto il palazzetto accendersi e cantare il ritornello a ripetizione.

Una volta riaccese le luci, il pubblico lascia soddisfatto l’arena e a sentire i commenti è chiaro che l’obbiettivo di Avril Lavigne sia stato centrato: ricordare al pubblico chi è stata e quanto la sua musica degli esordi abbia lasciato un’impronta non indifferente (del resto è stata una delle maggiori esponenti del pop punk, genere ritornato con prepotenza negli ultimi anni), ma che ha ancora i suoi assi nella manica e tanto da offrire, come dimostrano le reazioni degli spettatori ai suoi brani più recenti. Sul palco ha dichiarato di star già lavorando al suo prossimo album, augurandoci che sia un’ulteriore occasione per riportarla in Italia e vivere ancora una sera la magia della Sk8er Girl per eccellenza.

Immagine in evidenza di Francesco Prandoni, dal profilo Facebook del Mediolanum Forum.

A cura di Giulia Barge

Sonic Park Stupinigi 2023: un festival che promette spettacolo

La quinta edizione del festival Sonic Park Stupinigi 2023 riparte da alcuni dei nomi più interessanti della musica italiana e internazionale e dal forte impegno turistico di promozione del territorio in maniera sostenibile. Sono questi i temi emersi alle OGR durante la conferenza stampa di presentazione della nuova edizione del festival torinese. Più precisamente dal 4 al 13 luglio saranno previste sette serate concerto nel giardino storico della Palazzina di Caccia di Stupinigi di Nichelino.

Quest’anno, per la prima volta, la rassegna di concerti vedrà la collaborazione proprio con OGR Torino: il primo concerto firmato Sonic Park Stupinigi si terrà proprio nella sala Fucine delle Officine, dove il 26 giugno gli Interpol apriranno le danze e saranno protagonisti (dopo cinque anni dopo l’ultima apparizione) di uno dei loro cinque concerti italiani.

credits foto: Martina Caratozzolo

Il festival nasce da un’idea della fondazione Reverse Agency, capitanata dai fratelli Fabio e Alessio Boasi, che in collaborazione con la Regione Piemonte e la città di Nichelino ha l’obiettivo di promuovere e connettere tra loro cultura ed eventi musicali, in un luogo patrimonio dell’Unesco come la Palazzina di Caccia di Stupinigi. Durante la conferenza hanno dato il loro in bocca al lupo anche il sindaco di Nichelino Giampiero Tolardo e di Torino Stefano Lo Russo, quest’ultimo in collegamento streaming.

credits foto: Martina Caratozzolo

Il programma che si sviluppa lungo nove giorni, vedrà sette concerti di artisti italiani e internazionali, di ogni genere e gusto. Il 4 luglio si apre con i Simply Red, capitanati da Mick Hucknall, i quali presenteranno al pubblico italiano il loro nuovo album Time. Il 7 luglio è il turno del ritorno dal vivo di Biagio Antonacci. L’8, invece, salirà sul palco Madame – fresca dell’esperienza sanremese e del suo nuovo album L’amore – anticipata dall’opening act della torinese Ginevra. Il 9 luglio il festival continua con la coppia di rapper Guè ed Emis Killa. L’11 luglio il clima sarà internazionale con l’arrivo dei Placebo con special guest i Bud Spencer Blues Explosion.Il nome più atteso arriverà il 12 luglio: Sting, il quale porterà sul palco i suoi brani più famosi da solista e da frontman dei Police. L’ultima data sarà il 13 luglio: i Black Eyed Peas torneranno in Italia dopo la partecipazione come ospiti allo scorso Festival di Sanremo. 

Ecco il riepilogo della line-up del festival:

  • Simply Red – 4 luglio;
  • Biagio Antonacci – 7 luglio;
  • Ginevra e Madame – 8 luglio;
  • Guè ed Emis Killa – 9 luglio;
  • Placebo e Bud Spencer Blues Explosion – 11 luglio;
  • Sting – 12 luglio;
  • Black Eyed Peas – 13 luglio.

Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito ufficiale del festival: https://sonicparkfestival.it/

A cura di Martina Caratozzolo

Musidams consiglia: i migliori 10 singoli di aprile

Con un po’ di ritardo, ma finalmente è arrivata la top 10 dei singoli del mese di aprile.

Wish You The Best – Lewis Capaldi

Con il suo nuovo singolo Lewis Capaldi racconta una situazione in cui ognuno di noi almeno una volta si è trovato: parlare con una persona che ormai non fa più parte della nostra vita. Un non-detto che lascia la bocca amara e il cuore aperto, e – perché no – fa anche cadere una lacrima.Il singolo fa parte dell’albumBroken by Desire to Be Heavenly Sent, in uscita il 19 maggio.

Voto: 30/30

TI DIREI – Nitro

Nitro ritorna dopo 3 anni con un nuovo progetto: Outsider. Tra i brani spicca ‘‘TI DIREI’’, che arriva come una mazzata sul cuore: è un’intima e introspettiva dedica alla sua fidanzata, in cui esprime chiaramente tutto quello che prova. La produzione, affidata a Mike Defunto, è minimal, con pochi suoni, ma giusti per evidenziare l’effetto dedica/lettera che Nitro vuole dare al testo. Una canzone che cattura l’attenzione fin dalle prime barre.

Voto: 29/30

Boat – Ed Sheeran

Ad un anno e mezzo dall’uscita dell’ultimo album, ecco che Ed Sheeran torna, finalmente, con un nuovo progetto. Substract uscirà il 5 maggio e dopo il singolo “Eyes Closed” ha diffuso un altro spoiler: “Boat’’. Il brano utilizza la metafora di una barca in mezzo all’oceano per raccontare un periodo di depressione. Nulla da dire: il solito Ed Sheeran che racconta i problemi che la realtà ci pone davanti nel modo più sincero e comprensibile possibile, per non farci mai sentire soli.

Voto: 26/30

Mille Voci – Mecna feat. Drast

Mecna annuncia l’uscita del suo ottavo album, Stupido Amore, con questo singolo, in collaborazione con Drast, membro del duo degli Psicologi. Il brano è una lunga richiesta di perdono del passato: chi ha sbagliato ammette le proprie colpe e chiede all’altro di non avere più paura, perché le cose andranno meglio. Chissà se sarà davvero così. Intanto aspettiamo il 5 maggio per vedere quali altri amori ed esperienze ci racconterà il nostro caro Corrado.

Voto: 26/30

Altamente Mia – Bresh, SHUNE

Finalmente dopo poco più di due mesi scopriamo cosa voleva spoilerarci Bresh con gli ultimi secondi del videoclip del singoloGuasto d’amore”, uscito a gennaio. Come suo solito Bresh fa quello che gli riesce meglio: raccontare storie, utilizzando immagini semplici e quotidiane, ma ben congegnate. Insomma: Andrea non avrà fatto nulla di nuovo, ma non è un problema.

Voto: 24/30

A cura di Roberta Durazzi

Let Me Go – Daniel Caesar

Il talento di uno dei grandi nomi del panorama R&B emerge nel suo nuovo album Never Enough, dopo quattro anni di assenza dalla scena musicale. In particolare, convince il singolo “Let Me Go”, nel quale la voce dell’artista si mescola ad un coro di voci oniriche in sottofondo.

Voto: 28/30

Il Colore Si Perde – Sick Tamburo

I Sick Tamburo anticipano l’uscita del loro nuovo album Non credere a nessuno con il singolo “Il colore si perde”. Un brano dalla melodia piacevole, che ci ricorda con malinconia che il tempo passa troppo in fretta.

Voto: 28/30

Un Briciolo Di Allegria – Blanco, Mina

Dopo il capitolo Blu Celeste, date su date sold out e la polemica di Sanremo Blanco torna alla ribalta con il nuovo album Innamorato. La ciliegina sulla torta è il singolo con Mina, un brano che funziona e che non oscura il giovane artista al cospetto di uno dei mostri sacri della musica italiana. L’incontro tra due generazioni che nessuno poteva aspettarsi.

Voto: 27/30

Something To Hide – grandson

In uno scenario musicale bulimico di nuove uscite grandson resta fedele al suo stile e pubblica un EP intitolato come il singolo, “Something To Hide”. Un basso dirompente fa da accompagnamento del brano e nel ritornello scoppia in un groove elettronico che fa venir voglia di ballare: ormai un marchio di fabbrica dell’artista canadese.

Voto: 26/30

DNA – Iside

La band bergamasca, dopo il convincente album d’esordio ANATOMIA CRISTALLO, torna con un nuovo singolo dal testo cupo, ma convincente. Da non ascoltare in loop se ci sente già particolarmente giù. Poi non dite che non vi avevamo avvisati.

Voto: 25/30

A cura di Martina Caratozzolo

La webzine musicale del DAMS di Torino