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Coca Puma: tra viaggio onirico e balli ancestrali 

Si è tenuto a Torino, venerdì 21 febbraio, all’interno dello sPAZIO211, l’undicesima data del Tour Panorama Olivia, che riprende il nome dall’album di debutto di Coca Puma, uscito ad aprile 2024 e che in meno di un anno ha suscitato grande curiosità e interesse, soprattutto nel panorama pop e jazz, ambienti che la musicista romana – vero nome Costanza Puma –  naviga senza avere una rotta troppo definita.

La serata è stata aperta da Edera, cantante del gruppo torinese irossa, la cui voce chiara e sospesa abbraccia e viene abbracciata dalle morbide sonorità dei synth eterei, dalle arie d’atmosfera sognanti diteggiate dalla Gretsch color rubino del chitarrista e dalla ritmicità originale e sfalsata della batteria. Sebbene l’emozione fosse palpabile, Edera ha dimostrato di essere a suo agio sul palco, riuscendo a condividere il proprio stile con l’intimo pubblico all’interno dello spazio.

Pochi minuti dopo è stato il turno di Coca Puma e la sua band, composta da Davide Fabrizio alla batteria, Antonio Falanga alla chitarra elettrica e Stefano Rossi al basso e al sintetizzatore Moog.

Foto di Silvia Marino, «Due Libri»

Fin dall’intro strumentale è stato chiaro come il non-silenzio dell’ambiente intimo e intimista dello sPAZIO211 fosse la cornice perfetta per il gruppo. Si mescolavano così il leggero brusio del pubblico, qualche tintinnio di bicchieri provenienti dal bar in fondo alla sala e le calde ma soffuse sonorità create dagli artisti sul palco, sviluppando una massa sonora composta dai rumori dell’ambiente e dalla musica.

Coca Puma riesce in poco più un’ora di concerto a sviluppare atmosfere alterne attorno a sé, passando da momenti di pura emotività vissuta ad occhi chiusi, come durante l’esecuzione di “Sparks” dei Coldplay o della sua “Tardi”, a brani intrisi di puro istinto primitivo quali “Quasi a casa” (ripetuto anche in chiusura su esplicita richiesta del pubblico) e due nuovi pezzi inediti, in grado di creare vibrazioni che partono dal ventre e che si diramano verso tutti gli arti del corpo, sviluppando movimenti liberi e irrazionali, come se fossero connessi direttamente al suono proveniente dalle casse e dall’anima di Costanza.

Foto di Silvia Marino, «Due Libri»

Attraverso sonorità che si fondono insieme nella creazione di un universo opaco, costellato di nu-jazz, elettronica, post-rock, funk e percussioni afro-latine, Coca Puma conferma la sua acclamata duttilità, mantenendo uno stile vario ma ben pensato e soprattutto autentico, visibile anche attraverso la sicurezza che porta sul palco, che si contrappone alla timidezza nascosta dietro al suo immancabile cappello da pescatore, e disegnata sul viso da un sincero e perenne sorriso ricco di gratitudine verso chi ha ascoltato, cantato e ballato con lei.

A cura di Marco Usmigli

Sanremo 2025 – Le pagelle della seconda serata 

La seconda serata della 75ª edizione del Festival di Sanremo si apre con le semifinali delle Nuove Proposte, che lasciano poi spazio al primo dei due lotti di Big suddivisi tra le giornate di mercoledì e giovedì.

Tra la stucchevole formalità di Carlo Conti, discutibili commenti verso Malgioglio, e la gioia di Bianca Balti, ci districhiamo attraverso le canzoni protagoniste della serata così come ha tentato di fare Damiano David tra le ingombranti composizioni floreali (fallendo). 

Nuove Proposte 

Alex Wyse – “Rockstar” 
Piccola raucedine a parte, la canzone funziona talmente bene che avrebbe potuto giocarsi il podio tra i big.

Vale Lp e Lil Jolie – “Dimmi tu quando sei pronto per fare l’amore” 
Il duo propone una canzone contemporanea dalla struttura interessante, con parti originali e altre già sentite e risentite. 

Maria Tomba – “Goodbye (voglio good vibes)” 
L’energia della performance viaggia su un binario parallelo al viaggio che percorre il brano, che parte malino ma presenta un hook non da buttare, che affianca però sezioni confusionarie. 

Settembre – “Vertebre” 
Funzionale, radiofonica, ma che non presenta tratti distintivi. 

I Big 

Rocco Hunt – “Mille vote ancora”   
Si conferma a suo agio sul palco del festival, peccato per la scelta di rimanere nella zona di comfort, con la solita minestra riscaldata del tema della rivalsa del ragazzino di strada in stile Rocco Hunt, che propone però ancora una volta un ritornello che entra in testa. 

VOTO: 22 

Elodie – “Dimenticarsi alle 7“ 
Si riprende dalla prova leggermente sottotono di ieri e promuove la sua sempre più salda aura da diva del pop italiano, ed è credibile. Oltre a ciò, il brano è radiofonico ma facilmente dimenticabile. 

VOTO: 24 

Lucio Corsi – “Volevo essere un duro”  
Sorpresa, non per i più attenti, dell’edizione, e ripete l’ottima prestazione della serata inaugurale. Il brano, nel frattempo, inizia a rendersi riconoscibile, con un testo semplice ma non scontato. Ha tutte le carte in regola per scalare la classifica.  

VOTO: 28 

The Kolors – “Tu con chi fai l’amore” 
Pronti a sentirli per tutta estate? Io non tanto, anche se bisogna dire che dal vivo il pezzo suona meglio della versione registrata. Si spera che Stash & Co decidano di portare al Festival del futuro qualcosa che valga la loro qualità come band.   

VOTO: 22 

Serena Brancale – “Anema e core”  
Ritmi afro e tentativo di hit estiva inserendo sfaccettature jazz. La strofa risulta anche riuscita e interessante, il resto però si perde nell’oblio. Quasi salva.  

VOTO: 17 

Fedez – “Battito”  
Superato il grande nervosismo della serata d’apertura punta tutto sull’interpretazione, ed è possibile udire come il brano funzioni dall’inizio alla fine, meritando la Top Five di serata. Possibile banger.  

VOTO: 26 

Francesca Michielin – “Fango in paradiso” 
Linee melodiche deboli, testo senza grandi pretese, si salva solo la performance, in cui mette decisione e voglia di far bene, scaricando l’adrenalina con un bel pianto finale e una corsetta sulla caviglia infortunata. Terminator pucciosa.  

VOTO: 20 

Simone Cristicchi – “Quando sarai piccola”  
Sonorità che ricalcano i classiconi di Ultimo su parole strappalacrime: nulla di nuovo. Ma l’origine testuale personale, l’interpretazione e la performance vocale che supera la debacle del primo live gli permettono di inserirsi, con merito, tra i migliori di serata. 

VOTO: 26 

Marcella Bella – “Pelle diamante”  
La quota over femminile della 75ª edizione spicca per energia sul palcoscenico; il brano possiede un hook catchy ma con testo leggermente kitsch. Promossa abbondantemente per il coraggio e la voglia di non farsi mettere i piedi in testa dai giovani nipotini con cui condivide l’Ariston. 

VOTO: 23 

Bresh – “La tana del granchio” 
Purtroppo non riesce a spiccare nella sua Liguria, proponendo una canzone che al secondo ascolto si conferma spenta e senza alcuna sezione troppo interessante. Il testo originale è l’unica nota positiva. Rimandato a una prossima edizione.  

VOTO: 17 

Achille Lauro – “Incoscienti giovani”  
Incoscientemente ha optato per il classico sanremese, e purtroppo per noi la canta anche bene, l’avesse cantata da ubriaco sarebbe sicuramente uscita una canzone con qualche tratto innovativo, una papabile scelta che da Lauro ci saremmo tutti aspettati.  

VOTO: 18 (politico) 

Giorgia – “La cura per me”  
Il compito è fatto, i melismi pure, ora si può andare a nanna. Non sbaglia mai, è un magnifico tappetto di velluto che non viene lavato da almeno un paio di decenni. Impossibile bocciarla, ma se partiva come favorita dai bookmaker, giorno dopo giorno il brano potrebbe perdersi vista la mancanza di un ritornello potente. 

VOTO: 25 

Rkomi – “Il ritmo delle cose”  
Dire che Rkomi è di Milano è come dire che il cavallo bianco di Napoleone è bianco: porta all’estremo il suo tratto distintivo che, soprattutto nell’intro, risulta indigesto. Special carino che risolleva la canzone che viene accompagnata da una danza libera alle sue spalle eseguita da, pare, una coppia qualunque. Una mossa in grado di addolcire pure il torbido Lex Luthor. 

VOTO: 20 

Rose Villain – “Fuorilegge”  
Il palco lo sa tenere, anche senza performer attorno a lei. Il brano di quest’anno ricalca la struttura della sua “Click Boom!” con lo stacco tra strofa e ritornello praticamente fatto con lo stampino ma, al contrario della precedente, “Fuorilegge” non riesce a raggiunge lo status di Hit. 

VOTO: 20  

Willie Peyote – “Grazie ma no grazie”  
Il groove eleva la canzone, le coriste pure, e Willie fa il suo. La versione live al secondo ascolto si intrufola ancor più nelle orecchie degli italiani, la cui maggioranza probabilmente non capirà che nel testo si parla di loro.  Promozione senza alcun dubbio, ma voto macchiato solo per non aver osato maggiormente con le parole. 

VOTO: 26 

A cura di Marco Usmigli