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ESC TRA MUSICA, POLITICA E UNA TORINO PRONTA A RINASCERE

Il 14 maggio si è tenuta la finale dell’Eurovision Song Contest 2022, che ha visto l’Ucraina trionfare con 631 punti, seguita da Regno Unito e Spagna − rispettivamente con 466 e 459 punti −. L’Italia si è posizionata comunque molto bene nella classifica generale, conquistando la sesta posizione con 268 punti. La serata conclusiva è stata spettacolare e non ha affatto deluso le aspettative che si erano create anche grazie alle due serate precedenti.

Tanti sono stati i momenti clou: dall’apertura di Laura Pausini che ha incantato il palazzetto con un medley della sua carriera musicale completo di cambi d’abito per ogni brano; alla formidabile esibizione di Mika che ha coinvolto l’intero pubblico: anche lui ha portato un medley di alcuni dei suoi inediti più importanti, in uno spettacolo ricco di effetti speciali. Passando poi per i Maneskin che hanno presentato il loro nuovo inedito “Supermodel”; fino ad arrivare a Gigliola Cinquetti e alla sua eleganza senza tempo. Momenti che hanno tenuto il pubblico incollato allo schermo fino alla fine, quando è stato decretato il vincitore.

È stata una vittoria politica?  Sì. Nonostante il nobile sentimento di solidarietà tra popoli − che ha riflesso la situazione geopolitica internazionale −, si sta pur sempre parlando di un contest canoro, in cui la musica dovrebbe appunto essere al primo posto. La canzone ucraina, “Stefania” dei Kalush Orchestra, è ricca di significato e la commistione tra sonorità folk e rap risulta sicuramente originale, ma forse questo non basta dal momento che in gara erano presenti diversi altri brani interessanti sia a livello di linguaggi musicali che di testi. Questa tesi è stata sostenuta dal punteggio che la giuria − composta dai rappresentanti delle diverse nazioni in gara – ha assegnato a “Stefania” è basso: la canzone non raggiunge il podio, nonostante abbia ricevuto il massimo dei punti da parte dei paesi dell’Est Europa. Sarà il giudizio del pubblico a ribaltare poi la classifica generale. 

Già da prima dell’inizio del contest l’Ucraina era la favorita per la vittoria: il trionfo dei Kalush Orchestra è stato piuttosto scontato e per niente inatteso. Come per ogni edizione l’unanimità dei pareri non viene mai raggiunta, e se è vero che l’Ucraina ha vinto anche per quello che sta affrontando, è vero anche che diversi sono stati i paesi rivelazione dell’intero contest e il tempo potrà dare loro giustizia.

Si può dire che anche quest’anno Eurovision sia stata una celebrazione che ha unito tanti paesi sotto il segno della musica: è stato bello vedere gli artisti divertirsi, cantare e supportarsi fra loro nel backstage e tra il pubblico, rappresentando appieno lo spirito della manifestazione. 

Foto: Alessia Sabetta

È proprio su questa dimensione gioiosa che si è concentrata la conferenza stampa di chiusura dell’Eurovision Song Contest, tenutasi il 15 maggio 2022 nel Gran Salone dei Ricevimenti di Palazzo Madama.

Ad aprire la conferenza è stato il sindaco Stefano Lo Russo, che in primis ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile l’organizzazione e la realizzazione dell’evento, considerato un punto di partenza per la produzione artistica di Torino. Questo uno degli elementi principali di tutto l’evento, insieme alla volontà di scommettere su una musica portatrice di un divertimento sano e la scelta del Parco del Valentino come luogo dell’Eurovillage, rivelatosi la location ideale per ospitare grandi eventi. Le prossime sfide che il sindaco ha intenzione di portare avanti riguardano la volontà di non disperdere la visibilità che Torino ha acquisito grazie a ESC, si è detto estremamente felice di sentir pronunciare, durante i collegamenti delle varie giurie, il nome della città. Ci tiene, inoltre a dare strutturalità e progressività al turismo nel corso di tutto l’anno, sfruttando un percorso sistematico di altri eventi inseriti all’interno di un quadro più complesso, di cui Eurovision era solo la punta dell’iceberg. 

Successivamente è intervenuto Alberto Cirio (Presidente della Regione Piemonte), che ha posto l’attenzione sulla capacità di fare squadra e lavorare in sinergia portando a casa uno spettacolo che fin dall’inizio era stato una sfida per la ricerca di luoghi, modalità e risorse, soprattutto nell’incertezza di una pandemia che dopo due anni rappresenta ancora un enorme problema. Eurovision si è rivelata una consapevolezza collettiva e anche per Cirio una delle sfide più importanti sarà quella di non disperdere il patrimonio che Torino ha in mano in questo momento. «Si festeggia un giorno per la sfida vinta, ma da domani si riprende a lavorare» ha annunciato.

Hanno poi preso parola i due produttori esecutivi di Rai. Per prima ha parlato Simona Mattorelli, che si è detta soddisfatta di quanto ottenuto: lo standard raggiunto è stato molto elevato e sono state impiegate le migliori tecnologie e le eccellenze della Rai per raggiungere il miglior risultato possibile. Poi Claudio Fasulo − che ha esordito dicendo «mi sento come la Cristoforetti», perché costretto ad un collegamento via cellulare a causa del contagio da Covid − ha voluto dare qualche informazione di carattere quantitativo, affermando che la media di share tra le ore 21 e l’1 nella serata finale ha aggiunto il 41.9%, coinvolgendo 6 milioni di telespettatori

Infine, Stefano Coletta, direttore di Rai 1, ha parlato in rappresentanza dei vertici Rai. Ha raccontato del lavoro complesso che c’è dietro all’apparato organizzativo, ringraziando tutta la forza lavoro che, instancabilmente, si è data da fare “sotto la linea”. Eurovision è stato il punto di partenza di un percorso di bellezza accolto da Torino, che in collaborazione con la Rai ha deciso di veicolare diversi valori. Ha poi parlato dei tre presentatori fortemente voluti – Mika, Laura Pausini e Alessandro Cattelan −, grazie ai quali si è respirato rispetto, libertà e capacità di dare spessore ad ogni diversità, permettendo in questo modo di far apprezzare al pubblico più generalista ogni sfumatura di eterogeneità. 

Nello spazio riservato alle domande dei giornalisti, Coletta ha poi voluto sottolineare con una punta di orgoglio che «dopo tanto tempo, nel vocabolario mass mediale dei giovani, Rai 1 non è più un canale spettrale». In questo stesso spazio, dopo una domanda relativa all’impatto economico, il sindaco ha voluto affermare che non si sente di parlare di Eurovision solo in termini di entrate e uscite: si è trattato di un investimento, un servizio donato alla città (che doveva ritornare ad avere degli spazi di socialità) e ai giovani, veri protagonisti dell’evento.

Si è affermato infine che è stato costruito un rapporto positivo tra Rai e Torino, dove Eurovision è servito a rinnovare il rapporto con l’ente. Il prossimo passo è quello di dimostrare a Rai che è utile investire nella città di Torino (e di conseguenza anche in tutto il Piemonte), non perché sia nata qui, ma per le dimostrazioni – anche in termini numerici − che sottendono una nuova mentalità, di cui Eurovision si è fatto portatore.

Immagine in evidenza: Nderim Kaceli

a cura di Alessia Sabetta

Il riposo dello stripper – Achille Lauro all’Eurovision 2022

All I need is love”: no, non siamo in un nostalgico revival dell’amore universale anni ’60, ma nel 2022, sul palco del contest musicale più seguito d’Europa. Dietro il microfono c’è Achille Lauro, che canta, ansima, bacia il suo chitarrista Boss Doms, si struscia sulla scenografia, cavalca un toro meccanico, dà fuoco agli strumenti, poi ringrazia e se ne va. I fan sono contenti ma non sorpresi, il pubblico italiano è in visibilio, quello internazionale un po’ meno. Contro ogni pronostico, “Stripper”, il brano che Lauro ha scritto appositamente per l’ESC, non passa in finale e perde contro performance decisamente più sottotono. Domandarsi cosa sia successo è lecito, rispondere è complicato.

La sconfitta di Achille Lauro al Festival di Sanremo era scontata: non solo per un brano debole e che ha soltanto le tinte sbiadite di quello che era stato “Rolls Royce”, nel 2019, ma anche per una performance poco brillante e non certo all’altezza di quello che Lauro ha costruito attorno al suo personaggio e alla sua presenza in determinati contesti. Molto meno ovvia, tuttavia, è apparsa la sua candidatura all’Eurovision 2022 per rappresentare San Marino. Che la visibilità di un palco come quello di ESC fosse nelle mire di Lauro fin dall’inizio è piuttosto chiaro. Come è altrettanto chiaro che qualcosa, in tutti questi corsi e ricorsi, sia andato storto. La figura di Lauro da sempre genera cortocircuiti, come spesso accade con figure investite, più o meno volontariamente, dello stato di icona del momento. Icona della trap a Sanremo 2019 – con un brano che di trap ha poco e niente -, icona di liberazione sessuale e identitaria nel 2020, icona della moda nel 2021: Lauro ha creato attorno a sé, al suo corpo, agli abiti che indossa, a come parla e come scrive, tutta una serie di discorsi che si porta dietro ogni volta che sale su un palco, specialmente in contesti mainstream e popolari.

Foto: Nderim Kaceli

Dal bacio con Boss Doms, alla scenografia in fiamme, agli outfit, quello che il pubblico di Sanremo e quello di Eurovision hanno visto sul palco e in diretta su Rai1 non è niente di nuovo nel progetto artistico di Lauro. Il destinatario del suo spettacolo non è la comunità dei fan, di chi effettivamente compra i biglietti per i live, i vinili in edizione limitata o il merch. L’efficacia dello show di Lauro e il suo team, che ha avuto indubbiamente un forte impatto almeno fino al 2020, dipende anche e soprattutto dal destinatario, dal target che dovrebbe essere più o meno sconvolto nel vedere un uomo con un corpo tutt’altro che androgino o efebico, che gioca con outfit e identità non binarie. Oppure quello ristretto e comunitario che coglie in un brano i continui riferimenti dalla cultura pop o dalla carriera di Lauro stesso, in un infinito rincorrersi di citazioni e autoreferenzialità. Ma l’Eurovision non è Sanremo e “Stripper” non è “Rolls Royce” e forse sta proprio qui la chiave di volta per comprendere – e accettare – l’effettiva sconfitta di Lauro al contest 2022, a discapito di quanto una certa fetta di pubblico italiano pensasse. Se “Domenica” (il brano dello scorso Sanremo) suona come uno svogliato tentativo di riprodurre il senso, le sonorità e gli arrangiamenti di 1969, l’album che ha strappato Lauro alla trap, “Stripper” si inserisce nella direzione degli ultimi due lavori in studio, Lauro e Achille Idol Superstar. L’evidente operazione che Lauro sta inseguendo ormai da anni non è la ricerca della hit radiofonica, ma piuttosto un tentativo di trovare la canzone-inno. La pretesa di una costruzione musicale complessa o ricercata decade, in favore di melodie volutamente immediate, liriche che “parlino a tutti”, strutture semplici e universali. Il focus non è Franco Battiato, ma “Albachiara”, per intenderci. Ma un brano come “Stripper” non funziona su un palco come quell’Eurovision, specialmente nell’edizione subito successiva alla vittoria dei Maneskin, di cui il brano di Lauro, ad una fetta non piccola del pubblico europeo è sembrato una brutta copia. 

Avrebbe funzionato meglio sul palco dell’Ariston? Per quanto sia complicato e forse poco interessante fare la storia con i se e con i ma, vale la pena di riflettere in questi termini. “Rolls Royce”, in un contesto e in un momento in cui Lauro era ancora un perfetto sconosciuto, è suonato come una ventata d’aria fresca in una kermesse stanca e incapace di intercettare le novità. Pian piano le cifre stilistiche di Lauro sono diventate parte integrante del personaggio: il collage di riferimenti pop, la lirica per accumulazione, gli outfit-opere d’arte, il personaggio dandy misterioso che non si capisce mai cosa provi davvero. Tutti questi discorsi sono Lauro stesso ed esistono ogni volta che sale su un palco come quello del Festival di Sanremo, al momento unico luogo in cui funzionano davvero. Senza i precedenti che solo il pubblico italiano coglie, “Stripper” non può avere lo stesso impatto. Ecco che agli ascoltatori europei e appassionati di Eurovision, più giovani, più internazionali, più informati, due chitarre elettriche e qualche riferimento pop non fanno effetto. 

Foto: Nderim Kaceli

Lauro sa scrivere, sa performare e sa interpretare e questo lo ha dimostrato fin dagli esordi della sua carriera, fin dai primi mixtape, da “Barabba” e dalla trap. L’utopistica pretesa di piacere a tutti, la nevrosi di produrre un album all’anno e non riconoscere quando è meglio mollare la presa, le eccessive costruzioni egoriferite che sottendono ogni sua mossa artistica o di marketing: sono forse questi gli ingredienti del cocktail che sta portando Lauro su un terreno pericoloso. “St’amore è panna montata al veleno, ne voglio ancora”, cantava in “Me ne frego” e oggi più che mai suona come uno sguardo allo specchio, una resa, forse inconscia. Lauro, a poco più di trent’anni e in meno di cinque, ha disegnato una parabola che molti artisti non vedranno in una carriera. Ed è proprio questo, forse, il momento di fare un passo indietro, per quanto sia spaventoso. Di vivere così, c’est la vie, Rolls Royce. 

A cura di Clarissa Missarelli

Incontro con Duccio Forzano: la regia di Eurovision

L’Eurovision si è concluso da diversi giorni, ma l’attenzione sull’evento è ancora alta. L’ Università di Torino ha cavalcato l’onda di questo interesse concludendo con il “botto” la rassegna Universo per Eurovision che, nelle scorse settimane, aveva accompagnato studenti, professionisti e curiosi alla scoperta di un festival dalle mille sfaccettature. L’ultimo incontro, dal titolo The sound of Beauty – La Regia di Eurovision, si è tenuto il 18 maggio all’Auditorium del complesso Aldo Moro. In quest’occasione Duccio Forzano, regista di Eurovision 2022 insieme a Cristian Biondani ha dialogato con Daniela Cardini, docente all’Università IULM di Milano. Forzano è uno dei più noti registi televisivi italiani in passato anche regista di diverse edizioni del Festival di Sanremo.

Durante la durata dell’incontro Forzano ha dimostrato la grandissima passione che ha per il suo lavoro, ben visibile sia nel momento pratico in cui deve dirigere la sua troupe – è stato mostrato un video che lo  riprendeva alla regia di Sanremo 2019 –, sia nel momento in cui si è trovato a spiegare i retroscena. 

Il dialogo è stato molto naturale e ha toccato diversi argomenti, accomunati da quella che secondo Forzano è la responsabilità di un regista: quella di raccontare una storia nel pieno rispetto di quello che sta accadendo sul palco, avendo come fine ultimo quello di emozionare il pubblico.

Con un flashback Forzano ritorna agli anni in cui è stato alla regia del programma Che Tempo Che Fa, condotto da Fabio Fazio, ritenendolo uno dei lavori più complessi della sua carriera: il suo inserimento è stato graduale e, dopo essere entrato un po’ in punta di piedi, è riuscito ad integrarsi nel nuovo ambiente, dove ha coniugato semplicità, capacità di racconto e competenze sfruttando regia, scenografia e grafica. Il tutto unito ad un elemento che ha definito come parte di sé stesso: la musica, che gli ha insegnato a comprendere il ritmo e l’esistenza di suoni e silenzi anche nelle conversazioni.

Insegnamento necessario per un regista dal momento che «la regia è ritmo», è la capacità di giocare d’anticipo, prevedendo quello che succederà per garantire allo spettatore maggiore fluidità possibile nella fruizione del prodotto. Proprio riferendosi agli spettatori ha espresso quella loro competenza intrinseca di riuscire a comprendere quando ci sono degli errori nella “grammatica delle inquadrature”, pur non avendo preparazione in campo.

Di lui come fruitore, Forzano si è detto incapace di riuscire a guardare qualcosa senza utilizzare l’occhio critico di chi lavora ogni giorno all’interno della cabina di regia e ne conosce la complessità: si tratta di un lavoro in cui bisogna «codificare» le cose di tutti i giorni e imparare da esse (nel suo caso il tassametro di un taxi o il bagno di un ristorante) e farle proprie, cercando di valorizzare quello che si sta facendo. Valorizzazione che nel caso di Eurovision si è rivelata complessa: Forzano ha raccontato, infatti, che gli artisti avevano in mente una loro idea, spesso non compatibile con la dimensione televisiva. Il suo compito – come quello dell’altro regista con cui ha diviso il lavoro nelle giornate del contest, Cristian Biondani – era quello di portare al massimo delle possibilità l’idea degli artisti, cercando di evitare tutti gli errori del caso.

Foto: Alessia Sabetta

Il risultato ottimale può essere raggiunto solo tramite il lavoro di squadra. Forzano ha affermato che deve esserci sinergia tra regista e operatori, si deve percepire tutta l’energia positiva, e la fiducia deve essere imprescindibile; un rapporto bilaterale che funziona solo nel momento in cui gli input e i feedback arrivano anche da parte della troupe, di cui il regista è pronto a cogliere consigli e osservazioni. Il regista ritiene che Eurovision – o «Eurosong», come spesso gli capita di chiamarlo –, gli abbia fatto comprendere tantissimo riguardo alla visione d’insieme del lavoro.

Per concludere, Cardini ha citato Confucio: «Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita». Forzano ha risposto che svegliandosi la mattina si sente un privilegiato e se è riuscito lui ad arrivare fin qui partendo dai filmini dei matrimoni (dove non veniva pagato), allora tutti possono farcela. Testimonianza, questa, che dimostra che una luce in fondo al tunnel c’è sempre e che a volte, basta perseguire il proprio obiettivo credendoci fino in fondo per raggiungerlo.

a cura di Alessia Sabetta

Musica e moda all’Eurovision: intervista a Eleonora Chiais

Evento inaugurale dell’Eurovision Song Contest, festa e passerella allo stesso tempo, il Turquoise Carpet – tenutosi l’8 maggio nella suggestiva cornice della Reggia di Venaria – ha visto sfilare i concorrenti provenienti dalle quaranta delegazioni dei Paesi partecipanti. Per guidarci alla scoperta degli aspetti salienti della manifestazione che ha dato ufficialmente avvio all’edizione 2022 della più importante kermesse canora a livello europeo, abbiamo intervistato Eleonora Chiais, docente di moda e costume all’Università di Torino.

– Quali sono stati, secondo lei, gli abiti più interessanti del carpet e perché?

Personalmente ho amato tantissimo l’abito di Chanel (rappresentante in gara della Spagna) perché l’ho trovato, oltre che estremamente scenografico, anche molto interessante in termini di riferimenti con la sua cultura nazionale. Un altro vestito che mi è piaciuto molto è stato quello dell’artista greca Amanda Georgiadis Tenfjord, capace di coniugare classico e contemporaneo.

Chanel (Spagna). Foto: Nderim Kaceli
Amanda Georgiani Tenfjord (Grecia). Foto: Nderim Kaceli


– Quale rapporto si instaura tra l’abito sartoriale di alta moda e l’artista?

L’abito sfoggiato sul red (o turquoise) carpet è sempre un abito di scena a tutti gli effetti. Il suo compito, quindi, è quello di comunicare “qualcosa” diventando co-protagonista nella performance di chi lo indossa per la sua capacità di creare (o, più spesso, contribuire a mantenere) il personaggio dell’artista. Pensiamo per esempio al total look Gucci sfoggiato da Achille Lauro.

Achille Lauro (San Marino). Foto: Alessandro Signorelli


– Qual è la relazione tra l’abito esibito e l’immagine che l’artista vuole mostrare di sé?

Come si diceva l’abito è quasi un alleato per ciascun artista perché svolge un ruolo decisamente funzionale, rendendo evidente la volontà comunicativa (e l’obiettivo narrativo) di chi lo indossa. Un esempio molto immediato, e del quale si è parlato molto proprio per la capacità di mettere in scena un messaggio chiaro, diretto e comprensibile a tutti è quello dell’abbigliamento spaziale di Sam Ryder – in gara con il brano “Space Man” – .

Sam Ryder (UK). Foto: Alessandro Signorelli


– Come e in che misura l’abito concorre a veicolare l’identità nazionale oltre che la personalità del singolo artista?

Sul Turquoise Carpet abbiamo visto, come sempre, la maggior parte degli artisti optare (aggiungo orgogliosamente) per creazioni firmate dagli stilisti del loro paese – una tra tutti S10, dei Paesi Bassi, con lo splendido abito rosa con fiori applicati di Victor&Rolf -. Quest’anno però ovviamente gli occhi di tutti erano puntati sull’Ucraina e la scelta di un total black decisamente luttuoso ha trasmesso un messaggio chiaro e inequivocabilmente identitario.

S10 (Paesi Bassi). Foto: Nderim Kaceli
Kalush Orchestra (Ucraina). Foto: Nderim Kaceli

– Secondo lei gli abiti del Turquoise Carpet sono in sintonia con la recente sensibilità per la fluidità di genere?

Al di là delle classiche e immancabili piume – inclusive per il rimando al celeberrimo outfit di Dana International nel 1998 – trovo molto interessante la giacca indossata “a nudo”. Oggi, infatti, guardiamo a Yves Saint Laurent con il suo smoking da donna (da indossare, come si sa, fin dal suo debutto direttamente a contatto con la pelle) come all’artefice di un fondamentale cambiamento di paradigma nella concezione del genere vestimentario. Il fatto di vedere sul Turquoise Carpet la stessa scelta stilistica declinata, questa volta, al maschile secondo me oltre che decisamente citazionista è molto emblematica per il discorso “modaiolo” della sensibilità verso la fluidità di genere.

Mahmood & Blanco (Italia). Foto: Nderim Kaceli

Immagine in evidenza: Nderim Kaceli

A cura di Valentina Velardi

ESC 2022 – Second semifinal: dagli spalti del Pala Alpitour

Si sono concluse le due semifinali dell’Eurovision Song Contest 2022 e Torino non è mai stata tanto europea come in questi giorni. Abbiamo assistito dal vivo alla seconda serata dal Pala Alpitour ed è stata un’esperienza più emozionante di quanto ci aspettassimo.

La prima impressione che ci ha accolti entrando è stata quella di far parte di un evento davvero immenso, molto più grande di noi, soprattutto grazie alle tantissime persone provenienti da ogni parte del mondo. Solo due anni fa sembrava incredibile che presto saremmo potuti tornare a riunirci tutti in un solo luogo!

Ciò che ha colpito dell’evento in sé è soprattutto l’intera macchina organizzativa che sorregge l’Eurovision Song Contest: benché le canzoni siano fondamentali e i conduttori, tutto sommato, siano più funzionali allo spettacolo televisivo che allo show del Pala Alpitour, quello che permette l’ottima riuscita di tutto risiede in un’organizzazione studiata al secondo, con il cronometro proiettato sul main stage per permettere agli assistenti di studio di rispettare la rigida tabella di marcia imposta dal format EBU.

Laura Pausini, Alessandro Cattelan e Mika hanno ricoperto il ruolo da padroni di casa in modo perfetto, seguendo un copione scritto parola per parola che scorreva accanto alle telecamere e segnalava perfino i silenzi. È stato bello vederli “uscire dal ruolo” ufficiale quando arrivava il momento delle esibizioni in gara e unirsi alla green room (quando non anche al pubblico delle prime gradinate) cantando e ballando con le delegazioni che assistevano alle performance. Momenti di distensione che hanno dimostrato come, nonostante l’impegno nel condurre, abbiano anche saputo sfruttare l’occasione per divertirsi.

Il clou della serata, però, sono state le canzoni in lotta per la qualifica in vista della finale di sabato 14 maggio. Uno dopo l’altro a ritmo serratissimo, i 18 brani sono stati eseguiti tra rapidissimi e variegati cambi di scenografia, fiamme e cascate d’acqua. L’entusiasmo del pubblico internazionale (e degli altri partecipanti, tutti nel giardino all’italiana della green room) è stato alle stelle per ogni esibizione, sia delle entry in gara sia degli ospiti. I ragazzi del Volo, eccezionalmente in due (Ignazio Boschetto e Piero Barone) sul palco e uno (Gianluca Ginoble) “a distanza” a causa della positività al Covid rivelata poche ore prima dell’inizio dello show, hanno intrattenuto il Pala Alpitour e gli spettatori a casa con una versione italo-inglese di “Grande amore”, canzone con cui sono arrivati sul terzo gradino del podio all’Eurovision Song Contest nel 2015.

Ora che la settimana più europea dell’anno ha superato la metà e si avvicina al grande finale, essere stati nel pubblico di una delle serate dal vivo – scoprendone i dietro le quinte e i segreti che non si possono vedere da casa – rende l’evento ancora più emozionante e fa sentire parte di qualcosa veramente grande di cui tutti sono allo stesso tempo protagonisti e spettatori, senza confini e senza limiti.

Immagine in evidenza: Nderim Kaceli

A cura di Selene Barbone

ESC 2022: pagelle della seconda semifinale

Lungi dai tempi biblici di Sanremo, la seconda serata dell’Eurovision Song Contest 2022 scorre più o meno velocemente, tra commento fuori luogo di Malgioglio e l’altro. Senza ulteriori indugi, le pagelle delle esibizioni dell’ultima semifinale del contest:

Jezebel – The Rasmus (Finlandia)
La serata è appena iniziata e di colpo siamo nel diario di una emo quindicenne nel 2010. Solo per nostalgici incalliti e scene queens invecchiate.
Voto: Netlog/30

I.M. – Michael Ben David (Israele)
Dopo le chitarre distorte brutte e cattive, la tamarrata dance house, ci sta. Un po’ di voguing qua e là ed è subito Rupaul’s Drag Race. Sashay away.
Voto: 24 /30

In corpore sano – Konstrakta (Serbia)
Una performance ipnotizzante e quel fascino un po’ decadente est europeo. Complici scenografia e coreografia assolute protagoniste, Konstrakta porta a casa un’esibizione interessante.
Voto: 28/30

Fade to Black – Nadir Rustamli (Azerbaijan)
Vestito come una comparsa del Gladiatore, Nadir Rustamli piazza una performance vocale notevole, per un brano totalmente dimenticabile.
Voto: 25/30

Lock me in – Circus Mircus (Georgia)
Del resto, cosa c’è da fare in Georgia se non suonare una sorta di revival brit pop in improbabili outfit un po’ steampunk, un po’ Willy Wonka?
Voto: 27/30

I am what I am – Emma Muscat (Malta)
Quella canzone scartata dall’ultimo film di Disney Channel e ripescata in salsa pop. La quota “accettarsi per quel che si è”, ce la siamo portata a casa anche stasera.
Voto: Hannah Montana/30

Stripper – Achille Lauro (San Marino)
Un romano nato a Verona a cavallo di un toro texano – di nome Roberta – che gareggia per San Marino con una canzone che parla di uno spogliarellista e una cowboy. E Boss Doms.
Voto: old wild west/30 e premio “limone in prima serata”.

Achille Lauro in “Stripper” – Foto dal profilo Instagram di Raieurovision

Not the same – Sheldon Riley (Australia)
Una bella voce potente, melodica, super pop. Lo stile “American Idol” e il testo tanto intimo e personale quanto estremamente retorico lo rendono un valido candidato per scalare le classifiche. Forse l’outfit più bello della serata.
Voto: 26/30

Ela – Andromache (Cipro)
L’emozione può spezzare le gambe ad una performance eccellente. Andromache suona affaticata e non riesce del tutto a far funzionare il suo pezzo. Peccato.
Voto: 25/30

That’s rich – Brooke (Irlanda)
Un pezzo brutto.
Voto: brutto/30

Circles – Andrea (Macedonia del Nord)
Una bella vocalità potente per una performance che ha fatto tremare il Pala Olimpico. Andrea è incazzata nera e sfoga tutto in questa ballad veramente ben fatta.
Voto: 27/30

Hope – Stefan (Estonia)
Giacchetta di jeans con stivali un po’ cowboy, mascellone e sorriso da bravo ragazzo dall’aria rustica. Arriva sul palco ed è Johnny Cash della Lidl, poi inizia a cantare e comprare lo spirito di Aviici, pace all’anima sua.
Voto: 22/30

Sheldon Riley in “Not the same” / Foto dal profilo Instagram di Raieurovision

Llàmame – WRS (Romania)
Chi siamo? Da dove veniamo? Perché c’è un rumeno che canta un reggaeton spagnoleggiante con una cintura della WWI sul palco dell’Eurovision?
Voto: pem pem/30 e premio “appropriazione culturale”

River – Ochman (Polonia)

Nella fiera delle canzoni dimenticabili, Ochman è lo stand che vende sottobicchieri tristi, in fondo, verso l’uscita, quando hai già speso i tuoi soldi e vuoi solo andare a casa.
Voto: oblio/30

Breathe – Vladana (Montenegro)
Difficile non amare Vladana, anche se la sua performance ha dei difetti e il brano non è sicuramente tra i più originali o interessanti, ci ha messo proprio il cuore.
Voto: 25/30

Miss You – Jérémie Makiese (Belgio)
Da 007 a Justin Timberlake è un attimo e Jérémie, letteralmente, salta da un intro alla “Skyfall” ad una sorta di Backstreet Boys un po’ svecchiati, ma nemmeno tanto.
Voto: voglio tornare negli anni ‘90/30

Hold me closer – Cornelia Jakobs (Svezia)
Forse la performance canora più riuscita della serata. Il timbro graffiante di Cornelia, che canta scalza con un gusto un po’ fine anni ‘90, è perfetto per il suo brano. Il pubblico è d’accordo e la premia spedendola in finale.
Voto: 27/30

Lights off – We are domi (Repubblica Ceca)
La cantante, che poi è l’unica ceca del gruppo, in cosplay di Madame, alza il livello di un’esibizione che passa inosservata – come il brano, del resto.
Voto: 22/30

Immagine in evidenza: Nderim Kaceli

A cura di Clarissa Missarelli

ELETTRONICA, BOSSANOVA E NUOVA CANZONE D’AUTORE SUL PALCO DELL’EUROVILLAGE

Il Media Centre di Palazzo Madama ha ospitato un insolito incontro di mondi musicali nel pomeriggio dell’11 maggio. Ginevra, Motel Connection, Johnson Righeira e i Paloma si sono uniti per confrontarsi sull’Eurovision Song Contest e su come la città di Torino stia vivendo questi giorni intensi.

I primi ad intervenire sono i Motel Connection, gruppo di musica elettronica e autori della colonna sonora del film Santa Maradona, di nuovo insieme, dopo una pausa di otto anni, sul palco dell’Eurovillage in compagnia della giovane cantautrice torinese Ginevra. Per Samuel (anche voce dei Subsonica), l’Eurovision Song Contest rappresenta un momento di svolta per la città per riprendere confidenza con i grandi eventi dal vivo e far riemergere la cultura underground per cui è conosciuta. Ginevra, inoltre, sottolinea come il richiamo di Torino sia sempre molto forte in lei, da anni a Milano per far crescere la propria musica.

Anche per i Paloma, nati “in via Rio De Janeiro” e debuttanti sul palco del Valentino, quella dell’Eurovillage è una realtà che permette di rendere viva la scena musicale della città e su cui sperano di poter contare per tanto tempo ancora. La loro produzione si ispira alle sonorità tropicali ed esotiche della musica brasiliana, prima su tutte la bossanova.

Lo stesso immaginario – unito a quello delle canzoni estive della sua infanzia – da cui ammette di aver attinto Johnson Righeira, “giovane della Barriera di Milano” che, con il duo Righeira, ha rivoluzionato la scena elettronica e mainstream negli anni ’80. Il cantante ritiene l’ESC un evento da non lasciarsi sfuggire per recuperare il valore della cultura e della musica live di Torino, nonché un grande momento di aggregazione. Pur non azzardando ipotesi sul possibile vincitore, confida di trovare una certa affinità con i Subwoolfer, il cui nome e la cui immagine pensa che siano geniali.

L’augurio, come affermano i musicisti che si esibiscono all’Eurovillage, è quello di riuscire a mantenere le stesse iniziative anche dopo il periodo dell’Eurovision Song Contest. Immergersi nell’atmosfera portata a Torino dalla manifestazione sembra essere tra gli aspetti preferiti tanto dal pubblico quanto dagli artisti, che sulla scena offerta dal parco del Valentino si incontrano per restituire al capoluogo piemontese, dopo una lunga pausa forzata, il senso di unione e vitalità che solo i grandi eventi sanno dare.

Immagine in evidenza: https://torino.repubblica.it/

A cura di Selene Barbone

I NEGRITA PER LA RASSEGNA TORINO, CHE SPETTACOLO

Il 9 maggio 2022 si è tenuta a Palazzo Madama la conferenza stampa con i Negrita, che hanno presentato il loro concerto nell’ambito della rassegna Torino, che spettacolo. La campagna vuole promuovere le grandi iniziative torinesi di questa primavera-estate, di cui Eurovision fa da capofila.

La band si è detta contenta per il fatto che per la prima volta una manifestazione come Eurovision sia stata presa sul serio dal nostro Paese. Pau (il frontman) spera che l’iniziativa possa essere causa di aggregazione transnazionale: in un mondo in cui siamo quasi “succubi” al dominio americano, questa è un evento democratico; in quanto tale, dà voce a tutti i Paesi allo stesso modo. Inoltre, dopo due anni «spettrali» – così come li definisce – è bello che una manifestazione del genere unisca i Paesi sotto il segno dell’Europa. 

Sempre parlando di Eurovision, Drigo (il chitarrista) si dice contento per la vittoria dello scorso anno dei Maneskin, dal momento che il gruppo è diventato il portavoce del rock. Quel genere che da anni viene definito morto dalla stampa, con un’attitudine che avrebbe in sé – dicono – qualcosa di «sociologico». La loro soddisfazione ha a che fare con il fatto che a vincere siano stati dei giovani italiani che suonano in analogico e non «premendo dei bottoni di plastica»

Rispetto ai cantanti di quest’anno si esprimono in maniera positiva, dicendo che Blanco e Mahmood «spaccano», per poi definire Achille Lauro – in gara per San Marino – un outsider.

In seguito è stata posta una domanda riguardante il loro rapporto con la città di Torino. La band precisa che si tratta di un bel rapporto, dal momento che la generazione di musicisti formati negli anni ’90 ha trovato la sua culla proprio a Torino, da sempre città cosmopolita e molto vivace a livello sociale e universitario. Il legame con la città rimane vivo grazie all’amicizia con i Subsonica, con i live – ricordano l’Hiroshima – e con il rapporto con Carlo Rossi, autore e produttore discografico morto prematuramente – con cui hanno avuto la possibilità di fare esperienze interessanti.

Foto: Alessia Sabetta

L’ultima domanda è rivolta al live di Eurovillage della serata. La band, infatti, è tra gli ospiti che suoneranno sul palco del Valentino. Loro definiscono il live «particolare» perché la band non suonerà al completo, motivo per cui è necessario ricercare nuovi equilibri per far divertire il pubblico.

I Negrita sono poi saliti sul palco intorno alle 22, nella giornata dedicata all’Europa per la pace, con  Pau alla voce, Drigo alla chitarra, Franky al basso e il percussionista brasiliano Itaiata Josè De Sa. 

Il live si è aperto con “Il gioco”, passando poi per successi più o meno recenti da “Rotolando verso sud” – canzone che ha dato loro molto fortuna, hanno ricordato – passando per “Gioia infinita”, per poi chiudere nel bis con “Radio Conga”.  Inoltre, hanno ricordato nuovamente Carlo Rossi dedicandogli “Non torneranno più”. Tra una canzone e l’altra hanno ripetuto quanto fossero increduli nel vedere di fronte ad un palco così tanta gente senza mascherine.

Il concerto ha messo alla prova le norme sulla sicurezza del posto dal momento che ad un certo punto della serata si è raggiunta la capienza massima del luogo e alla stessa band è stato intimato dall’organizzazione di avvisare dal palco i fan ancora in coda che non sarebbero potuti entrare.

Il concerto è durato circa un’ora e mezzo e, nonostante la formazione peculiare, i Negrita sono riusciti nell’intento dichiarato durante la conferenza: migliaia di persone radunate sul prato hanno ballato e cantato con la band. 

a cura di Alessia Sabetta

“Una voce per San Marino”: San Marino all’Eurovision 2022

Nell’ambito di UniversoxEurovision [ne abbiamo parlato qui] sono state organizzate due iniziative per approfondire la questione della partecipazione di San Marino all’ESC. Martedì 10 maggio si è tenuta una conferenza che ha visto dialogare Alessandro Capicchioni (San Marino RTV, capodelegazione di San Marino a Eurovision) ed Emanuele Lombardini (giornalista).

L’intervento si è concentrato sul rapporto – a tratti controverso – tra il microstato, il contest e l’Italia stessa. San Marino infatti è una realtà particolare, dal momento che, pur avendo un’emittente associata al 50% con la Rai, partecipa al Contest per conto proprio. San Marino viene catapultato nel 2008 ad Eurovision, quando partecipa con “Complice” del gruppo Miodio, senza tuttavia riuscire a raggiungere la finale. Si ripresenta all’Eurovision due anni più tardi, dopo un’interruzione causata da difficoltà economiche. Il problema, spiega Capicchioni, è l’assenza di un’industria musicale strutturata, per cui la quantità dei costi necessari alla partecipazione è un ostacolo per i piccoli Paesi.

‘Una voce per San Marino’ è la nuova competizione canora varata per selezionare il rappresentante di San Marino da inviare a Eurovision; ha debuttato tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, e ha visto la vittoria di Achille Lauro. L’artista ha sicuramente dato notorietà al festival innescando − sempre secondo Capicchioni – quell’idea dettata dalle dinamiche televisive, secondo la quale, dato che l’artista è importante, allora la performance dovrà essere necessariamente all’altezza. Il capodelegazione spende delle parole molto positive per Lauro raccontando come l’artista, molto educato e intelligente, costruisca delle vere e proprie storie attorno alle sue canzoni; così è stato anche per “Stripper”, in gara quest’anno. I riflettori sono puntati su di lui, anche perché è un musicista esuberante e per la prima volta si trova a doversi interfacciare con un contesto molto più spumeggiante e vario rispetto a quello italiano a cui è abituato. Ha accettato questa sfida e tutti sono convinti che saprà stupire, come ha sempre fatto.

L’invito finale è quello di seguire Eurovision dai canali di San Marino, per avere uno sguardo del contest diverso e percepire la realtà di San Marino un po’ di più rispetto al solito.

A cura di Alessia Sabetta

Sempre in prospettiva della prima edizione di ‘Una voce per San Marino’ abbiamo intervistato Andrea Lattanzi, giornalista e inviato a Torino per Libertas.sm.

Lattanzi, che sarà a Torino per seguire dal vivo l’Eurovision Song Contest per Libertas.sm – sito web d’informazione di San Marino e della Romagna – ha trasmesso tutto il suo entusiasmo a proposito della manifestazione, insistendo su quanto essa sia fondamentale nell’«unire diversi Paesi e gli artisti che li rappresentano per alcune notti all’anno nel nome dell’amore e del rispetto per la musica, a prescindere dalla storia e dalla situazione politica. È qualcosa di veramente straordinario». 

Iniziamo con l’esperienza della prima edizione di “Una Voce per San Marino”, dicci un po’ com’è andata.

Penso che la prima edizione di ‘Una Voce per San Marino’ sia stata davvero sorprendente sia per me che per tutta la Repubblica di San Marino. È stato un grandissimo piacere e onore aver ricoperto l’incarico di presidente di una delle tre giurie votanti nella serata finale al Teatro Nuovo di Dogana. Io e gli altri componenti della giuria da me presieduta, ossia Gabriele Fazio (giornalista Agi), e Serena Sartini (giornalista Askanews), abbiamo voluto assegnare il Premio della Critica a Mariateresa Amato, in arte Mate, per la sua canzone “DNA – Donna Non Addomesticata” e il suo percorso come artista emergente dalle selezioni alla finale di ‘Una Voce per San Marino’. Con questo evento artistico, San Marino ha attirato su di sé l’attenzione e la curiosità dei media non solo italiani ma anche internazionali per diversi mesi: non è affatto una roba da poco. Inoltre, San Marino ha finalmente un suo Festival della musica, un po’ come l’Italia con Sanremo o la Svezia con il Melodifestivalen. Spero che possa avere vita lunga!

Cosa ne pensi della vittoria di Achille Lauro?

Vittoria meritatissima quella di Achille Lauro alla prima edizione del festival. Stiamo parlando di un vero e proprio performer a 360 gradi, capace di catalizzare la scena con i suoi brani, i suoi outfit e le sue esibizioni. Nel panorama musicale italiano attuale, Lauro è uno dei pochissimi artisti che sperimenta spaziando da un genere musicale all’altro, porta sul palco qualcosa di diverso e sa far parlare di sé in ogni momento. Sono convinto che Achille Lauro, con la sua partecipazione all’Eurovision Song Contest 2022 a Torino, riuscirà a consacrarsi a livello internazionale e, allo stesso tempo, ad aiutare la Repubblica di San Marino a conquistare per la quarta volta la qualificazione alla finale e, magari, a migliorare il 19° posto ottenuto da Serhat nel 2019.

Qual è la prima cosa che pensi se dico Eurovision 2022?

Quando penso all’Eurovision Song Contest 2022, mi viene subito da dire: ‘Finalmente è ritornato in Italia dopo svariati anni. Evviva!’. L’Eurovision Song Contest è una vetrina importantissima anche per la musica italiana e la sua diffusione in ogni parte del mondo; la Rai ha ben compreso questo concetto tant’è che, dal 2011 in poi, si fa rappresentare ogni anno all’ESC da artisti musicali dalle immense qualità: Raphael Gualazzi, Nina Zilli, Marco Mengoni, Il Volo, Francesco Gabbani, Mahmood, Maneskin, ecc. Anche San Marino Rtv lavora sodo ogni anno per far sì che venga rappresentata al meglio la Repubblica più antica del mondo nella manifestazione canora più seguita e apprezzata: le tre finali conquistate nel 2014, nel 2019 e nel 2021 sono un grandissimo risultato per San Marino, a cui auguro di continuare a raggiungere tanti altri traguardi all’ESC.

Come è percepito l’Eurovision dalla popolazione sammarinese?

I cittadini di San Marino di anno in anno sono sempre più appassionati dell’Eurovision Song Contest. Quest’anno, per esempio, in tantissimi hanno riservato ad Achille Lauro una grande accoglienza ogni volta che è salito sul Titano, perché sono ben consapevoli del fatto che, con lui, la Repubblica di San Marino possa ottenere grandi risultati all’Eurovision Song Contest 2022.

 Noti delle differenze rispetto agli altri anni?

Con il passare degli anni ho notato un miglioramento continuo a livello organizzativo e artistico dell’Eurovision Song Contest e lo apprezzo moltissimo! Tempo fa l’Eurovision veniva definito da molti spettatori e addetti ai lavori come una sorta di circo del trash o persino uno spreco di tempo, energie e soldi, ma fortunatamente da qualche anno non la pensano più così: hanno infatti ammesso che l’ESC è una kermesse canora di altissimo livello che ha saputo e sa tuttora limare i propri difetti, migliorarsi e stare al passo con i tempi. Io sono e sarò sempre un grande fan dell’Eurovision Song Contest e spero che, prima o poi, possa diventare un vero e proprio Worldvision Song Contest coinvolgendo i Paesi dell’Africa, dell’America e dell’Asia.

Quali sono le tue canzoni preferite in gara?

Se nelle scorse edizioni mi piacevano al massimo 5-6 canzoni, quest’anno me ne piacciono invece almeno una decina! Apprezzo molto quelle di Italia, San Marino, Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Norvegia, Polonia, Regno Unito, Serbia e Ucraina.

Chi vedi in finale? Facci un pronostico per il podio!

È veramente difficile ipotizzare il podio dell’Eurovision 2022: come dicevo prima, ci sono davvero tante belle canzoni quest’anno. Mi sento di dire, però, che vedo favorite per la vittoria finale a Torino l’Italia, il Regno Unito, la Svezia, la Norvegia e l’Ucraina.

Se dovesse vincere San Marino, sareste pronti? Sarebbe epocale!

In passato hanno vinto il Lussemburgo, il Principato di Monaco, l’Estonia e la Lettonia, anche San Marino potrebbe un giorno trionfare all’Eurovision. Nella vita niente è impossibile!

A cura di Susanna Terenzi

Achille Lauro si esibisce alla finale di “Una voce per San Marino”

Immagine in evidenza: https://www.sanmarinortv.sm/

A cura di Susanna Terenzi