Musica e poesia: inizia così il Torino Jazz Festival

«Libera la musica» è il tema della tredicesima edizione del Torino Jazz Festival (TJF). Provando a riformularlo, possiamo affermare che la musica libera orizzonti inauditi che percepiamo come esperienze catartiche; ma, considerando quel “libera” un aggettivo, possiamo pensare la musica come fenomeno umano indomabile, senza barriere, se non quelle che decidiamo di imporre o seguire.

A partire da questa seconda accezione cerchiamo di analizzare la produzione originale che TJF ha proposto come primo concerto della giornata inaugurale di mercoledì 23 aprile al Teatro Juvarra. L’evento, in collaborazione con il Salone del Libro, è stato presentato come un dialogo di suoni e silenzi tra la poesia e la voce di Domenico Brancale e la batteria preparata e amplificata di Roberto Dani.

Il primo ha già collaborato in passato con musicisti realizzando lavori con al centro la voce e suoni, spesso registrati, mentre il secondo ritorna al Festival dopo un’esibizione solistica nel 2021, che anche in quel caso ruotava attorno al silenzio, allo spazio e al corpo. Insieme hanno creato una performance dal titolo “Chi sono queste cose”: un incrocio tra reading poetico e improvvisazione musicale. 

Foto di Colibrì Vision 

Sul palcoscenico già aperto e illuminato di blu vediamo delle orecchie dorate sparse a proscenio, un leggio al centro e la batteria subito dietro. L’ingresso dei due artisti è silenzioso, al buio, nessun applauso, solo una voce registrata che elenca nomi di poeti, pittori, attori e musicisti del passato e le loro date di morte. Lo spazio scenico si riempie di luce calda e Brancale, con voce tonante, recita i versi su uno sfondo sonoro lento e meditativo. Dani si inserisce nelle pause tra un verso e l’altro, cambiando spesso il modo di produrre suoni: con bacchette diverse, piatti di varie dimensioni e oggetti comuni appositamente riadattati. La fusione tra la voce e i suoni delle percussioni è calibrata attentamente, l’amplificazione della batteria è regolata al continuo cambio di timbri, e al tono di Brancale che in alcuni momenti recita sotto voce. 

Foto di Colibrì Vision 

I due corpi sul palco vibrano in modo diverso: se Brancale, sempre fisso sul posto, ci trasmette passione e adesione al contenuto dei suoi versi attraverso la mimica facciale e alcuni gesti delle mani, Dani sta in piedi, curvato, in continuo movimento tra balzi e scatti frenetici. A dividere in due l’esibizione è un assolo energico di Dani, che riempie la sala di suoni profondi e sempre più ravvicinati, sembra quasi inaspettato dopo la prima parte molto pacata, ma riesce ad aumentare la tensione del concerto e guidarci fino alla conclusione.

Il ritmo si fa quindi incalzante, in un continuo singhiozzo di suoni gravi e acuti, Brancale elenca tutte le azioni e atteggiamenti possibili che compiamo nella nostra vita prima di sgretolarci.

Sta di fatto che anche la musica è uno di questi modi per sopravvivere e nelle conformazioni che può assumere rimane sempre libera e inafferrabile. 

Alessandro Camiolo

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