Serata di gala all’Auditorium Lingotto, dove, mercoledì 27 aprile, si è tenuto il concerto di chiusura della stagione musicale. Dopo i Dodici violoncellisti dei Berliner Philharmoniker, questa volta ospite è stata l’Orchestre de Paris, la principale formazione sinfonica del panorama francese attuale, qui diretta da Esa-Pekka Salonen. Il finlandese, già vincitore di svariati prestigiosi riconoscimenti (tra cui sette Grammy Awards), è l’attuale direttore musicale della San Francisco Symphony, nonché direttore onorario della Los Angeles Philarmonic e della londinese Philarmonia Orchestra.
Il programma prevedeva alcuni classici del repertorio d’oltralpe, tra cui la Pavane di Maurice Ravel e soprattutto la sinfonia Fantastique di Hector Berlioz; completava il quadro la suite dal Mandarino meraviglioso di Béla Bartók, di cui il direttore è esperto conoscitore (diverse le registrazioni discografiche, con la stessa Philarmonia di Londra).
In sala predominava un pubblico di giovani (molti, per giunta, studenti di Conservatorio), fedeli rappresentanti di un vivo e crescente interesse per il mondo della classica.
Ad aprire il concerto è stata la Pavane pour une infante defunte di Ravel. Il tema tradizionale delle “tombe precoci” viene espresso, qui, con una sensibilità e raffinatezza tipicamente francesi. Tutto il brano ruota attorno ad un’unica melodia, semplice e struggente.
Questo idillio introduttivo è stato presto spezzato dalle dissonanze armoniche e i ritmi forsennati della suite dal Mandarino meraviglioso di Bartók. L’atteggiamento di orchestra e direttore era radicalmente cambiato: la gestualità della bacchetta si era fatta più marcata e decisa, il suono ottenuto da archi, ottoni, legni e percussioni più secco e incisivo.
Una pausa di venti minuti ha permesso al pubblico di prendere fiato prima di ripartire con la Symphonie fantastique di Berlioz, un caposaldo della produzione sinfonica francese. Divisa in cinque sezioni, l’opera riporta in musica una storia letteraria ottocentesca: un giovane artista innamorato ma non corrisposto, elabora, sotto effetto di un narcotico, visioni oniriche allucinanti, tra cui quella mutevole della fanciulla desiderata. L’immaginario dipinto (fantasmi, scheletri, magia, scene macabre e feste sataniche) incarna in modo esemplare i canoni estetici del filone gotico-romantico di cui Berlioz stesso è portavoce
Dopo quasi un’ora di esecuzione, che ha raggiunto l’apice drammatica nell’ultimo tempo della sinfonia, ci si avviava verso il termine della serata. Il direttore, concedendosi una breve introduzione, ha omaggiato il pubblico con un bis di tutto rispetto: di nuovo le sonorità ovattate di Ravel, questa volta con il Jardin féerique da Ma mère l’oye.
L’orchestra parigina, protagonista della serata, si è distinta per una lodevole capacità di alternare registri e linguaggi così lontani tra loro, pur conservando sempre una fine chiarezza esecutiva. Passaggi tecnici affiancati ad altri più lirici, problemi ritmici complessi sbrogliati con eleganza, sapiente dosaggio delle dinamiche, grande pulizia e omogeneità sonora: queste sono state alcune delle virtù performative che il pubblico ha potuto apprezzare.
L’Auditorium ha chiuso, così, in bellezza una stagione sinfonica, pur in tempi di pandemia, comunque densa e memorabile. L’attesa per l’anno prossimo è già partita.
A cura di Ivan Galli