Genere musicale o estetica? Fenomeno di consumo giovanile o nuova forma di protagonismo culturale? Sotto l’etichetta punk – termine che non trova una corrispondenza esaustiva nella lingua italiana – rientrano queste e altre declinazioni. La poliedricità del fenomeno è stata ben resa nel seminario che si è tenuto il 20 dicembre presso l’Auditoriom Quazza di Palazzo Nuovo e organizzato all’interno dei corsi DAMS di Popular music e Moda e costume di StudiUm – Dipartimento di Studi Umanistici, in collaborazione con Cinema Massimo – Museo del Cinema di Torino e con il patrocinio del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino.
Cuore della due giorni – apertasi il 19 dicembre e chiusasi il 20 con un doppio appuntamento presso il Cinema Massimo –, la natura interdisciplinare dell’evento è stata ben raccontata da Alessia Masini, autrice del libro Siamo nati da soli. Punk, Rock e Politica in Italia e in Gran Bretagna (1977-1984) (Pacini 2019) frutto del suo dottorato di ricerca in Storia, Politica e Istituzioni presso l’Università di Macerata e da Matteo Torcinovich, musicista artista e grafico autore di diversi volumi tra cui Punkouture. Cucire una rivolta. 1976-1986 (Nomos edizioni) e 1977. Don’t Call It Punk (Goodfellas).
Guidata “spiritualmente” nel suo lavoro dalla capacità di osservazione di Pier Vittorio Tondelli, Alessia Masini ha fornito ai presenti un inquadramento storico e culturale dell’Italia a cavallo tra gli anni di piombo e gli anni Ottanta, identificati generalmente come anni del riflusso dalla mobilitazione post-1968 al privato. La tesi di Alessia Masini si concentra sullo scardinamento di questa semplificazione che tende a ridurre drasticamente la poliedricità del periodo, che in realtà nascondeva diverse forme di protagonismo politico.
A fare da cesura tra questi due decenni sarebbe proprio il movimento punk. Per Alessia Masini il 1977 rappresenta l’inizio del punk in Italia, che trova come canali di ingresso le riviste di movimento come Re Nudo, tra le principali riviste italiane di controcultura che nel maggio del 1977 pubblica un articolo intitolato “Il movimento dell’oltraggio” in cui veniva descritto il clima giovanile londinese dell’epoca. Masini racconta come il punk nasca inizialmente come un fenomeno di consumo giovanile, per ramificarsi poi in una corrente meno politicizzata – coloro che erano più interessati ai concerti, alla musica, all’estetica – e una corrente più politicizzata – nella declinazione anarchica.
La contraddizione del fenomeno punk consiste nell’aver avuto una diffusione di massa – la discografia, la stampa, la moda – ma allo stesso tempo nell’aver rappresentato un fenomeno controculturale. Nel suo intervento e nei suoi lavori Matteo Torcinovich afferma che il punk può essere definito anche come un vero e proprio movimento artistico. Il fatto stesso di scrivere un libro sulla moda punk è una contraddizione, afferma l’autore, poiché originariamente l’estetica punk nasce proprio per essere contro la moda, piegandosi però con il tempo ad una vera e propria codificazione. Il desiderio di protagonismo tipico del movimento si sarebbe declinato nella moda nel concetto del “pezzo unico” – i giovani erano soliti a a personalizzarsi autonomamente i propri capi di abbigliamento, pratica che ha trovato nella tecnica a stampa della serigrafia il suo principale approdo – e nella pratica di tradizione duchampiana della risemantizzazione di oggetti di uso comune come ornamenti a completamento di outfit estrosi.
Durante l’incontro sono stati visionati alcuni brevi reportage dell’epoca come quello di Raffaele Andreassi trasmesso su Rai 2 il 4 ottobre 1977 (reperibile su YouTube), che a vederlo oggi strappa un sorriso per le parole utilizzate dal commentatore per descrivere un fenomeno giovanile in cui “I capelli sono corti, possibilmente con colori assurdi: verde, arancio, viola. L’espressione del viso è dura, senza sorriso. Il linguaggio naturalmente… volgare”.
L’incontro si è concluso con un’interessante tavola rotonda tra i due ospiti in dialogo con Fabio Acca, Eleonora Chiais, Federica Mazzocchi e Jacopo Tomatis.
A cura di Alessandra Mariani