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Tra scandali, frivolezze e cipria: Powder Her Face per la prima volta a Torino

L’opera permette di raccontare storie che ancora oggi possono essere attuali. A dimostrarcelo è uno spettacolo inconsueto che con soli cinque interpreti e più di diciassette personaggi, per la prima volta a Torino, va in scena al Piccolo Regio Puccini il 10 marzo 2023: Powder Her Face. Prima opera lirica di Thomas Adès, compositore classe 1971, direttore e pianista della nuova generazione che spazia dalla musica da camera al teatro musicale cantato, dall’atonalità alla musica barocca, dal blues alla musica per cinema. Un artista poliedrico la cui musica viene eseguita in tutto il mondo.

Attraverso il gioco erotico, il gioco di ruoli e un climax di tensioni, Powder Her Face racconta la storia di una donna paladina della libertà ma vittima della sua stessa società: Margaret Campbell, la cui vita fece scalpore nell’Inghilterra degli anni Sessanta a causa dei suoi comportamenti sessuali disinibiti, vede il suo matrimonio e la sua vita andare lentamente in rovina.
Una storia raccontata attraverso flashback: artificio temporale particolarmente difficile da mettere in scena a teatro ma che la regia di Paolo Vettori è riuscita a rendere in modo molto efficace con cambi a vista di cartelli riportanti l’anno della vicenda.

Foto di Andrea Macchia

Musica e canto sembrano essere indipendenti l’una dall’altro ma, in realtà, si fondono in un unico grande spettacolo che trasporta il pubblico in una storia inusuale ma estremamente coinvolgente.

L’ensemble del Regio, costituito da quindici esecutori, è riuscito con grande abilità a sfruttare tutte le capacità degli strumenti. Tra i timbri più inconsueti lo swanee whistle (flauto a pistone), il mulinello di una canna da pesca, rottami di ferro o l’uso di microfoni che sfregano la membrana del rullante o l’archetto che viene fatto rimbalzare sulle corde. Questi colori insoliti hanno suscitato grande curiosità nel pubblico che faticava a cogliere l’origine dei suoni. Un’orchestra impeccabile che è riuscita a modulare in maniera raffinata anche le dinamiche: suoni leggerissimi e quasi impercettibili si sono contrapposti a sonorità sempre più energiche.
Impossibile non lodare il giovanissimo direttore d’orchestra, il ventiduenne Riccardo Bisatti, le cui abilità sono state confermate da questo spettacolo che propone enormi sfide tecniche. Una partitura che sembra essere un luogo in cui nulla è proibito: tango, swing, jazz, sonorità contemporanee e le deformazioni di temi romantici creano una massa strumentale attraverso intrecci di timbri e colori mutevoli.

Non solo la ricerca di una sonorità pregnante ma anche un lavoro sulla timbrica vocale dei quattro interpreti attraverso un continuo alternarsi di momenti di lirismo a momenti di canto parlato, in stile Sprechgesang, e una sostanziale attenzione per i cambi di registro. Particolarmente esteso è il registro di Lorenzo Mazzucchelli, nelle vesti del Direttore dell’hotel, la cui voce risuonava potente in tutta la sala.
Irina Bodganova, soprano che già ottenne un grande successo al Regio nei panni di Berta nel Barbiere di Siviglia, questa volta ha ricoperto il ruolo principale della Duchessa. Unico personaggio sempre al centro dell’azione e che resta sé stessa fino all’ultimo; al contrario, gli altri interpreti, mutano e si spogliano dei loro abiti per entrare in vesti altrui.

Foto di Andrea Macchia

Mescolando lo stile camp – che rimanda a un carattere grottesco – al tema tragico della Duchessa di Argyll, l’opera risulta molto contemporanea: oltre a raccontarci di una società borghese della quale ci si può fare beffe, ci fa assistere ad una rappresentazione attuale della nostra società dimostrandoci la falla che c’è in essa: l’incapacità di resistere alla tentazione di «spiare dal buco della serratura» – come afferma il regista Vettori – e di giudicare l’altro.

L’erotismo, realizzato dalla regia con grande maestria, non è mai risultato volgare. Anche le scene più scabrose sono apparse eleganti e spiritose, e hanno generato spesso una risata negli spettatori. Con un omaggio alle polaroid di Mollino, perfino le fotografie della moglie del Duca in pose seducenti, esibite nel finale del primo atto sulle pareti grigie, si sono integrate perfettamente nella scenografia.
Lo spazio scenico ricordava un manicomio ma in stile déco, con oggetti di una vita ricca e prosperosa. Un allestimento dunque equilibrato, semplice e d’effetto. Il letto in posizione centrale è diventato l’elemento privilegiato: luogo in cui si consumano le scene erotiche della Duchessa, ma anche luogo del giudizio (un tribunale). L’oggetto della passione è finito dunque per rivelarsi anche l’inizio della sua rovina sociale e finanziaria.

Foto di Andrea Macchia

Al contrario del Don Giovanni che può sfoggiare il suo “catalogo”, la Duchessa viene punita dalla società per i suoi comportamenti. Al centro della storia, dunque, c’è una donna emancipata e ribelle la cui vita viene osservata e giudicata senza pietà.

A cura di Ottavia Salvadori