Sono state molte le donne frutto del genio poetico che hanno popolato l’immaginario collettivo occidentale. Sicuramente una fra queste è Carmen di Bizet, tratta dalla novella di Prosper Mérimée. Al Teatro Regio di Torino, sotto la direzione di Giacomo Sagripanti, questo personaggio ritorna con la sua intensa drammaticità ad affascinare gli spettatori.
La presentazione al Teatro Regio di Carmen recita così: l’opera di Bizet incarna “conflitti profondi e universali” e viene paragonata al Don Giovanni di Mozart, come contraltare femminile. A ragione, difatti, Carmen incarna una violenza che non risparmia nulla alla sua furia: in continua affermazione di se stessa la protagonista soccombe sotto il peso della sua stessa forza. Qui sta i richiamo alla personalità conturbante e ribelle di Don Giovanni, che si manifesta in lui principalmente attraverso la seduzione. Attorno a questa grande opera francese, dunque, ruota chiaramente il grande tema del Conflitto: la lotta fra amore e odio, violenza e affetto, destino e libertà, ancora per citare lo slogan del teatro torinese.
La regia a cura di Stephen Medcalf ha dato il taglio giusto all’opera, esaltando questa dimensione conflittuale. Non è facile offrire una prospettiva sempre nuova sulla terza opera più rappresentata di sempre; per questo attualizzare la vicenda in chiave moderna è una scelta modesta ma efficace, poiché tiene fede proprio al suo originale realismo – che a Bizet costò invece il fiasco alla première. L’ambientazione è nella Spagna reduce dalla guerra civile, che per il conflitto armato genera un clima di tensione, precarietà e crudeltà. Il palcoscenico è trasformato in un terreno arido, spoglio e desolato, dove fra gli scarti di tabacco calpestato dai soldati nasce un amore folle, contraddittorio. Importanti anche gli effetti delle luci: colori caldi quali il rosso, il giallo e l’arancione illuminano lo spazio rafforzando l’atmosfera “desertica” e tesa. Il dramma ha i presupposti per scatenarsi nella sua forza violenta e passionale.
Sul fronte vocale i cantanti sono stati all’altezza della rappresentazione, seppur con lievi lacune. Martina Belli risulta essere una Carmen di tutto rispetto. Il ruolo le sembra adattarsi perfettamente; con una vocalità morbida ma altrettanto scura, anche negli acuti, risalta genuinamente il carattere dominatore e ribelle della protagonista. Sebbene poi l’Habanera sia stata lievemente monotona, la sua coinvolgente Segudilla era invece uno dei pezzi migliori della rappresentazione. Un ultimo accenno va’ infine alle qualità teatrali spiccate della Belli, che assieme all’impeccabile pronuncia francese hanno reso questa messa in scena completa in tutto, considerato l’alto numero di dialoghi parlati. Peter Berger invece, nel ruolo di Don José, presenta qualche rigidità in più sul versante recitativo, mancando talvolta di una pronuncia corretta e una teatralità poco vivace, o quantomeno sottotono rispetto forse alle necessità interpretative di un personaggio così frustrato emotivamente. In ogni caso, lungi dall’essere lacune gravi, Berger compensa con la sua voce potente ed espressiva, che lascia veramente sorpresi nell’aria d’amore “La fleur que tu m’avais jetèe”; migliorando infine anche nell’azione scenica proprio nell’ultimo atto, quando la follia oramai ha preso possesso dell’uomo. Nei ruoli minori di Michaëla ed Escamillo Giuliana Gianfaldoni e Andrey Kymach: entrambi dotati di bellissime voci espressive meritano sicuramente di essere menzionati per le loro arie soliste, eseguite egregiamente.
Carmen
- Musica: Georges Bizet
- Libretto: Hanri Meilhac e Ludovic Halévy
- Direttore d’orchestra: Giacomo Sagripanti
- Regia: Stephen Medcalf
- Scene e costumi: Jamier Vartan
- Luci: Simon Corder
- Ripresa luci: John Bishop
- Assistente alle scene: Nicole Figini
- Maestro del coro: Andrea Secchi
- Maestro del coro delle voci bianche: Claudio Fenoglio
- Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
- Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi” di Torino