La tappa a Torino segna la conclusione di un tour partito quest’estate che ha toccato molte città italiane, in cui il genio eclettico di Stefano Bollani ha incontrato uno dei grandi maestri del pianoforte, il cubano Chucho Valdés. Il concerto, basato sull’interazione reciproca tra i due, ha emozionato il pubblico dell’Auditorium del Lingotto ammaliandolo con pezzi perlopiù noti, dalla musica classica a quella cubana, passando per la musica italiana.
L’elemento chiave della serata era però il jazz, una sorta di anello di giunzione che collegava tutto il resto, in una comunicazione tra i musicisti fatta di botte e risposte, accompagnamenti e continua improvvisazione.
Ad esempio, il secondo brano suonato da Valdés, “Prelude E minor” di Chopin, che già Gerry Mulligan nel suo Nights Lights aveva trasportato in chiave jazz nel 1963, facendolo entrare nel novero degli standard jazz, è stato rielaborato in un crescendo spettacolare quasi da colonna sonora di un climax cinematografico, portando l’ascoltatore ad immaginarsi un film drammatico nel culmine del pathos.
Il pubblico ha potuto assistere al puro divertimento di due musicisti che giocavano tra di loro, stuzzicandosi, rincorrendosi, scherzando e ballando anche, partendo da un’idea e finendo spesso anche da tutt’altra parte, chiacchierando tra di loro senza mai accavallarsi, arricchendo i brani sempre di qualche idea nuova e i due modi diversi di suonare dei pianisti, il virtuosismo di Chucho Valdés e la versatilità di Stefano Bollani.
Chi ha già visto Bollani in concerto e/o in televisione sa bene che i suoi concerti non sono unilaterali con il pubblico in silenzio ad ascoltare, ma la partecipazione del pubblico è attiva, è invitato a intervenire con il battito di mani a chiamata e l’orecchio sempre pronto a captare qualche citazione nascosta dietro l’angolo.
Durante il tour, Bollani e Valdés hanno avuto modo di conoscersi meglio e scoprire di avere passioni comuni: jazz, latin, musica brasiliana, classica, ma soprattutto un autore che entrambi hanno reso parte del loro repertorio; Renato Carosone. Al bis, presentando “La pansè”, Bollani ha detto: «Lo ascoltavo negli anni ’80, mentre all’epoca si ascoltavano Spandau Ballet e Duran Duran. Obbligavo i membri della mia prima band a suonare questo pezzo, che dedico a loro che ci chiamavamo i Duran Poco», con quella sua vena umoristica che lo accompagna ad ogni concerto, che lo rende un vero intrattenitore e showman.
Come gli spettatori hanno potuto osservare dagli sguardi, dalla sintonia che si era creata nel corso dei concerti e la sinergia che trasmettevano, per Bollani e Valdés non si tratta semplicemente di suonare, ma di dialogare su un argomento, «improvvisare è dire qualcosa e aspettare la reazione dell’altro, grande lezione di ascolto».