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SANTO GIONATA DA CINISELLO

Più atteso del Capodanno, del bonus monopattino e il vaccino contro il Covid c’era solo il ritorno sulle scene del trap king con le panette, che è rientrato in scivolata sulla scena italiana lasciando tutti (o quasi) di stucco. Ma non è un barbatrucco, è Gionata Boschetti aka Sfera Ebbasta con i suoi stream da record su Spotify a poche ore dall’uscita del suo nuovo album Famoso.

L’ultima fatica di Sfera, preceduta da un battage pubblicitario non da poco (tra gigantografie a Time Square e numeri dedicati di Rolling Stone), sulle spalle aveva delle aspettative non da poco: è dal 2018 e l’esplosione di Rockstar che Sfera Ebbasta è atteso come il Messia. E allora vai di reaction e commenti a pioggia, tra gli elogi dei ragazzini invasati e le recensioni velenose degli pseudo-critici musicali dell’Internet.

Al di là della risonanza nella scena, l’opinione pubblica ha virato l’attenzione non tanto sull’ennesimo album trap su cui sfogare le proprie frustrazioni su Facebook, ma su un evento per certi versi marginale, ma che diventa centrale in un paese in cui il vituperio alle tradizioni e alla nostra fantasmagorica Storia è un reato di lesa maestà: il sindaco di Cinisello Balsamo, Giacomo Ghilardi, ha deciso di dedicare temporaneamente una piazza a “Gionata Boschetti in arte Sfera Ebbasta”, scatenando un putiferio talmente assurdo da costringerlo a scrivere una lettera per dire a tutti di calmarsi.

I fenomeni del boomeraggio compulsivo sui social hanno alzato un polverone facendosi sfuggire il piccolo particolare per cui una persona deve essere morta da dieci anni affinché gli possa essere dedicata una piazza, una via e quant’altro e non cogliendo la palese mossa di marketing per l’uscita di Famoso. E mentre i figli e i nipoti sono chiusi in camera a guardare il documentario prodotto da Amazon Prime dal titolo omonimo delll’album, i genitori e gli zii si scatenano sui social, e qualche nome del giornalismo italiano, loro coetaneo, scrive paginate e titoloni contro questi idoli giovanili scandalosi e offensivi. I familiari delle vittime della terribile strage di Corinaldo, verificatosi nel 2018 in occasione di un’ospitata di Sfera in una discoteca di provincia, si sono detti profondamente feriti da questa decisione, in quanto “non condividono la musica e i messaggi trasmessi” dal rapper, opinione certo legittima ma che, anche per l’interesse che i media continuano a mostrare per quella vicenda, ben oltre i limiti legali del (non) coinvolgimento di Sfera, continua a fomentare i legami tra un cantante e una strage causata da violazioni delle norme di sicurezza che nulla hanno a che vedere con la sua musica. Arrabbiarsi con le istituzioni è faticoso e stancante, meglio sputare veleno contro un artista che ha costruito il suo consenso e il suo successo per vie anomale rispetto a quelle del paternalistico e vetusto sistema che regola lo spettacolo e la canzone italiana e che non è ancora riuscito ad inglobarlo; come ha fatto con Achille Lauro, che adesso non fa più paura, è innocuo, è solo un bravo ragazzo che si veste come Renato Zero e David Bowie. E Mara Venier che lo chiama “bello de zia” suona quasi come un’investitura cavalleresca che incorona il ragazzino che è cresciuto in mezzo alle roulotte.

Eppure l’operazione messa in atto nel docu-film “Famoso” racconta a mo’ di favola Disney, il making of dell’ultimo album, l’ascesa del ragazzetto un po’ tamarro di provincia che sogna l’america, che riempie il forum Assago di Milano cantando di bravi ragazzi nei brutti quartieri. Una favola dalla narrazione completamente edulcorata dall’immaginario che il fenomeno trap ha costruito negli anni e che esplode vigorosamente nelle nuove leve (vedi FSK), nate a ridosso del nuovo millennio, figli fragili dei capostipiti del genere in Italia (almeno come ascolti e diffusione), come la Dark Polo Gang o lo stesso Sfera Ebbasta. E nella favola del self-made man da Cinisello a Hollywood, non c’è spazio per sesso, droga e rock ‘n roll.


Che quella di “Famoso” fosse una sorta di pulizia dell’immagine di Sfera agli occhi del pubblico più ampio e variegato che ormai, lui come la BHMG in generale, da anni sta cercando di raggiungere in favore di uno sguardo internazionale, o meno, il perno su cui ruota tutto è sempre lui, Sfera. Sfera Ebbasta è un imprenditore che non usa i congiuntivi, ha un mitra sulla faccia e crede ancora nel sogno americano. Ha girato il mondo e riempito i palazzetti ma non è mai uscito dalla profonda provincia lombarda, che canta di droga e puttane mentre dice alla mamma di stare tranquilla. Sfera Ebbasta è l’ennesima occasione sprecata per non trattare i giovani come appestati e i loro idoli come untori di degradazione, ignoranza e perdita di valore, senza tentare nemmeno di capire chi sono e perché fanno quello che fanno. È il martire simbolico di generazioni che non hanno il coraggio di fare i conti con la loro arretratezza e il loro triste fallimento.

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Bloody Vinyl 3: chi ha paura della machete?

La Machete e lo scettro della scena italiana

Come la Trinità, i Moschettieri e le Grazie anche la Machete sa che tre è il numero perfetto, e all’alba dello scorso 2 ottobre, è arrivato il terzo episodio della saga Bloody Vinyl Mixtape: dal fantasma della dubstep e lo scratching old school che aleggiavano nel primo capitolo nel 2012, ai primi accenni di 808 nel BV2, tre anni dopo, anche quest’anno, Salmo si riconferma tra i più intelligenti imprenditori musicali del momento.
Astri nascenti, meteore, padri e padrini della scena t(rap) sui beat dei producer di punta dell’anno: questo è Bloody Vinyl 3.
Bastano i nomi: Slait, Tha Supreme, Low Kidd, Young Miles (e una capatina di Greg Willen).

Salmo, copyright ColdMasterKilla / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)

Già con il discusso, amato e odiato Machete Mixtape 4, da cui Salmo è uscito ora come il Cristo Redentore della scena italiana, ora come un pagliaccio venduto, la Machete si era dimostrata quantomeno in grado di intercettare i sound e i nomi del momento, tra cui appunto quello di Davide Mattei aka Tha Supreme, anticipandone l’esplosivo successo che lo avrebbe investito di lì a poco con il primo album targato Epic Records,
sottoetichetta della Sony , 236451.
Bloody Vinyl 3, che sembra aver calmato le acque e momentaneamente anestetizzato le polemiche contro Salmo e l’eterna querelle con Luchè, ha tutte le carte in regola per essere una delle più interessanti uscite dell’anno e stabilire chi è fuori e chi è dentro al gioco.

Mossa azzeccata aprire con i bassi distorti di “Machete Satellite”, in cui, nell’improbabile ma riuscita collaborazione con Taxi B, Salmo rievoca il suo passato metal e hardcore con uno screamo perfetto che sorprende i fan nuovi e accontenta i vecchi, e che suona un po’ come un voler dimostrare la tecnica che vince sugli urli scoordinati di Taxi, e che in fondo ’sti giovani trapper di oggi non si sono inventati niente.
Le sonorità esplosive e il flow destrutturato che segue l’andamento del beat, firme d’autore di Tha Supreme, fanno scintille con i suoni ricercati e tendenti all’elettronica di Young Miles, in due dei brani più riusciti del mixtape: “X 1 MEX” con un beat che guarda alla dance anni ‘90 e con il feat. di Dani Faiv e il suo flow fluido e scorrevole che si incastra con le sillabe sincopate di Tha Supreme e “Baby” feat. Rosa Chemical, che quando si parla di “tre bitch sul dick come Paul”, è sempre in prima fila.
Il sound più dark di Low Kidd viene fuori nei momenti meno d’impatto della tracklist, ma altrettanto riusciti come “Telephone” (feat. Capo Plaza e Sick Luke) e “5G” in collaborazione con Nitro, Fabri Fibra e Jake La Furia.

Che la si veda come una mera strategia di marketing o meno, è innegabile l’intelligenza della mossa, più che riuscita e decisamente di qualità.
A dimostrazione non solo che Salmo, e la Machete con lui, è stato capace di collaborare con i nomi giusti e nel modo giusto, ma anche che è ormai chiaro chi, per un motivo o per l’altro, è fuori dal gioco.

VIDEOINTERVISTA: Travis

Con una vita nella musica, due EP (Travis Scottex, 2018 e Ragazzino, 2019) e la Bilogang alle spalle, Travis è sicuramente uno dei nomi di punta della scena emergente torinese e non.
Ha raccontato la sua quarantena e la sua musica al telefono con noi.

Foto in evidenza: copertina dell’EP “Travis Scottex”, 2018.

PSICOLOGI @ Hiroshima Mon Amour

Gioventù che brucia

“È  dal 2001 che sono insicuro” urlano i giovani e giovanissimi nella sala Majakovskij dell’Hiroshima Mon Amour di Torino, insieme agli Psicologi, che lo scorso venerdì 24 gennaio, hanno cantato tutta la disillusione, la paura, la rabbia della generazione Z.

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VIDEOINTERVISTA: Sconforto

Sconforto è un giovane artista che, dalla provincia sarda e dal punk rock, arriva al pop alternativo in salsa trap a Milano e, con l’ultimo singolo “L?AREO“, anche nella scena torinese.

A Musidams ha raccontato la musica, l’estetica, il futuro di Sconforto.

Un estratto dall’ultimo singolo “L?AREO”, prod. Clvud10

La peste di Vinicio Capossela e Young Signorino

“Un purissimo figlio di Satana”, così il cantautore tra i più premiati dal Club Tenco, Vinicio Capossela, definisce uno degli artisti più controversi, discussi, smontati ed elogiati del 2019: il ventunenne Young Signorino, con il quale sceglie di collaborare per una nuova versione di “Peste”, direttamente da Ballate per uomini e bestie, uscito a maggio dell’anno scorso.

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