Pasta, coccole e nostalgia allo Ziggy Club: Gordonzola e i SAAM per Turin Moving Parts

Chiacchiere, birra e vecchi amici: è così che, ancora prima che la musica inizi, la seconda serata dell’anno organizzata dal collettivo Turin Moving Parts si scalda e ci fa sentire a casa. Entrare nello Ziggy Club è come entrare in un mondo a parte: suoni il campanello di una scura porta in via Madama Cristina, sali due rampe di scale poco illuminate, apri un pesante portone e ti ritrovi catapultato in un ambiente accogliente, tranquillo ma sempre in fermento.

Primi sul palco i Gordonzola, che ci fanno ingrassare con il loro sound saturo di colesterolo e schitarrate, tale che forse neanche con il pogo durante i SAAM siamo riusciti a smaltire tutto. Il trio suona in perfetta sintonia sul palco dello Ziggy davanti a uno sfondo formaggioso che recita il loro nome, e senza difficoltà fanno muovere tutte le teste e saltellare tutte le gambe.

Foto di Simone Cossu (@key_pov)

La loro bio su Instagram li presenta come “Instrumental power trio from Turin – devoted to food”, devozione che hanno saputo trasmettere con simpatia ma senza risultare troppo immaturi. Highlights del loro set sono stati “Rigaton”, un punk-reggaeton dedicato all’omonima pasta, “Tomino Banfi”, autoesplicativo, e “Anguria”, in chiusura, un pezzo lungo diversi minuti dal tono più serio: il frutto è simbolo della resistenza palestinese, a cui la canzone è dedicata. 

I SAAM invece con il loro emo-punk ci portano da Genova tenerezza e nostalgia, in un turbine di emozioni accolte e sudate con entusiasmo dal pubblico. Dall’apertura con “Pesca”, singolo del 2020, fino a “Grondaia”, pezzo finale dell’ultimo album Per ogni caduta una terra amata, ogni persona nella sala sembra essere coinvolta in un abbraccio continuo, anche durante i poghi molto partecipati, addirittura dai musicisti stessi.

Foto di Simone Cossu (@key_pov)

L’attaccamento e la reciproca ammirazione tra band e pubblico sono stereotipicamente emo, e hanno il loro momento massimo durante “Sandro”, pezzo richiamato tramite un grande lenzuolo con il titolo scritto in azzurro, sbandierato dai più vicini al palco.

Foto di Simone Cossu (@key_pov)

Una buona serata ha bisogno di pochi ingredienti: divertimento, rispetto, emozione e amore per la musica e per le persone che abbiamo intorno. Venerdì sera i Gordonzola e i SAAM, grazie all’importantissimo lavoro del Turin Moving Parts e della scena che stanno crescendo e mantenendo in vita, hanno portato un evento che ha decisamente avuto successo.

A cura di Enea Timossi

Coca Puma: tra viaggio onirico e balli ancestrali 

Si è tenuto a Torino, venerdì 21 febbraio, all’interno dello sPAZIO211, l’undicesima data del Tour Panorama Olivia, che riprende il nome dall’album di debutto di Coca Puma, uscito ad aprile 2024 e che in meno di un anno ha suscitato grande curiosità e interesse, soprattutto nel panorama pop e jazz, ambienti che la musicista romana – vero nome Costanza Puma –  naviga senza avere una rotta troppo definita.

La serata è stata aperta da Edera, cantante del gruppo torinese irossa, la cui voce chiara e sospesa abbraccia e viene abbracciata dalle morbide sonorità dei synth eterei, dalle arie d’atmosfera sognanti diteggiate dalla Gretsch color rubino del chitarrista e dalla ritmicità originale e sfalsata della batteria. Sebbene l’emozione fosse palpabile, Edera ha dimostrato di essere a suo agio sul palco, riuscendo a condividere il proprio stile con l’intimo pubblico all’interno dello spazio.

Pochi minuti dopo è stato il turno di Coca Puma e la sua band, composta da Davide Fabrizio alla batteria, Antonio Falanga alla chitarra elettrica e Stefano Rossi al basso e al sintetizzatore Moog.

Foto di Silvia Marino, «Due Libri»

Fin dall’intro strumentale è stato chiaro come il non-silenzio dell’ambiente intimo e intimista dello sPAZIO211 fosse la cornice perfetta per il gruppo. Si mescolavano così il leggero brusio del pubblico, qualche tintinnio di bicchieri provenienti dal bar in fondo alla sala e le calde ma soffuse sonorità create dagli artisti sul palco, sviluppando una massa sonora composta dai rumori dell’ambiente e dalla musica.

Coca Puma riesce in poco più un’ora di concerto a sviluppare atmosfere alterne attorno a sé, passando da momenti di pura emotività vissuta ad occhi chiusi, come durante l’esecuzione di “Sparks” dei Coldplay o della sua “Tardi”, a brani intrisi di puro istinto primitivo quali “Quasi a casa” (ripetuto anche in chiusura su esplicita richiesta del pubblico) e due nuovi pezzi inediti, in grado di creare vibrazioni che partono dal ventre e che si diramano verso tutti gli arti del corpo, sviluppando movimenti liberi e irrazionali, come se fossero connessi direttamente al suono proveniente dalle casse e dall’anima di Costanza.

Foto di Silvia Marino, «Due Libri»

Attraverso sonorità che si fondono insieme nella creazione di un universo opaco, costellato di nu-jazz, elettronica, post-rock, funk e percussioni afro-latine, Coca Puma conferma la sua acclamata duttilità, mantenendo uno stile vario ma ben pensato e soprattutto autentico, visibile anche attraverso la sicurezza che porta sul palco, che si contrappone alla timidezza nascosta dietro al suo immancabile cappello da pescatore, e disegnata sul viso da un sincero e perenne sorriso ricco di gratitudine verso chi ha ascoltato, cantato e ballato con lei.

A cura di Marco Usmigli

Intervista a Toby L. “Blur: To The End”

Abbiamo avuto l’occasione di intervistare il regista Toby L. che si trovava al Seeyousound Festival per la prima italiana del suo nuovo documentario Blur: To The End.

Innanzitutto: congratulazioni per il film. Abbiamo visto il successo che ha avuto in Inghilterra. Hai delle aspettative sulla proiezione italiana che avverrà questo venerdì al Seeyousound Festival?

Ottima domanda, so che potrebbe suonare stupido quello sto per dire, ma quando stai facendo un film o un documentario molto spesso ti dimentichi che qualcuno lo vedrà, io l’ho realizzato soltanto alla première. (ride, ndr)

Può sembrare una cosa terrificante. È bellissimo accorgersi che il tuo progetto non finirà nella spazzatura, ma è stato fatto appositamente perchè le persone potessero vederlo e apprezzarlo. Il film verrà distribuito nelle sale di tutto il mondo ed ancora fatico a rendermene conto. Lo scorso anno ero a Barcellona e sono andato a vederlo, non ci potevo credere. Domani (21 febbraio, ndr) ci saranno migliaia di persone al cinema a vederlo ed è un vero privilegio per me.

Non so ancora come reagiranno le persone, devo ancora capire se il fatto di essere una british story renda difficile la traduzione negli altri paesi, nonostante i sottotitoli. Però, nonostante la lingua, mi auguro che le persone possano rispecchiarsi emotivamente in questa storia.

Forse, quello che viene apprezzato all’estero è avere la possibilità di partecipare ad un’esperienza che non abbiamo vissuto. Quindi, quello che affascina di questo documentario è l’occasione di essere a Wembley, vero?

Sì, assolutamente. Questo per me è stato un aspetto molto importante durante il set: assicurarsi di catturare il più possibile la magia di un evento del genere. Sai, avevamo una ventina di macchine da presa a disposizione, centinaia di membri della troupe che ci aiutavano per le riprese ed un paio di macchine a mano, all’interno del parterre, per catturare la sensazione di far parte di quell’onda di caos di persone. Abbiamo cercato, nel migliore dei modi, di riportare quell’energia nel filmato.

Com’è iniziata la collaborazione con i Blur?

Grazie alla mia etichetta discografica, la Transgressive Records, creata con i miei amici Tim, Dylan e Mike, ho avuto l’occasione di conoscerli e lavorarci assieme.

Dopo alcuni mesi, mi è giunta voce che avevano intenzione di suonare a Wembley quindi ho colto l’occasione per proporgli un documentario che non raccontasse solamente del live ma che raccontasse la loro storia con un approccio più romantico. Grazie a Dio, hanno accettato la proposta e nel giro di 1-2 settimane ero con loro in studio a registrare le prime scene del film.

“To The End” non racconta solo la reunion di una delle band più importanti del mondo ma è anche una storia di amicizia. Le riprese delle sessioni di registrazione sono accompagnate da momenti veramente intimi della band. Come vivi queste situazioni? E, come ti comporti durante le riprese?

Credo che la cosa più importante sia essere rispettoso e ricordare a me stesso che il film riguarda la LORO storia e che io sto  “semplicemente” catturando questi momenti. Molto spesso, è solo questione di creare una forte energia e metterli nella condizione di accettare volentieri la tua presenza in ogni istante.

È comunque importante cercare di essere quasi invisibile: non interferire in nessun modo nei loro discorsi, nei loro rapporti e nel loro lavoro. Ma, la mia principale responsabilità da regista è quella di decidere quando fare le domande e spingerli a rispondere.

Prima di iniziare la produzione abbiamo avuto un incontro con la band in cui abbiamo evidenziato ciò che era importante fare, ovvero essere il più possibile onesti e reali. L’obiettivo era di non cadere nella finzione e non creare qualcosa di troppo pulito perchè era fondamentale riportare la roughness che li ha sempre caratterizzati.

Il fatto che fossero consapevoli che sarei stato con loro per la maggior parte del tempo, e che sarei stato presente anche durante i momenti più intimi, credo li abbia aiutati ad accettare la mia presenza e quella delle telecamere. Credo che questo sia uno dei punti di forza del film.

Parlando delle riprese, hai qualche artista o regista a cui ti ispiri in particolare?

Ho sempre ammirato il regista britannico Michael Winterbottom grazie al suo stile estremamente naturalistico. Ammiro la sua capacità nel cogliere la realtà.

Mi ha sempre affascinato anche David Lynch, mancato da poco, lo ritengo uno dei registi più importanti di sempre. I suoi film riescono ad essere estremamente sensibili, spaventosi, ma divertenti allo stesso tempo, era incredibile.

Credo, in generale, di amare quei film che ti facciano sentire partecipe in quello che sta accadendo e che creino dei personaggi nei quali ti puoi rispecchiare. È quello che ho cercato di fare con il mio film: volevo mantenere una sincerità e purezza tale da permettere un rapporto di empatia con lo spettatore.

Ci sono molti momenti comici perché loro sono dei funny guys (ride, ndr), ma vengono mostrati anche quelli dolorosi perché, d’altronde, non è sempre tutto rose e fiori, la vita è complessa.

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto sul set?

Sul set ho vissuto molti momenti che ricordo con piacere.

Ho amato ritornare alla scuola che hanno frequentato Dave Rowntree e Graham Coxon, è stato veramente divertente perché hanno iniziato a “comportarsi male” come due ragazzini, nonostante siano ormai cinquantenni. (ride, ndr)

Poi, sono state estremamente emozionanti le giornate trascorse nella casa al mare con Damon Albarn e Alex James. In quei giorni, ho avuto modo di condividere con loro attimi veramente speciali nei quali è emerso il profondo legame che li unisce.

Infine, Wembley è stato veramente emozionante, anche perchè io e il mio cameraman siamo saliti sul palco di fronte a migliaia di persone. Credo che aver condiviso l’esperienza del concerto con la band lo abbia reso ancora più speciale.

In generale, l’intera esperienza è stata fantastica, è molto difficile rimanere concentrati sull’obiettivo: seguire la storia che vuoi raccontare, senza perdersi in quello che si sta vivendo.

C’è qualche artista con cui vorresti collaborare in futuro?

(sospira, ndr) Frank Ocean, Bjork e Radiohead. Preferisco le persone impegnative. (ride, ndr)

Anche Tom Waits, Neil Young… Sono attratto dalle persone stimolanti, passionali e intriganti. Molto spesso sono anche persone attive politicamente e questo è un aspetto che mi piacerebbe approfondire. Amo fare i documentari, ma mi piacerebbe realizzare un progetto interamente concettuale o un qualcosa di più surreale. Però, ora come ora, ho intenzione di prendermi una pausa.

Hai qualche consiglio da dare ai ragazzi, come noi, che sognano di lavorare nel mondo dello spettacolo?

Credo che il consiglio migliore che posso darvi sia quello di smettere di ascoltare quella vocina nella vostra testa che continua a ripetervi che non siete abbastanza bravi. Voi continuate a provarci. Tutte le persone che ho conosciuto che lavorano in questo mondo hanno questi pensieri negativi. Tu ignorali e continua a farlo. 

Non guardare gli standard di vita degli altri, concentrati su quello che per te è importante.

L’ultima cosa che suggerisco è quella di organizzare un programma per voi stessi in cui ogni anno decidete a quali aspirazioni volete ambire.

I traguardi che non raggiungerai non sono invalicabili perché li puoi sempre spostare all’anno successivo. Scrivendo e visualizzando i tuoi obiettivi la vita ti condurrà consciamente e inconsciamente a raggiungerli. Ma, ricorda, la chiave sta nel capire cosa vuoi davvero. 

Trovate la video intervista a questo link

a cura di Sofia De March e Joy Santandrea

Quartetto Jerusalem: l’incanto cameristico 

La sera del 19 febbraio Unione Musicale ha portato sul palco dell’auditorium del Conservatorio «Giuseppe Verdi» il Quartetto Jerusalem. Il quartetto israeliano, composto da Alexander PavlovskySergei BreslerOri Kam e Kyril Zlotnikov, vanta una storia trentennale: formatosi infatti nel 1993, ha debuttato per la prima volta nel 1996. 

La serata ha visto l’esecuzione di un programma che includeva epoche e stili diversi, dal classicismo di Mozart alla modernità inquieta di Šostakovič, fino al calore espressivo del romanticismo del quintetto di Brahms. Quest’ultimo ha incluso la partecipazione della clarinettista Sharon Kam, nota protagonista del panorama cameristico ed ospite dei principali festival internazionali, si dedica non solo alla musica classica, ma spazia anche verso il jazz. 

Quando si spengono le luci dell’auditorium ed entrano i quattro musicisti, comincia la magia.
La serata si apre con Wolfgang Amadeus Mozart ed il Quartetto in do maggiore per archi K.465 (Le Dissonanze), ultimo di un ciclo di sei quartetti che Mozart dedicò ad Haydn, chiamato così per l’introduzione di armonie insolite per l’epoca nel primo movimento. Il violoncello fa strada, seguito a turno dagli altri componenti, instaurando un’atmosfera cupa e misteriosa.

Bastano poche battute per cogliere le capacità degli strumentisti. Attraverso la loro coesione nel suonare riescono ad esaltare questo capolavoro mozartiano. Ogni movimento è stato curato nel minimo dettaglio espressivo: Pavlovsky, primo violino, ci ha mostrato la sua cantabilità espressiva, mentre il violoncellista K. Zlotnikov rispondeva con passaggi di scrittura simile, creando un dialogo musicale di grande suggestione. Il suono è elegante e dinamico, i fraseggi legati tra di loro fanno capire perfettamente l’intenzione del compositore.

Nell’ultimo movimento, i musicisti non si risparmiano nell’intensità dell’esecuzione, riuscendo a renderlo frizzante nelle sue diverse riprese variate, diventando come un corpo unico e suscitando nella conclusione un immediato applauso, fortissimo, da parte di tutto il pubblico. 

Il panorama sonoro cambia totalmente con una delle ultime composizioni di Dimitrij Šostakovič: il Quartetto n° 12 in re bemolle minore per archi op.133. Il violoncello apre con una scala progressiva ascendente, la protagonista del primo movimento, che verrà infatti ripresa da ciascun componente. I musicisti ci hanno fatto entrare nel loro mondo, esaltando in modo eccellente le dinamiche creando tensioni per poi liberarle, scambiandosi sguardi che facevano sentire ancora di più la loro coesione. Successivamente il discorso cambia, dando vita ad impulsi che caratterizzano il secondo movimento con accenti forti e pizzicati precisi. Il violoncellista emerge nuovamente nelle piccole cadenze: un suono deciso, un vibrato forte dalla sensibilità travolgente. È un movimento davvero arduo, ma l’esecuzione è impeccabile. Il pubblico manifesta entusiasmo applaudendo nuovamente in modo energico. 

foto da Unione Musicale, Sharon Kam

Nell’ultima parte del programma i musicisti hanno suonato il Quintetto in si minore per clarinetto e archi op. 115 di Johannes Brahms, con l’ospite Sharon Kam. In questo caso esordiscono i due violini, e basta questo attacco per coglierne l’espressività: sembrano collegati da un filo. La clarinettista si è fatta riconoscere con il suo suono corposo e tondeggiante: una bellissima scoperta.

A seguire il clarinetto viene sostenuto dagli archi: quando inizia a dialogare con il primo violino sembra essere stati catapultati in una favola.

Ricevono ancora una volta grandi applausi, e così decidono di regalarci un bellissimo bis: se hanno iniziato con Mozart, come ha detto la clarinettista Sharon Kam non potevano non finire con lui. Ci suonano, dunque, con altrettanta maestria, il Quintetto per clarinetto e archi in la maggiore K. 581 di Mozart.

Il Quartetto Jerusalem è riuscito ad esaltare questi capolavori cameristici: si percepisce con chiarezza l’intesa unica che hanno saputo creare negli anni, e che si traduce in esecuzioni magistrali dal sound affilatissimo. Una favolosa serata musicale che sicuramente in molti porteranno nel cuore. 

A cura di Francesca Modoni

«Ci scusiamo per il ritardo» e il ripasso del regolamento sui marchi: il racconto della quarta conferenza stampa

Anche la serata cover di questa edizione è giunta al termine e ciò significa che siamo alla fine di questa settimana che si preannunciava con alte aspettative, ma che si è rivelata più noiosa del previsto. Nonostante ciò, il Festival di Sanremo 2025 sta continuando a registrare un buon successo, come emerso dalla conferenza stampa di oggi, 15 febbraio, alla quale erano presenti Alessandro Mager (sindaco di Sanremo), Marcello Ciannamea e Claudio Fasulo (dirigenza Rai), Simona Sala (Rai Radio 2), Carlo ContiAlessia Marcuzzi e Alessandro Cattelan (co conduttori di questa serata). Infatti, i numeri lasciano ben sperare con un 70,8% di share e 13,6 milioni di spettatori, con un picco di ascolti all’annuncio delle vincitrici e una media delle prime quattro serate del 65% di share

Carlo Conti ha preso la parola per fare un bilancio della serata, scusandosi per il ritardo di (ben) sei minuti nella scaletta dovuto alla ripetizione dell’esibizione di Bresh a causa dei problemi tecnici. Nonostante questo, ha sottolineato la sua preferenza per un approccio diretto, senza «fronzoli» o «fuffa». Sul palco dell’Ariston, il suo ruolo di direttore artistico è sempre stato chiaro: un Festival di qualità, senza scandali e polemiche in linea con l’obiettivo Rai. Rispondendo alla domanda su cosa fosse più presente a Sanremo tra cicale e formiche, pur non cogliendo la reference della domanda posta di recente al presidente del consiglio, ha detto che il Festival ha bisogno di un equilibrio tra essere “cicale e formiche”: un po’ di leggerezza, ma anche tanto lavoro nonostante i successi. 

Alessia Marcuzzi ha raccontato come, pur non avendo mai sognato di calcare il palco dell’Ariston, oggi stia vivendo l’esperienza come una vera e propria festa che la riempie di felicità e che può considerare la ciliegina sulla torta della sua carriera.

Anche per Alessandro Cattelan, Sanremo non rappresenta l’ambizione per cui si alza ogni mattina e fa il mestiere del conduttore. Ma, nonostante ciò, si dice molto contento di essere al fianco di Conti e della Marcuzzi. Ha sottolineato che l’improvvisazione è ciò che rende l’intrattenimento più efficace, ed è questo l’approccio che ha deciso di seguire nel corso di questa serata, vivendo la sua partecipazione come una “discussione di tesi”, con l’obiettivo di divertirsi e di portare leggerezza. Ha dichiarato, inoltre, di non aver mai pensato a un suo futuro come successore di Carlo Conti nella conduzione. 

Un paio di questioni sono state toccate in maniera veloce, una di queste il regolamento sui marchi, visti i recenti scandali con la collana di Tony Effe. Per questo, Ciannamea ha parlato della visibilità dei marchi sul palco chiarendo che, secondo il regolamento, nessun logo può essere visibile in modo evidente. Se i marchi non sono riconoscibili, possono essere utilizzati, ma senza inquadrature troppo ravvicinate, ma sarà visibile il nome del marchio nei titoli di coda, poiché la presenza è legata all’artista.

Infine, i co-conduttori hanno condiviso la loro visione dell’esperienza. Alessia Marcuzzi ha sottolineato l’importanza della musica come centro dell’evento e ha dichiarato di voler essere ricordata per gli abbracci e l’energia positiva che porta sul palco. Cattelan, invece, ha parlato della difficoltà di portare leggerezza in un contesto così frenetico, ma ha evidenziato che lo spirito di ironia è ciò che rende il Festival speciale, soprattutto quando la macchina si mette in moto a tutta velocità.

A cura di Alessia Sabetta

Sanremo 2025 – Le pagelle della serata cover

Avevamo riposto tutte le nostre aspettative in una serata cover che risollevasse le sorti di questo Festival, invece anche questa serata ci fa sperare che tutto finisca presto.

Rose Villain con Chiello – “Fiori rosa, fiori di pesco” di Lucio Battisti 
Per Chiello l’esibizione non comincia al meglio ma lasciandosi trasportare dal carisma di Rose Villan si scioglie e con il suo stile ci affascina. Che dire di Rose, calorosa e coinvolgente, ci ha dimostrato di essere impeccabile.  

Voto: 27

Modà con Francesco Renga – “Angelo” di Francesco Renga 
A parte qualche errore di attacco di Kekko tutto nella norma, forse troppo. 

Voto: 24 e targa RENGANEK 

Clara con Il Volo – “The sound of silence” di Simon and Garfunkel
Chiaramente Clara ha provato a dare alla canzone un’interpretazione personale, invece, come potevamo aspettarci, Il Volo ha fatto Il Volo. 

Voto: 24 

Noemi e Tony Effe – “Tutto il resto è noia” di Franco Califano
Prima di tutto, dov’era la collana di Tony Effe? 
Parlando di cose serie: si vede l’impegno da parte di entrambi ma per Tony Effe non è abbastanza. Noemi, con la sua tecnica magistrale meriterebbe 27. Tony invece è sufficiente, ma di poco.

Voto: 23, Noemi, si sa che nei progetti di gruppo c’è sempre qualcuno che lavora di più. 

Francesca Michielin e Rkomi – “La nuova stella di Broadway” di Cesare Cremonini
Esibizione che segue due modalità interpretative diverse: quella di Francesca, meravigliosa e coinvolgente, e quella di Rkomi, stanca e spenta. Peccato.

Voto: 24 

Serena Brancale con Alessandra Amoroso – “If I Ain’t Got You” di Alicia Keys
Serena Brancale ha mostrato, con questo brano, un’altra parte di sé. Si è rivelata essere una cantante poliedrica dal talento e dalla tecnica esemplare. Complimenti. 

Voto: 29

Irama con Arisa – “Say Something” di Christina Aguilera 
L’intesa tra i due cantanti è particolare. Il brano struggente però risulta svuotato di tutti i turbamenti della versione originale, non riuscendo a restituire le forti emozioni che sono narrate dal testo. Performance tutto sommato discreta. 

Voto: 24

Gaia con Toquinho – “La voglia, la pazzia”di Ornella Vanoni
Esibizione dai toni allegri e scherzosi. Gaia ha reso la canzone sua donandole una potente interpretazione personale. 

Voto: 27

The Kolors con Sal Da Vinci – “Rossetto e caffè” di Sal Da Vinci 
Forse la canzone più apprezzata dal pubblico dell’Ariston. Stash preso benissimo. Che dire, i The Kolors hanno thekolorsato.

Voto: 25 e targa mainstream.

Marcella Bella con I Twin Violins – “L’emozione non ha voce” di Adriano Celentano 
Interpretazione molto personale che però perde la tenerezza della versione originale. Una versione forse troppo «forte, tosta, indipendente».  

Voto: 18

Rocco Hunt con Clementino – “Yes I know my way” Di Pino Daniele 
Hunt e Clementino super coinvolgenti. Grande omaggio al maestro Pino Daniele, che termina con un finale emozionale in cui la sua stessa voce chiude l’esibizione. 

Voto: 27 e targa commozione 

Francesco Gabbani con Tricarico – “Io sono Francesco” di Tricarico 
Canzone profonda che Gabbani fa sua rendendola più energica e giocosa. La sua interpretazione funziona ed è coerente.

Voto: 26

Sarah Toscano con Ofenbach – “Overdrive” di Ofenbach 
La canzone passa da “Overdrive” a “Be Mine” diventando un medley. Sarah, perfetta e sicura, dona il suo tocco chic all’esibizione, che risulta assolutamente pazzesca.

Voto: 28

A cura di Maria Scaletta

Lucio Corsi con Topo Gigio – “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno
L’annuncio del duetto con Topo Gigio aveva suscitato una grande curiosità tra il pubblico. Tuttavia, dopo l’esibizione, viene spontaneo chiedersi se si sia trattato di un colpo di genio o di qualcos’altro. Tutto molto dolce e candido, ma è una di quelle cose su cui bisogna riflettere un po’ per afferrarne davvero l’essenza.

Voto: Lucio sei un patato

Giorgia e Annalisa – “Skyfall” di Adele
Quelle brave della classe, ma studiano a memoria. Una buona interrogazione, ma ci siamo già dimenticati le cose che abbiamo studiato. Però si guadagnano la vittoria. 

Voto: 25

Simone Cristicchi con Amara – “La cura” di Franco Battiato
Potrebbe essere stata una scelta astuta e ben pensata (anche perfettamente legata alla canzone in gara), ma alla fine è una comfort zone.

Voto: 23

Coma_Cose con Johnson Righera – “L’estate sta finendo” di Righeira
Fausto e California iniziano con un duetto piano-voce e l’aspettativa di svegliarsi da questo coma sembra svanire. Poi, grazie all’apparizione mistica di Righera con un paio di occhiali veloci (che lo trasformano in un ciclope), l’operazione “alzarsi dalla sedia e ballare” è completata. Grazie Coma_Cose, sapevamo di poterci fidare di voi!

Voto: 26

Joan Thiele con Frah Quintale – “Che cosa” c’è di Gino Paoli
Questa versione downtempo di “Che cosa c’è” non dispiace affatto, anzi, è un ottimo esempio di cover rivisitata che funziona. I due hanno una bella sinergia, le loro voci si intrecciano alla perfezione e si conferma una delle cose più interessanti fino a questo momento.

Voto: 29

Olly con Goran Bregovic – “Un Pescatore” di Fabrizio De André
Bregović e la Wedding & Funeral Band riarrangiano il brano in versione balcanica e Olly è tutto un presabene. Il risultato è buono, ma disturba la lincenza poetica di Olly − ad un certo punto fin troppo preso bene – che urla che se canti lailallala tutto si risolverà (non lo so Olly). 

Voto: 28

Elodie e Achille Lauro – “A mano a mano” di Riccardo Cocciante e “Folle città” di Loredana Bertè
Un duo ben assortito: nessuno dei due ruba la scena all’altra persona anzi, sembrano a loro agio in quella che potrebbe essere l’esibizione di uno dei loro concerti.

Voto: 25

Massimo Ranieri con Neri per caso – “Quando” di Pino Daniele 
Forse bisognerebbe un attimo rivedere alcune scelte. L’idea non è male, ma la realizzazione lascia a desiderare: i due poli non dialogano poi così bene.

Voto: ritenta (ma anche no), sarai più fortunato 

Willie Peyote con Tiromancino e Ditonellapiaga – “Un tempo piccolo” di Franco Califano
A questo punto della serata sembra siano trascorsi secoli dall’inizio della puntata e l’esibizione, pur non essendo poi così male, passa quasi inosservata nel mezzo di tutto ciò che è successo nelle ore precedenti.

Voto: vorrei votare ma non posso

Brunori Sas con Riccardo Senigallia e Dimartino – “L’anno che verrà” di Lucio Dalla
Brunori si porta sul palco Dimartino e Riccardo Senigallia ed è subito “Festa dell’Unità” con un’esibizione che, pur essendo un po’ rischiosa per la scelta del brano, alla fine trasmette quella sensazione di accoglienza familiare e una bella tavolata di pastasciutta.

Voto: 27 e targa Festa dell’unità

Fedez con Marco Masini – “Bella stronza” di Marco Masini
Ne Avevamo davvero bisogno? Rimaniamo (non è vero) in attesa del prossimo scoop.

Voto: /

Bresh con Cristiano De André – “Crueza De Mä” di Frabrizio De André
Una maledizione sembra essersi abbattuta su questa esibizione: prima il microfono di Bresh non funziona, poi Cristiano De André perde il microfono del mandolino e Bresh non riesce a nascondere la risata disperata di chi pensa “che difficoltà questa vita”. Nonostante tutto si portano a casa una bella esibizione!

Voto: 28 e targa Malocchio

Shablo ft. Guè, Joshua, Tormento con Neffa – “Amor de mi vida” dei Sottotono “Aspettando il sole” di Neffa
Dalla regia (la chat di Musidams) dicono che si tratta di un duetto importante per la scena hip hop italiana. 

Voto: 28 sulla fiducia 🙂

A cura di Alessia Sabetta

Sanremo 2025: la tanto attesa serata delle cover

La conferenza stampa tenutasi questa mattina inizia con le parole del direttore artistico, nonché conduttore, Carlo Conti, il quale annuncia che stasera al suo fianco, per l’apertura, ci sarà Roberto Benigni.

Dopo questa notizia Marcello Ciannamea, il Direttore Intrattenimento Prime Time Rai, condivide gli ottimi risultati della sera precedente con 10,7 Mln di ascolti medi e il 59,8% di share, un successo visto l’incremento di 1 Mln di ascoltatori rispetto lo scorso anno.

Successivamente, il sindaco Alessandro Mager ringrazia le forze dell’ordine per il lavoro che stanno svolgendo per permettere la totale sicurezza dei cittadini e, Marco Bocci, Presidente della Regione, conferma la sua presenza sul palco dell’Ariston per la consegna del Premio Liguria per la migliore cover. 

Claudio Fasulo, responsabile Rai, espone il programma della serata, il quale prevede la presenza di ben 144 artisti sul palco, tra cui la performance di Paolo Kessisoglu con la figlia e l’esibizione di Benji e Fede sul palco Suzuki: insomma, si prospetta un grande spettacolo. 

È presente anche Settembre, il vincitore di Sanremo Giovani, a cui viene consegnato il Premio alla Critica e il Premio Critica Sala Stampa Lucio Dalla. Il cantante coglie l’occasione per ribadire la forte stima che nutre per Alex Wyse, finalista con lui, ed esprime una forte gratitudine per la vittoria conseguita.

Viene poi lasciata la parola alla coppia dei due co-conduttori Geppi Cucciari e Mahmood accomunati non solo dalla provenienza geografica ma anche dalle affinità elettive. Entrambi si augurano il meglio per questa serata: Geppi lo fa con il suo solito sarcasmo mentre Mahmood con il suo ottimismo.

Tra le domande viene chiesta una delucidazione riguardo al perchè la collana sia stata negata a Tony Effe: i responsabili precisano che è stato necessario non far salire sul palco il cantante con il gioiello, in quanto una norma contenuta nel regolamento del festival prevede il totale divieto da parte degli artisti di esibire dei marchi.

Risoltasi tale questione, le domande successive ruotano tutte attorno al ruolo che Geppi Cucciari ha intenzione di ricoprire sul palco dell’Ariston, dove la tv viene intesa come spazio di evasione dalla realtà.
L’attrice risponde sempre con la massima eleganza affermando che «ogni giorno ci sono piccole/grandi battaglie da combattere » ma ci tiene ad evidenziare che mostrerà rispetto nei confronti delle decisioni prese dal direttore artistico.

Una cosa è certa: sono state create alte aspettative per questa serata e noi ci auguriamo che non vengano deluse.

A cura di Sofia De March

Sanremo 2025 – Le pagelle della terza serata

La terza serata del 75° festival di Sanremo inizia con un’emozionante esibizione di Edoardo Bennato con “Sono Solo Canzonette”. Dopodiché Carlo Conti accoglie le presentatrici per la sera: Miriam Leone, Katia Follesa e Elettra Lamborghini, per poi presentare gli artisti in gara.

Clara – “Furore”
Un po’ anonima nel timbro, Clara ha comunque un grande controllo della propria voce. L’abito contribuisce certamente al suo anonimato. 

Voto: 22

Brunori Sas – “L’Albero delle Noci”
Come nelle scorse serate, risalta all’orecchio una qualche  somiglianza con “Rimmel” di De Gregori. l testo toccante affronta dolcemente il tema della paternità. Apprezzabile la scelta di portare la chitarra sul palco.

Voto: 25

Sarah Toscano – “Amarcord”
Degna di nota è la differenza d’età rispetto agli altri concorrenti: Sarah è infatti classe 2006. Purtroppo la performance non è esente da stonature, ma ci piace il modo in cui dice “un po’ mi avevi illusa”. Per il resto il brano è piacevole.  

Voto: 23

Massimo Ranieri – “Tra le mani un cuore”
Base inusuale e lontana dal solito stile vecchia scuola di Ranieri, che tenta un avvicinamento al sound contemporaneo.

Voto: 22

Joan Thiele – “Eco”
Joan Thiele conferma una ragazza forte, il cui  timbro vocale personalissimo  le permette di distinguersi dagli altri artisti. Il suo outfit Gucci dà un tocco chic, efficace nella contrapposizione con il sound Seventies del brano. 

Voto: 28 

Shablo feat Gue, Joshua, Tormento – “La mia parola”
Una bella boccata di aria hip hop italiana, adattato in perfetta chiave sanremese. Restiamo in attesa del duetto con Neffa.

Voto: 27

Noemi – “Se t’innamori muori”
Un bellissimo vestito funzionale alla teatralità dell’esibizione. Purtroppo, Noemi si è lasciata trasportare dal suo tratto vocale distintivo, offrendo una performance troppo graffiata.

Voto: 22

Olly – “Balorda Nostalgia”
Qualche stonatura e un’interpretazione troppo sdolcinata.

Voto: 19

Coma_Cose – “Cuoricini”
“Cuoricini” è la classica canzone indie-pop godibile, di quelle che si canticchiano tutto il giorno. Gli outfit della coppia sono audaci, e soddisfano le aspettative Gen-Z. Una buona esibizione, con ottima performance vocale, e dunque un buon voto.

Voto: 26

Modà – “Non ti dimentico”
Il ritorno dei Modà sul palco rende felici tanti italiani, e dal cantante, Checco, arriva un emozionante messaggio di forza e speranza per chi, come lui, combatte con la propria salute mentale.

Voto: 24

Tony Effe – “Damme ‘Na Mano”
Illudendoci, forse, ci aspettavamo il solito Tony, genuino come nei suoi brani abituali, al di fuori di Sanremo. Ti vogliamo più spavaldo! Torna al prossimo appello.

Voto: 17

Irama – “Lentamente”
L’autotune non rende giustizia al vero timbro vocale di Irama. Il testo, pur essendo più in vibe Blanco, ha però un che di romantico che, abbinato con il fascino di Irama, riesce ad arrivare al pubblico. 

Voto: 21 

Francesco Gabbani – “Viva la vita”
Un testo che inneggia a un migliore atteggiamento verso la vita. L’arrangiamento, però, è un po’ troppo rigido e impostato.

Voto: 24

Gaia – “Chiamo io Chiami tu”
Gaia si conferma cantante affascinante e talentuosa, e la presenza dei ballerini arricchisce la performance.

Voto: 26

Bonus!Duran Duran con Vic de Angelis: La performance della band ha emozionato grandi e piccini, anche grazie alla presenza young dell’ex bassista dei Måneskin.

voto: 110 e lode con bacio accademico (tra Katia Follesa e Simon LeBon)

A cura di Benedetta e Martina Vergnano

Sanremo 2025: conduttrici donne, giornata della radio e polemiche sul televoto

Se inizialmente la conferenza stampa del giorno 13 febbraio comincia con toni allegri e discorsi che preannunciano la terza serata del festival, l’atmosfera cambia radicalmente di lì a poco a causa di domande spinose su questioni come la corruzione del televoto.

In un primo momento viene annunciato il dono di uno speciale braccialetto floreale per la serata di San Valentino (quella di venerdì) composto di ranuncoli rossi per le personalità femminili di Sanremo, soprattutto per le giornaliste del Festival.

Vengono poi comunicati i record numerici della seconda serata: gli ascolti medi ammontano a 11.8 milioni, con il 64,6% di condivisioni. La maggioranza del pubblico appare essere quella dei giovani, con picchi di share verso le ore 00.30 da parte della fascia di età 15-24 anni.

Per quanto riguarda i social, la seconda serata ha visto un aumento delle views del +96% rispetto allo scorso anno. Viene confermato che il coinvolgimento è aumentato grazie alla presenza di Bianca Balti e Damiano David.

Gli ospiti della terza serata saranno il cast della serie televisiva Mare Fuori, i membri del Teatro Patologico e i Duran Duran. Quest’ultimi oltre ad esibirsi riceveranno anche un premio alla carriera.

Grande attesa per la finale delle Nuove Proposte dove sono in gara Alex Wyse con “Rockstar” e Settembre con “Vertebre”.

Si crea molto sgomento in sala stampa. Vengono chieste spiegazioni sul rapporto tra il concorrente Fedez e Luca Lucci (il capo degli ultras del Milan arrestato recentemente per spaccio di droga), ma Conti interviene subito spiegando di non essere un giudice, bensì un conduttore televisivo che si avvale della presunzione di innocenza.

La conferenza continua con domande di natura polemica sui conteggi finali dei voti. Molti giornalisti si sono chiesti: se il nostro voto vale il 33%, quanto inciderà sul calcolo finale?

Conti allora tenta di placare gli animi spiegando che quella percentuale è da aggiungere a un altro 33%, che sarà quello delle radio, arrivando al 66% del totale, con una rimanenza del 34% che spetterà al televoto.

Proseguono le domande, questa volta indirizzate a Miriam Leone, perlopiù inerenti al suo nuovo progetto televisivo: la serie TV Miss Fallaci, ispirata alla vita della giornalista Oriana Fallaci. L’attrice risponde che, proprio come la protagonista che interpreta, anche lei è piena di sfaccettature poiché le donne non sono definibili con un unico aggettivo o non possono essere inserite in un’unica categoria. Parla inoltre delle difficoltà incontrate nel portare sullo schermo tematiche forti come l’aborto.

I quesiti finali sono di natura più leggera: viene domandato a Katia Follesa quale sia il suo metodo per mantenere la calma sul palcoscenico, dal momento che in sala stampa appare molto tranquilla. La comica risponde di essere molto estasiata all’idea di portare sketch comici e di improvvisazione sul palco dell’Ariston all’età di quasi cinquant’anni. La sua arma più vincente è senz’altro l’autoironia.

A Elettra Lamborghini viene invece domandato che cosa ne pensi di canzoni con testi di natura spinta, come ad esempio il brano di Tony Effe, definito da molti «di cattivo gusto». Risponde che non bisognerebbe nascondere alcun tipo di parola o linguaggio nelle canzoni poiché in qualsiasi altro medium, ad esempio i videogiochi violenti o i film dell’orrore, appaiono elementi volgari o anti convenzionali.

Carlo Conti, essendo il 13 febbraio la giornata internazionale della radio, onora la figura di Guglielmo Marconi per la sua invenzione e per l’impatto che essa ha tutt’ora nelle vite degli esseri umani. Gli viene inoltre consegnato, da parte dell’emittente radiofonica “Radio Esercito” un attestato onorifico per il suo giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana.

Vi è grande fermento per la terza serata del 75º festival di Sanremo, con personalità femminili forti a condurre e ospiti musicali di eccezione, come i Duran Duran che suoneranno assieme a Victoria De Angelis dei Måneskin.

                                                   a cura di Martina Vergnano Menzio

Sanremo 2025 – Le pagelle della seconda serata 

La seconda serata della 75ª edizione del Festival di Sanremo si apre con le semifinali delle Nuove Proposte, che lasciano poi spazio al primo dei due lotti di Big suddivisi tra le giornate di mercoledì e giovedì.

Tra la stucchevole formalità di Carlo Conti, discutibili commenti verso Malgioglio, e la gioia di Bianca Balti, ci districhiamo attraverso le canzoni protagoniste della serata così come ha tentato di fare Damiano David tra le ingombranti composizioni floreali (fallendo). 

Nuove Proposte 

Alex Wyse – “Rockstar” 
Piccola raucedine a parte, la canzone funziona talmente bene che avrebbe potuto giocarsi il podio tra i big.

Vale Lp e Lil Jolie – “Dimmi tu quando sei pronto per fare l’amore” 
Il duo propone una canzone contemporanea dalla struttura interessante, con parti originali e altre già sentite e risentite. 

Maria Tomba – “Goodbye (voglio good vibes)” 
L’energia della performance viaggia su un binario parallelo al viaggio che percorre il brano, che parte malino ma presenta un hook non da buttare, che affianca però sezioni confusionarie. 

Settembre – “Vertebre” 
Funzionale, radiofonica, ma che non presenta tratti distintivi. 

I Big 

Rocco Hunt – “Mille vote ancora”   
Si conferma a suo agio sul palco del festival, peccato per la scelta di rimanere nella zona di comfort, con la solita minestra riscaldata del tema della rivalsa del ragazzino di strada in stile Rocco Hunt, che propone però ancora una volta un ritornello che entra in testa. 

VOTO: 22 

Elodie – “Dimenticarsi alle 7“ 
Si riprende dalla prova leggermente sottotono di ieri e promuove la sua sempre più salda aura da diva del pop italiano, ed è credibile. Oltre a ciò, il brano è radiofonico ma facilmente dimenticabile. 

VOTO: 24 

Lucio Corsi – “Volevo essere un duro”  
Sorpresa, non per i più attenti, dell’edizione, e ripete l’ottima prestazione della serata inaugurale. Il brano, nel frattempo, inizia a rendersi riconoscibile, con un testo semplice ma non scontato. Ha tutte le carte in regola per scalare la classifica.  

VOTO: 28 

The Kolors – “Tu con chi fai l’amore” 
Pronti a sentirli per tutta estate? Io non tanto, anche se bisogna dire che dal vivo il pezzo suona meglio della versione registrata. Si spera che Stash & Co decidano di portare al Festival del futuro qualcosa che valga la loro qualità come band.   

VOTO: 22 

Serena Brancale – “Anema e core”  
Ritmi afro e tentativo di hit estiva inserendo sfaccettature jazz. La strofa risulta anche riuscita e interessante, il resto però si perde nell’oblio. Quasi salva.  

VOTO: 17 

Fedez – “Battito”  
Superato il grande nervosismo della serata d’apertura punta tutto sull’interpretazione, ed è possibile udire come il brano funzioni dall’inizio alla fine, meritando la Top Five di serata. Possibile banger.  

VOTO: 26 

Francesca Michielin – “Fango in paradiso” 
Linee melodiche deboli, testo senza grandi pretese, si salva solo la performance, in cui mette decisione e voglia di far bene, scaricando l’adrenalina con un bel pianto finale e una corsetta sulla caviglia infortunata. Terminator pucciosa.  

VOTO: 20 

Simone Cristicchi – “Quando sarai piccola”  
Sonorità che ricalcano i classiconi di Ultimo su parole strappalacrime: nulla di nuovo. Ma l’origine testuale personale, l’interpretazione e la performance vocale che supera la debacle del primo live gli permettono di inserirsi, con merito, tra i migliori di serata. 

VOTO: 26 

Marcella Bella – “Pelle diamante”  
La quota over femminile della 75ª edizione spicca per energia sul palcoscenico; il brano possiede un hook catchy ma con testo leggermente kitsch. Promossa abbondantemente per il coraggio e la voglia di non farsi mettere i piedi in testa dai giovani nipotini con cui condivide l’Ariston. 

VOTO: 23 

Bresh – “La tana del granchio” 
Purtroppo non riesce a spiccare nella sua Liguria, proponendo una canzone che al secondo ascolto si conferma spenta e senza alcuna sezione troppo interessante. Il testo originale è l’unica nota positiva. Rimandato a una prossima edizione.  

VOTO: 17 

Achille Lauro – “Incoscienti giovani”  
Incoscientemente ha optato per il classico sanremese, e purtroppo per noi la canta anche bene, l’avesse cantata da ubriaco sarebbe sicuramente uscita una canzone con qualche tratto innovativo, una papabile scelta che da Lauro ci saremmo tutti aspettati.  

VOTO: 18 (politico) 

Giorgia – “La cura per me”  
Il compito è fatto, i melismi pure, ora si può andare a nanna. Non sbaglia mai, è un magnifico tappetto di velluto che non viene lavato da almeno un paio di decenni. Impossibile bocciarla, ma se partiva come favorita dai bookmaker, giorno dopo giorno il brano potrebbe perdersi vista la mancanza di un ritornello potente. 

VOTO: 25 

Rkomi – “Il ritmo delle cose”  
Dire che Rkomi è di Milano è come dire che il cavallo bianco di Napoleone è bianco: porta all’estremo il suo tratto distintivo che, soprattutto nell’intro, risulta indigesto. Special carino che risolleva la canzone che viene accompagnata da una danza libera alle sue spalle eseguita da, pare, una coppia qualunque. Una mossa in grado di addolcire pure il torbido Lex Luthor. 

VOTO: 20 

Rose Villain – “Fuorilegge”  
Il palco lo sa tenere, anche senza performer attorno a lei. Il brano di quest’anno ricalca la struttura della sua “Click Boom!” con lo stacco tra strofa e ritornello praticamente fatto con lo stampino ma, al contrario della precedente, “Fuorilegge” non riesce a raggiunge lo status di Hit. 

VOTO: 20  

Willie Peyote – “Grazie ma no grazie”  
Il groove eleva la canzone, le coriste pure, e Willie fa il suo. La versione live al secondo ascolto si intrufola ancor più nelle orecchie degli italiani, la cui maggioranza probabilmente non capirà che nel testo si parla di loro.  Promozione senza alcun dubbio, ma voto macchiato solo per non aver osato maggiormente con le parole. 

VOTO: 26 

A cura di Marco Usmigli

La webzine musicale del DAMS di Torino