Mobb Deep, la storia dell’hip-hop in concerto all’Hiroshima Mon Amour

Il cinquantesimo anniversario della nascita dell’hip-hop, nel 2023, è stata una tra le grandi celebrazioni musicali degli ultimi anni. L’intervallo del Superbowl e il tributo ai Grammy sono alcuni degli eventi che ne hanno sancito la rilevanza. Proprio i Grammy introdussero la categoria miglior album rap nel 1996, riconoscendo un nuovo genere ormai consolidato. Erano gli anni della rinascita della scena di New York, dei grandi esordi di Nas (Illmatic) e Biggie (Ready to die).

Proprio sull’onda lunga di questi successi era uscito The Infamous il secondo album del duo Mobb Deep, che quest’anno celebra i trent’anni della pubblicazione. Per l’occasione è stato allestito un Infinite Tour mondiale, che ha toccato anche l’Italia con varie tappe nelle città principali.

Siamo andati a sentirli venerdì 14 febbraio all’Hiroshima Mon Amour, in una lunga serata all’insegna della cultura hip-hop.

In apertura dj Double S ha movimentato il pubblico con un grande affondo nel rap statunitense degli anni 90, creando un mix perfetto tra hit parade, scratch e strumentali sincopate. Salgono poi sul palco Junk, rapper canadese che si esibisce accompagnato dal dj Mastafive e subito dopo Kriisie, insieme a DJ L.E.S.

Foto a cura di Davide La Licata/piuomenopop.it

Quest’ultimo si occupa poi di richiamare l’attenzione del pubblico sull’origine del duo che sta per esibirsi, sul quartiere di newyorchese di Queensbridge, dove lui è cresciuto insieme a Nas e ha realizzato la hit “Life’s a Bitch”.

È giunto il momento delle leggende. Havoc e Big Noyd, sostituto del compianto Prodigy, fanno il loro ingresso nell’estasi generale del pubblico e danno il via alla performance. Nella prima parte l’ordine dei brani è rigorosamente quello dello storico album, incluse le skit. Sugli schermi vediamo i videoclip originali, mentre sul palco buio i due ricreano la vita periferica, oscura e allo sbando di quei tempi. Havoc, concentrato nelle sue strofe, si muove giusto a incitare il pubblico, mentre Big Noyd, col volto nascosto dal cappuccio mima efficacemente ogni frase.

Foto a cura di Davide La Licata/piuomenopop.it

La carrellata di brani sembra non finire mai, tra cui gli immancabili successi dei primi anni duemila “Get Away” e “Win Or Lose”. Viene più volte evocata l’assenza di Prodigy, le cui strofe vengono rappate a fasi alterne dai due, con grande rispetto. Nei momenti più importanti rimangono in silenzio, ma è il pubblico a rappare in coro alla voce di Prodigy che esce dalle casse.

Foto a cura di Davide La Licata/piuomenopop.it

Tra tanti cappelli a visiera e capelli bianchi, genitori con figli, cd e vinili sbandierati di continuo dal pubblico, l’attenzione è totale, non servono discorsi, conta solo la musica. La serata si chiude con il più grande successo dei Mobb Deep, “Shook Ones Pt. II”. La folla sembra quella dello scontro finale di 8 Mile, mani alzate e tutti che rappano la strofa di apertura.

Foto a cura di Davide La Licata/piuomenopop.it

I Mobb Deep hanno presentato un ampio catalogo di successi che ci ha fatto viaggiare tra diversi anni ed epoche nostalgiche dell’hip-hop. Il loro reality-rap, fatalista, pieno di suoni sinistri e minacciosi, rimarrà per sempre una pietra miliare.

Take these words home and think it through

(estratto da “Shook Ones Pt. II”)

                                                                        A cura di Alessandro Camiolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *