In tempi di covid-19, gli addetti ai lavori dello spettacolo operistico hanno dovuto ingegnarsi per permettere a noi melomani di vivere una parvenza di normalità. Il Teatro Regio di Torino, da questo punto di vista, si è dato particolarmente da fare: dopo gli esperimenti di Bohème e Così fan tutte, infatti, giovedì 21 aprile è stata la volta dell’Elisir d’amore, trasmesso in live streaming in una frizzante versione diretta da Stefano Montanari.
Il capolavoro donizettiano, il cui libretto è tratto dalla commedia Le Philtre di Eugène Scribe, deve il suo titolo al fantomatico filtro d’amore (in realtà vino rosso) che Nemorino, timido contadino, acquista dal medico ciarlatano Dulcamara. Il suo scopo è quello di conquistare i favori della bella Adina, possidente capricciosa e volubile, ma non così inflessibile come ci viene presentata nel primo atto: al suo spasimante, infatti, non servirà alcun elisir per entrare nelle sue grazie, ma basteranno il candore e la spontanea tenerezza di cui darà prova nel corso dell’opera. Un classico lieto fine, dunque, pur se venato da una punta di malizia: a trionfare non sarà solo il buon cuore di Nemorino, ma anche la scaltrezza di Dulcamara, inconsapevole deus ex machina, che lascerà il paese acclamato da tutti per l’efficacia del suo intruglio.
Assistere allo spettacolo in differita ha certo avuto qualche vantaggio rispetto alla normale fruizione in loco. Innanzitutto, la diretta ha dato la possibilità di apprezzare la gestualità e le espressioni dei cantanti in modo inedito e molto più approfondito, e il cast, in quanto a doti attoriali, si è rivelato eccezionale. Tra tutti, però, è emerso per bravura e intensità il tenore Bogdan Volkov, nei panni del protagonista: centratissimo nella parte, ha dato prova di una tecnica impeccabile e di una sensibilità indispensabile per la buona resa del personaggio. Sulle note di Una furtiva lagrima (a ragione considerata una delle più belle arie d’opera di tutti i tempi), le inquadrature ci hanno mostrato lo stesso direttore Montanari estasiato dal languore e dalla dolcezza del canto del tenore, mentre, tornando al primo atto, grazie al duetto Chiedi all’aura lusinghiera abbiamo potuto saggiare la chimica tra i due interpreti principali. Anche Mariangela Sicilia, infatti, ha dimostrato di essere un’ottima attrice: ho apprezzato, oltre alla sua splendida voce, soprattutto la verve e il brio che l’hanno resa un’Adina perfetta, in un connubio di delicatezza, simpatia e sensualità. Altro grande nome tra gli interpreti, il bravissimo Marco Filippo Romano, che ha dato vita a un Dulcamara istrionico, preciso e credibile. È decollata nel corso del secondo atto anche la voce di Giorgio Caoduro, che ha indossato la divisa del dongiovanni Belcore, partito un po’ in sordina ma ripresosi egregiamente. Buffa e al tempo stesso raffinata, infine, la Giannetta di Ashley Milanese, che si riconferma performer spiritosa e tecnicamente più che all’altezza del ruolo.
È necessaria una nota di merito per gli artisti del coro: sono stati coordinatissimi e, nonostante le mascherine, non c’è stato alcun problema di comprensione. È da lodare anche l’orchestra, i cui tempi sono stati scanditi con grande precisione dal direttore Stefano Montanari, che ha sorretto bene il cast e ha animato tutti gli ascoltatori casalinghi con le trascinanti note dell’opera.
La regia e le scenografie risalgono a un allestimento già visto nel corso della stagione 2018/2019, ma si è trattata di una scelta vincente: già allora ero stata colpita dall’atmosfera creata, semplice ed elegante al tempo stesso, capace di mescolare suggestioni di un non-tempo sospeso e favoloso alla frizzante vitalità degli anni ’50. Alla resa comica dell’opera hanno contribuito gli effetti speciali, tra suoni di clacson e sonore esplosioni, mentre il lato fiabesco è stato accentuato da un uso efficacissimo (e direi “sentimentale”) delle luci, che si sono fatte più soffuse e intime nel secondo atto. Ad esempio, hanno messo in evidenza il brusco cambiamento musicale che marca il distacco tra il vivacissimo duetto di Adina e Dulcamara e la romanza romantica di Nemorino: il cambio d’atmosfera ha sottolineato anche da un punto di vista visivo la distanza tra l’universo luminoso e civettuolo della spiritosa fittavola e quello più languido del suo spasimante; due mondi lontanissimi dunque, apparentemente incompatibili, che però riusciranno a sfiorarsi nell’intimo duetto d’amore Prendi; per me sei libero, che prelude al lieto fine e che si è svolto in uno scenario soffuso e delicato, quasi da notturno. Insomma, le luci hanno reso molto bene la caratteristica più affascinante dell’opera di Donizetti, cioè l’alternanza di momenti schiettamente buffi e comici con altri dal carattere più larmoyant e sentimentale.
In conclusione, l’esperienza dell’opera in streaming non si è rivelata affatto negativa, anche se la comodità di godersi lo spettacolo seduta sul divano di casa con il tablet tra le braccia non penso riuscirà mai a soppiantare la magia che si crea a teatro. Anzi, un’occasione simile, pur essendo stata un soddisfacente palliativo, mi ha fatto prendere contatto fino in fondo con la nostalgia del melodramma “in presenza”: il momento più straniante della serata, infatti, è stato sicuramente quello finale, con una commovente chiusura del sipario nel silenzio e nel buio della sala.
- Musica: Gaetano Donizetti
- Libretto: Felice Romani
- Direttore d’orchestra: Stefano Montanari
- Interpreti principali: Mariangela Sicilia (Adina, soprano); Bogdan Volkov (Nemorino, tenore); Marco Filippo Romano (Dulcamara, baritono); Giorgio Caoduro (Belcore, baritono); Ashley Milanese (Giannetta, soprano); Mario Brancaccio (L’assistente, mimo).
- Regia: Fabio Sparvoli
- Scene: Saverio Santoliquido
- Costumi: Alessandra Torella
- Luci: Andrea Anfossi
- Assistente alla regia: Anna Maria Bruzzese
- Direttore dell’allestimento: Claudia Boasso
- Maestro del coro: Andrea Secchi
- Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino