Alla soglia degli ottant’anni, Riccardo Muti ha debuttato al Teatro Regio di Torino con Così fan tutte, ultimo titolo del celebre trio di opere italiane composte da Wolfgang Amadeus Mozart su libretto di Lorenzo Da Ponte. Un’opera molto cara al Maestro: fu proprio Così fan tutte infatti il primo titolo mozartiano che Muti diresse nel luogo di nascita del compositore, al Festival di Salisburgo del 1983, su invito di Herbert von Karajan.
Tra le opere di Mozart, Così fan tutte è forse quella più sfuggente e dalla natura meno inquadrabile: allo stesso tempo cinica e sognante, metafisica e illuministica, sembra ambientata in Paradiso e rimane sempre, dolorosamente, ancorata alla natura umana. Mozart, si sa, è compositore che gioca con l’ambiguità, e questa doppia natura dell’opera si ritrova tal quale nella musica, sublime come poche altre e più di altre minacciata da malinconia e disincanto, che qui e là passano come ombre sulle geometriche architetture concepite con fantasia inesauribile dal genio salisburghese. Un’ambiguità che si ritrova nella struttura simmetrica dell’opera: due atti, due coppie, due scambi di persona.
Di tale simmetria sembra aver fatto tesoro la regista Chiara Muti per realizzare la messinscena: pur con qualche variazione, troviamo infatti dall’inizio alla fine sul palco la medesima scatola grigio-azzurra con prospettiva centrale, dalle pareti laterali lisce e lucide e con, sullo sfondo, una simbolica rappresentazione del mare partenopeo sulle cui rive, in teoria, si svolgerebbe la vicenda, in realtà talmente astratta e svincolata dalle nozioni di spazio e tempo che si fatica a collegarla al Settecento napoletano e si tende piuttosto a guardarla come il capitolo di un’Enciclopedia Universale sui rapporti d’amore. Tra i pregi della regia va annoverato questo tentativo di rimanere scenograficamente metafisica, magari facendo anche un poco leva sulla freddezza dell’ambiente, come se i personaggi si trovassero in una teca e i loro comportamenti fossero osservati dall’alto da uno studioso intento a scrivere la suddetta Enciclopedia. Simmetrica era anche, molto spesso, la disposizione dei cantanti sul palcoscenico, soprattutto nei duetti o pezzi d’assieme dalla natura contemplativa come «Soave sia il vento». Tra i difetti, invece, abbiamo notato una certa tendenza all’overacting, questa invece soprattutto nei recitativi, dove nessuno sta fermo un attimo e tutti muovono le mani, la testa, le gambe e le braccia con gesti esagerati, poco astratti, spesso prosaici e talvolta esplicitamente allusivi («tu sei troppo larga di coscienza» dice Fiordiligi a Dorabella seduta con le gambe spalancate, oppure «sulla frasca ancor vende l’uccello» dice Don Alfonso a Ferrando dando col bastone un colpetto sul di lui pennuto), seppur talvolta s’intraveda la volontà di modellare specularmente i movimenti degli attori sul “domanda-risposta” della musica, ad esempio nell’agnizione finale.
Per quanto riguarda la parte musicale, Riccardo Muti ha diretto da par suo l’Orchestra del Teatro Regio: il suo è un Mozart vitreo, cristallino, trasparente e, forse più importante di tutto, teso alla chiarezza della parola. Si percepisce ad ogni istante il lavoro di oreficeria svolto con i cantanti perché intonino limpidamente tutte le sillabe nelle loro minuscole sfumature di significato, assecondando la prosodia del verso a un punto tale da arrivare quasi al parlato. È il motivo per cui Muti ha lavorato esclusivamente con cantanti madrelingua: Eleonora Buratto (Fiordiligi), Paola Gardina (Dorabella), Alessandro Luongo (Guglielmo), Giovanni Sala (Ferrando), Francesca Di Sauro (Despina), Marco Filippo Romano (Don Alfonso). Avere il dominio naturale dell’italiano è però solo il requisito di partenza: il resto è studio, allenamento, fatica. Collaborando per unire «recitar» e «cantando» in quella formula indissolubile che ha dato origine al Melodramma, il papà direttore e la figlia regista hanno portato il sestetto di interpreti a uno stadio di superiore abilità nello scandire con la giusta naturalezza tutte le emozioni espresse dalle parole del libretto di Da Ponte e sublimate dalla penna di Mozart. Più che il volume delle voci o la bellezza dei timbri, è soprattutto questo che fa loro meritare un applauso.
Un doveroso riconoscimento va infine al Teatro Regio, che è riuscito a raccogliere 27.000 spettatori per la trasmissione in streaming dello spettacolo l’11 febbraio, un successo che testimonia l’affetto per un’istituzione che sta impiegando tutte le sue forze perché l’opera rimanga parte della vita di coloro che ne sentono la mancanza. Non resta che dire: continuate così!
Così fan tutte
- Musica: Wolfgang Amadeus Mozart
- Libretto: Lorenzo Da Ponte
- Direttore d’orchestra: Riccardo Muti
- Regia: Chiara Muti
- Scene: Leila Fteita
- Costumi: Alessandro Lai
- Luci: Vincent Longuemare
- Assistente alla regia: Tecla Gucci
- Direttore dell’allestimento scenico: Claudia Boasso
- Maestro del coro: Andrea Secchi
- Interpreti: Eleonora Buratto (Fiordiligi), Paola Gardina (Dorabella), Alessandro Luongo (Guglielmo), Giovanni Sala (Ferrando), Francesca Di Sauro (Despina), Marco Filippo Romano (Don Alfonso)
- Orchestra e Coro del Teatro Regio Torino