Se c’è qualcuno che nel corso della sua carriera ha sempre saputo reinventarsi, questa è Miley Cyrus, probabilmente uno dei nomi più sottovalutati nel pop mainstream di questa nuova decade.
Venerdì 27 novembre 2020 è uscito infatti Plastic Hearts, un album che richiama le sonorità degli anni ’70 e ’80 e riprende la linea già accennata nel suo album di debutto, Breakout.
Plastic Hearts nasce dall’esigenza di rinascita, dal bisogno di lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare. Nasce da una storia di dipendenze e da un matrimonio finito, ma soprattutto nasce delle ceneri di un progetto che non è mai stato concluso: originariamente l’album era stato infatti concepito come due EP separati, She is Here e She is Everything, che avrebbero dovuto seguire She is coming – rilasciato a maggio del 2019 -.
A tre anni dall’insuccesso country di Younger Now, la cantante torna dunque con un disco che prosegue sulla falsariga dei revival musicali del 2020, rendendo la “vecchia scuola” di moda fra le nuove generazioni: basti pensare alla scelta di includere collaborazioni con alcuni dei grandi nomi che hanno fatto la storia del pop rock statunitense e mondiale.
Il nuovo cambio di direzione della cantante traspare già dalla copertina, ideata dal fotografo britannico Mick Rock e conosciuto per aver lavorato con artisti come David Bowie, i Queen, Iggy Pop, Blondie. E sebbene gli ascolti non siano vertiginosi, la critica sembra apprezzarlo molto.
Plastic Hearts è il frutto della produzione di nomi come Mark Ronson, Andrew Watt e Louis Bell, che hanno lavorato alla realizzazione della miglior commistione possibile fra il vecchio e il nuovo. Basti pensare a “Prisoner”, brano in collaborazione con Dua Lipa che campiona “Physical” di Olivia Newton-John, o al primo singolo estratto, “Midnight Sky”, che richiama “Edge of Seventeen” di Stevie Nicks. Entrambe le canzoni diventeranno poi “Edge of Midnight”, un remix che è stato strategicamente anteposto alle due cover che chiudono l’album: stiamo parlando di “Heart of Glass” e “Zombie”, rispettivamente di Blondie e The Cranberries, scelte come a voler rimarcare per l’ennesima volta le influenze punk e rock sulla musica di Miley.
Sono diversi i brani degni di nota: “Gimme What I Want” è l’invito di una donna al proprio amante – sullo stesso giro di basso di “Closer” del gruppo industrial Nine Inch Nails – di lasciarsi andare, con la consapevolezza che anche se non lo facesse, lei starà bene lo stesso. “Night Crawling” è un duetto dalle tinte noir con Billy Joel, “Bad Karma” è una hit accattivante, sensuale e divertente che vede la partecipazione di Joan Jett, da sempre di grande ispirazione per la cantante. “Golden G-String” riflette sull’abuso di potere e sul maschilismo dell’amministrazione Trump, “High” strizza l’occhio alle radici country dell’artista, “Angels like you” è una ballad ricca di rimorso nei confronti di una persona amata ma a che è stata fatta soffrire enormemente.
Plastic Hearts è un album nostalgico, che a volte pare quasi già sentito; ma è anche un porto sicuro, un viaggio attraverso le emozioni di una persona che ha deciso di gettare la maschera e raccontare la sua storia.