Vercelli celebra Viotti con un indimenticabile pomeriggio musicale in Duomo

Il 4 marzo 2024, Vercelli ha reso omaggio a uno dei suoi figli più illustri, in occasione del bicentenario della morte: il celebre musicista Giovan Battista Viotti, con una sontuosa celebrazione nel Duomo che ha segnato un momento memorabile nella storia della città. La giornata è stata caratterizzata da una grande affluenza di persone, nonostante la pioggia battente.

(G.B. Viotti, monumento Fontanetto Po)

Il Festival Viotti, nato agli inizi degli anni ’90, rappresenta un omaggio vivo al genio musicale del virtuoso violinista e compositore vissuto nel XVIII secolo. Fondato inizialmente come un modesto evento locale a Vercelli, città natale di Viotti, il Festival ha gradualmente guadagnato fama e prestigio nel panorama musicale italiano. Sin dalle sue prime edizioni, ha proposto una selezione eclettica di concerti che spaziano dalla musica da camera ad eventi sinfonici, dalle esibizioni solistiche ai recital di violino.

Il violinista e direttore d’orchestra Guido Rimonda, dopo gli studi al Conservatorio di Torino e la specializzazione con Corrado Romano a Ginevra, ha affinato le sue abilità musicali sotto la guida di eminenti maestri come Giuliano Carmignola e Franco Gulli presso la Scuola di Alto Perfezionamento di Saluzzo. Successivamente ha dedicato la sua carriera alla valorizzazione dell’eredità musicale di Giovanni Battista Viotti, con riconoscimenti nazionali e internazionali. Nel 1992 costituisce la Camerata Ducale e due anni dopo fonda il Viotti Festival dove copre il ruolo di direttore musicale. Col suo strumento, lo Stradivari del 1721 Jean Marie Leclair, Rimonda continua a portare avanti la missione di far risuonare la “voce di un angelo” attraverso la musica di Viotti.

Rimonda assieme a don Luciano Condina, ex-flautista e direttore d’orchestra della Camerata Ducale, coinvolgendo monsignor Denis Silano, direttore della Cantoria Eusebiana e musicologo, ha organizzato quest’evento richiamando un folto pubblico costituito anche da famiglie e appassionati. Le celebrazioni sono iniziate a metà pomeriggio sotto il portico della facciata del Duomo, causa mal tempo, con un omaggio a Viotti della banda musicale di Fontanetto Po. L’evento è proseguito all’interno del Duomo dove è stata eseguita la Messa di Mozart “Dell’Incoronazione”; eseguita impeccabilmente dalla Camerata Ducale, assieme alla Cappella Musicale Eusebiana e al Coro da Camera di Torino diretto da Dario Tabia.

Riproporre la KV 317 nei sontuosi interni del Duomo ha contribuito a esaltare il carattere solenne dell’opera, anche dal punto di vista meramente visivo: gli elaborati interni del Duomo, i colori e soprattutto il tamburo della cupola, sono stati suggestivi. Inoltre, sotto il profilo acustico, i naturali riverberi dell’edificio hanno reso la musica più spazializzata e coinvolgente. Doveroso per la splendida esecuzione citare i quattro solisti: Arianna Stornello (soprano), Giulia Taccagni (contralto), Bekir Serbest (tenore) e Davide Sacco (basso).

Al termine del “Dona Nobis” è seguita la funzione liturgica celebrata dall’arcivescovo Arnolfo. Interessanti gli interventi musicali di composizioni da vari autori, tra cui: Orlando di Lasso (Oculi mei semper ad Dominum, 6 voci), Pierluigi da Palestrina (Justitiae Domini) e Francesco Antonio Vallotti (Ave Regina caelorum). Nonostante la densità del programma, questi interventi musicali hanno reso più scorrevole la funzione.

In serata, al termine della liturgia, ci viene dato il commiato dal Concerto per violino e orchestra n. 29 in mi minore di Viotti, dove Guido Rimonda (in veste di violino solista) ha fatto cantare il suo Stradivari sulle note del compositore vercellese, accolte da un grande applauso.

A cura di Joy Santandrea

Puccini: La Fanciulla del West al Teatro Regio

“Non siamo disposti a perdonare! Si perdona ciò che si vuole! Allora perdonerete!”

Sono frasi significative che inaugurano la messa in scena dell’Anteprima Giovani under 18-30 del 21 marzo 2024 al Teatro Regio con “La Fanciulla del West”, l’opera lirica in tre atti composta da Giacomo Puccini, su libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini. La sua prima rappresentazione è avvenuta al Metropolitan Opera House di New York nel 1910. L’Opera è stata presentata prima dell’Anteprima Giovani, mercoledì 20 marzo al Piccolo Regio alle ore 18, nella conferenza-concerto condotta da Susanna Franchi.

Dal punto di vista del genere, La Fanciulla del West mescola elementi di dramma e lirismo. È un’opera che si colloca nel contesto del verismo, un movimento artistico che rappresentava la vita reale e le emozioni umane in modo crudo e sincero. Tuttavia, quest’opera si distingue per la sua ambientazione americana e per l’inclusione di temi legati al Far West, raggiungendo una certa originalità tra i titoli di Puccini. Sotto il punto di vista musicale, utilizza melodie popolari americane, come le “ballate del West”, insieme a motivi più operistici. La partitura è caratterizzata da una scrittura vocale impegnativa e da un’orchestrazione incalzante che riflette i sentimenti e le atmosfere dell’ambientazione.

La direzione orchestrale viene affidata a Francesco Ivan Ciampa, il quale con grande maestria crea una forte sinergia tra la componente orchestrale e quella canora. La regia viene condotta da Valentina Carrasco, la quale si ispira nell’allestimento al genere cinematografico degli “spaghetti Western”: manca solo la figura di John Wayne in Ombre Rosse per chiudere in bellezza! Il palco del tempio lirico del Regio diventa “un set cinematografico” in cui tutte le scene vengono girate e riprese dal vivo dai macchinisti, coordinate dal regista e infine proiettate sullo schermo visibile in sala dagli spettatori per cogliere i momenti più significativi e precostituiti dall’Industria degli effetti speciali cinematografici. I momenti solistici ribaltano la situazione di ripresa di realtà in cui viene meno la dimensione cinematografica ritornando alla dimensione operistica.

Le scene sono realizzate da Carles Barga e Peter Van Praet grazie all’utilizzo di tecnologie quali pannelli digitali retrostanti removibili in cui si ha la proiezione della neve (rappresenta la stagione invernale) e delle immagini collinari (il tipico finale Western dei due innamorati che si dirigono verso terre sconosciute e inesplorate). Si ha un’intuizione geniale nell’utilizzo dei cantanti secondari (i nativi americani, i cosiddetti “pellerossa”), con un cartello di protesta per effettuare un attacco satirico ed ironico contro la discriminazione razziale e l’integrazione forzata di comunità minoritarie all’interno della cultura bianca dominate.

La fanciulla del west
Foto di Daniele Ratti

Grande lavoro è stato svolto da Ulisse Trabacchin nella direzione corale della sezione maschile (baritoni e tenori), i quali hanno saputo mescolarsi con le voci solistiche creando una comunanza di cuori verso la storia d’amore tra la cameriera del Saloon Minnie (il soprano Oksana Dyka) e il bandito Ramerezz (il tenore Amadi Lagha) osteggiata dallo sceriffo Jack Rance (il baritono Massimo Cavalletti).

La Fanciulla del West, rispetto alle altre opere pucciniane, si conclude con un finale inaspettatamente lieto in cui è la donna a dominare sulla scena rispetto alla presenza maschile, ed essa non diviene vittima dell’uomo, anzi diviene figura che redime, mitiga ed espia le colpe di tutto il genere maschile.

A cura di Angelica Paparella

Sanremo 2024 − Le pagelle della serata cover

Tra problemi tecnici, borsettine scippate e pubblico in rivolta dopo i primi cinque posti si è conclusa la penultima serata sanremese. 

Sangiovanni e Aitana – Medley “Farfalle” e “Mariposas”

Aitana (molto brava) e l’arrangiamento orchestrale sono un tentativo di innalzare una canzone poco interessante. Ma non aiutano.

Voto: premio autostima 

Annalisa, La Rappresentante di Lista, Coro Artemia – “Sweet Dreams”

Bello l’incastro tra le diverse voci: la Rappresentante e le sue note acute, Annalisa con il tono graffiante, il coro che si dimostra una presenza piacevole e non eccessiva. Tutto si incastra bene, in una performance bella, potente e con una spinta fortissima. Annalisa risponde a chi continua a dire che è brava solo a fare brani per i lidi.

Voto: 27

Rose Villain e Gianna Nannini – Medley Gianna Nannini

Rose non inizia al meglio, si riprende, e le due insieme tentano un’armonizzazione che di armonico ha poco, per poi contagiare anche Gianna Nannini che dimostra difficoltà di intonazione. Il tutto termina con un “sei nell’animaaaaaaa” fin troppo urlato. Il pubblico nonostante ciò sembra apprezzare.

Voto: 18, ma con qualche lezione di canto in più

Gazzelle e Fulminacci – “Notte prima degli esami”

A parte un po’ di incertezza iniziale regalano un momento mistico − complici alcune armonizzazioni inaspettatamente ben riuscite − con l’Ariston illuminato dalle torce dei cellulari come se fossero davvero tutti riuniti fuori dai cancelli della scuola la notte prima degli esami. I due sono stati bravi in fin dei conti.

Voto: 23

Thr Kolors e Umberto Tozzi – Medley Umberto Tozzi

Umberto Tozzi intermezzato da Italodisco perché la persecuzione fino al mese scorso non ci bastava.

Voto: 22

Alfa e Roberto Vecchioni – “Sogna ragazzo sogna”

Sembra strano sentire Alfa cantare qualcosa che non sia una canzonetta per TikTok e infatti, dopo un iniziale annebbiamento accanto a Vecchioni, si riprende la scena con la strofa inedita dimostrando di potersi dedicare a qualcosa di più interessante di una canzone che inizia con “Yoo-hoo”.

Voto: 23

Bnkr44 e Pino D’angiò – “Ma quale idea”

Iniziano col botto intonatissimi con l’accompagnamento al pianoforte: basterebbe già così. Non fosse che regalano una performance leggera e divertente senza prendersi veramente sul serio (marchio di fabbrica del collettivo). La base musicale originale, con innesti testuali inediti che non sembrano fuori posto, aggiungono il tocco in più. E quindi se la sono giocata benissimo, bravi! 

Voto: 28

Irama e Riccardo Cocciante – “Quando finisce un amore”

Irama è una comparsa rispetto a Cocciante, che lo annichilisce del tutto. La canzone è tra i pilastri della musica italiana, ma l’esibizione ha il sapore di un compitino in cui Irama non eccelle

Voto: 18

Fiorella Mannoia e Francesco Gabbani – Medley “Che sia benedetta” e “Occidentali’s karma”

Almeno si sono divertiti, contenti loro.

Voto: 19

Santi Francesi e Skin – “Hallelujah”

Hallelujah rischia di risultare banale, vista la ridondanza con cui viene proposta. Ma Skin è bravissima e anche Alessandro De Santis sfoggia tutte le sue doti canore. Partono con una bella spinta e crescono d’intensità, fino a un momento di stacco che all’inizio ha un impatto un po’ strano. Ma tutto sommato sono potenti.

Voto: 26

Ricchi e Poveri e Paola & Chiara – Medley “Sarà perché ti amo” e “Mamma Maria”

Che succede se le regine del trash di Sanremo 2023 incontrano i reali del trash Sanremo 2024? Qualcosa di talmente tanto caotico che Grignani e Arisa, l’anno scorso, in confronto sono stati dei pivelli. 

Voto: Angela rivelaci la ricetta dell’allegria

Ghali e Ratchopper – Medley dal titolo “Italiano Vero”

Il tentativo di provocazione è evidente, però sembra manchi qualcosa e infatti è un po’ sottotono. Tuttavia, Ghali sta sfruttando il palco del Festivàl per fare politica con la sua arte e bisogna dargliene atto.

Voto: 24

Clara, Ivana Spagna, Coro Voci Bianche – “Il cerchio della vita”

Togliere la parte in lingua zulu dal cerchio della vita è come togliere il soffritto dal ragù.  Un po’ insipida.

Voto: 20

Bertè e Venerus – “Ragazzo mio”

Venerus è tra le figure più interessanti del panorama indie/alternative: lo dimostrano gli esperimenti con le cover di Battisti che ha proposto nel corso dell’ultimo tour e la produzione inedita. Piazzarlo sul palco solo per fare l’accompagnamento chitarristico è un grandissimo spreco. Peccato per l’occasione ghiottissima di cui siamo stati privati.

Voto: le aspettative erano troppo alte

Geolier, Guè, Gigi D’Alessio, Luchè – Medley dal titolo “Strade”

Un mix di strade un po’ sgarrupate in un’esibizione studiata per rimanere sobria. Ma piazzare Gigi D’Alessio non è propriamente la scelta più sobria.

Voto: 18 per la simpatia

Angelina Mango e Quartetto d’archi dell’orchestra di Roma – “La rondine”

Angelina Mango decide di dare il tutto per tutto e fa versare le lacrime ai presenti e non solo. Si preannunciava una performance commovente, ma nessuno se l’aspettava così tanto da lasciare attoniti.

Voto: cosa le si può dire?

Alessandra Amoroso e Boomdabash – Medley 

Alessandrina cara hai aperto con un frammento soul e con la voce graffiante con cui potresti fare faville, ma poi hai deciso di trasformare l’Ariston in un lido di Gallipoli a metà agosto per un momento di celebrazione salentina. Tutto condito con il pathos di un arrangiamento degno del premio oscar per la miglior colonna sonora. 

Voto: premio Salentu intra lu core 

Dargen D’Amico e Belnova Orchestra – Omaggio a Ennio Morricone

Nonostante le dissonanze del pianoforte e dei violini, l’attenzione si focalizza sulle parole del testo e neanche Dargen perde l’occasione di farsi portavoce di messaggi sociali.

Voto: 23

Mahmood e Tenores de Bitti – “Come è profondo il mare”

Mahmood sa di essere bravo e non perde occasione per dimostrarlo. Alla fine però, passa in sordina.

Voto: sei il primo della classe e lo sai

Mr.Rain e Gemelli diversi – “Mary”

Stava andando tutto bene finchè Mr. Rain non ha iniziato a cantare “Supereroi”.

Voto: 18 politico

Negramaro e Malika Ayane – “La canzone del sole”

Sangiorgi e Malika inscenano la storia di due ragazzini alla prima cotta, che si sfiorano e si scambiano sguardi con gli occhi a cuoricino mentre lui le dedica “le bionde trecce” che quando hai 13 anni fa sempre figo.

Voto: premio saggio dell’oratorio

Emma Marrone e Bresh – Medley Tiziano Ferro

Se c’è Tiziano Ferro il momento karaoke parte spontaneamente, quindi sarebbe stato difficile fare male. In più Emma funziona bene con i trapperini. Comunque l’esibizione passa un po’ inosservata.

Voto: 19

Il Volo e Steff Burns – “Who wants to live forever”

Solo a Il Volo poteva venire in mente di interpretare i Queen in chiave lirico-pop. Il motivo rimarrà per sempre sconosciuto.

Voto: tutto bene da lassù, Freddie?

Diodato e Jack Savoretti – “Amore che vieni, amore che vai”

De Andrè è sempre molto rischioso, ma i due si destreggiano bene in una cover che non è niente male.

Voto: 23

La Sad e Donatella Rettore – “Lamette”

Loro hanno detto «non deve avere senso, deve solo sembrare un casino», anche se Donatella Rettore a stento si regge in piedi e continua a urlare nelle sue interazioni con Amadeus.

Voto: 20

Il Tre e Fabrizio Moro – Medley Fabrizio Moro

C’è davvero bisogno di dire qualcosa sull’ennesima esibizione di Fabrizio Moro che canta Fabrizio Moro?

Voto: ci vediamo la prossima edizione

Big Mama, Gaia, Sissi, La Niña – “Lady Marmelade”

Il quartetto femminile da uno scossone da torpore portando sul palco tutto il girl power, slay, sorellanza di cui c’è bisogno. Per fortuna, anche.

Voto: 25

Maninni ed Ermal Meta – “Non mi avete fatto niente”

Vedi Fabrizio Moro, con una piccola variazione: se i bidoni fossero stati microfonati avrebbero fatto la differenza.

Voto: ci vediamo la prossima edizione

Fred De Palma ed Eiffel 65 – Medley Eiffel 65

Arrangiamento orchestrale, dance pop, freestyle e autotune creano un marmellone di cose che sembra addirittura piacevole alla quarta serata in cui ci costringiamo a questo supplizio (un po’ masochista, ma Sanremo è Sanremo). In condizioni normali non reggeremmo neanche dopo le prime quattro battute. In più loro si improvvisano animatori della casa di riposo cercando di dare una svegliata al pubblico.

Voto: ma che bravi questi animatori!

Renga e Nek – Medley di Renga e Nek

Questa notte è stato definito l’ottavo peccato capitale: Renga e Nek che si autocelebrano cantando i loro successi. Come se non bastasse, alla fine dell’esibizione mettono su un teatrino che dovrebbe far ridere. E invece fa solo sperare che tutto finisca in fretta.

Voto: premio egoriferiti

a cura di Alessia Sabetta

Beyond: uno spettacolo che va ‘‘oltre’’ un classico concerto di musica barocca

La sala concerti del Conservatorio «G. Verdi» di Torino è considerata un luogo composto, in cui vige una sorta di sacralità. Il 6 dicembre 2023 qualcosa è cambiato: il controtenore Jakub Jòzef Orliński, accompagnato dall’orchestra Il Pomo d’Oro, ha portato in scena non solo un concerto di musica barocca, ma un vero e proprio «show» come lui stesso l’ha definito. Beyond – che tradotto significa “oltre” – vuole proprio essere la dimostrazione che la musica barocca vada oltre i tempi e, quindi, sia sempre attuale.

Protagonista indiscusso della serata è stato, appunto, il controtenore polacco Jakub Jòzef Orliński che, diplomatosi alla Juillard School di New York nel 2017, è riconosciuto come uno degli interpreti più vivaci e attivi della scena musicale classica internazionale, si è affermato sia nelle esecuzioni live sia in studio. Inoltre è un grande appassionato di danza. Egli stesso avverte un collegamento tra la musica barocca e la breakdance: entrambe rappresentano la libertà di espressione e aiutano a trovare l’equilibrio psicofisico. Inaspettatamente ha voluto condividere questa passione mercoledì sera con il suo pubblico, abbinando la danza all’esecuzione di La certezza di tua fede da Antonino e Pompeiano di Sartorio. L’orchestra Il Pomo d’Oro, fondata nel 2012, si è presto affermata come un ensemble di qualità eccezionale nel campo dell’esecuzione storicamente informata. La collaborazione tra Orliński e l’orchestra nasce nella stagione 2020-2021 per concerti in Nord Europa con una selezione dall’album Facce d’amore. Negli anni la collaborazione è proseguita, arrivando a grandi successi come il premio Opus Klassik per l’album Anima Sacra, fino ad oggi con l’album Beyond.

Unione Musicale – ph Luigi De Palma

La chimica tra il cantante e l’orchestra si è percepita fin dalle prime note: non sono mancati sguardi e sorrisi tra di loro. A sottolineare quest’affinità gli abiti che, avendo lo stesso colore e ricamo, creavano ancora più armonia sul palco.

Il pubblico era attento alle parole, ai gesti e alle espressioni del cantante che si è esibito con una teatralità affatto stucchevole. Per creare sempre più contatto con gli spettatori, durante l’esecuzione della Sonata per 2 violini in fa maggiore di Johann Kaspar Kerll, il controtenore, tenendo in mano la luce posizionata al centro del palco, è sceso in platea. Ha girato tra le poltrone e da qui ha iniziato a cantare L’amante consolato da Cantate, ariette e duetti op. 2 di Barbara Strozzi, generando commozione e incanto. Molto apprezzata è stata la sua cura per la dizione: si riusciva a seguire e capire ogni parola senza leggere il testo. Orliński ha riservato grande attenzione anche alla sua immagine. Voleva apparire moderno e assolutamente non composto… e ci è riuscito abilmente. Riguardo propriamente ai suoi abiti, il cantante ha fatto un uso molto saggio di un capo in particolare: il mantello. In alcuni momenti era il soggetto con cui dialogava e ballava, mentre in Quanto più la donna invecchia – Son vecchia, pazienza da L’Adamiro di Giovanni Cesare Netti l’ha utilizzato per immedesimarsi anche visivamente in un’anziana signora.

Unione Musicale – ph Luigi De Palma

Il pubblico ha capito fin da subito il messaggio trasmesso dai musicisti: andare oltre il classico concerto si può e, nonostante il target d’età presente, lo spettacolo è stato accolto molto positivamente. Alla fine la sala rimbombava di applausi e complimenti, e dalla grande approvazione non è mancata la standing ovation. Contagiati da questo entusiasmo i musicisti, pur mantenendo la concentrazione, hanno eseguito più rilassati tre bis: Chi scherza con amor da Eliogabalo di Giovanni Antonio Boretti, Lucidissima face da La Calisto di Francesco Cavalli, Che m’ami ti prega da Nerone di Giuseppe Maria Orlandini, tutti e tre presenti nel loro album Facce d’amore. L’atmosfera creata era più divertita, sembrava di essere ad una serata tra amici. È stato coinvolto anche il pubblico, improvvisando un duetto con il cantante, il quale ha dato sfoggio della sua grande estensione vocale, toccando note molto basse e molto alte. In conclusione hanno replicato La certezza di tua fede da Antonino e Pompeiano di Sartorio. Orlinski ha inaspettatamente accompagnato l’assolo di chitarra con il beatbox, generando stupore e curiosità negli ascoltatori, e infine ha nuovamente ballato, suscitando un grande visibilio nel pubblico.

Non solo musica barocca, quindi, ma uno spettacolo davvero originale e coinvolgente che va ‘‘oltre’’ le aspettative di un concerto di musica classica.

A cura di Roberta Durazzi

La Tragédie De Carmen: un’opera attuale e imprevedibile

L’opera torna al Teatro Concordia di Venaria Reale grazie alla collaborazione con la Compagnia Lirica Tamagno: un’impresa fondata nel 1992 attiva nei territori piemontesi per portare in scena opere liriche di tradizione e diffondere la cultura musicale ad un pubblico popolare, privilegiando teatri i cui cartelloni non prevedono una programmazione operistica.

Tutti conoscono la celeberrima opéra-comique di Bizet, Carmen, ma pochi conoscono l’adattamento di Peter Brook: La tragédie de Carmen, un progetto radicale che ridimensionò la partitura originale in un atto unico per orchestra da camera, spogliandola delle scene corali. Brook non si limitò solo a questo, ma accelerò il ritmo del racconto adeguando il tempo musicale e esplorò gli intricati legami tra i quattro personaggi principali: Carmen, Don José, Micaela, Escamillo.

Foto di Lunasoft Video Produzioni

Dopo il debutto a Savigliano, va in scena al teatro Concordia quest’opera controversa, con la nuova edizione del Circuito Lirico Piemontese guidata alla regia da Alberto Barbi, attore e regista torinese con una
formazione artistica eterogenea che va dal teatro di parola al teatro fisico, dal circo al musical. Barbi propone un’opera che si rifà all’idea di spazio vuoto teorizzata da Brook: il palco è una scatola bianca, chiusa su tre pareti, dove recitazione e canto si uniscono per far emergere solo i personaggi e i loro drammi attraverso un mescolamento di parlato e canto. Accanto alle arie in francese dei quattro personaggi principali, vi sono – al posto dei recitativi – momenti di prosa parlata in italiano; personaggi come il tenente Zuniga e il taverniere Lillas Pastia si esprimono con semplici parole declamate.

Si apre il sipario, dieci rintocchi di un timpano solo, la scena deserta con un solitario tavolo posizionato in verticale al centro del palco; tutto contribuisce a creare un’atmosfera funerea. Accovacciata e nascosta dietro di esso, Carmen indossa vestiti neri, un velo scuro sul volto e tiene tra le mani le carte, simbolo del tragico destino che la vita le riserva ed elemento fondamentale per la rappresentazione della sua personalità. Da questo momento Carmen, donna emancipata e indipendente, non abbandonerà praticamente mai la scena. Personaggio affidato a Irene Molinari, mezzosoprano laureatosi al Conservatorio di S. Cecilia di Roma e vincitrice di concorsi nazionali e internazionali, con la sua potenza vocale incanta il pubblico grazie alla sua capacità di passare da un registro grave ad uno più acuto con grande versatilità.

Foto di Lunasoft Video Produzioni

La scena, spoglia di tutti quegli elementi considerati superficiali, presenta solo pochi oggetti: il tavolo, presente per tutto lo spettacolo e che assume diverse funzioni – come per esempio quella di prigione – e delle sedie che nel finale circondano Carmen e la imprigionano in un cerchio, simbolo del suo destino ormai segnato, e che rappresentano, forse, la solitudine nella quale ormai si trova; nessuno al suo fianco ma, a proscenio, la sua antagonista Micaela che sembra trasformarsi nello spirito di Carmen e non trova il coraggio di rivolgere lo sguardo verso il suo vero corpo. Altro elemento pregnante della scenografia sono le luci che virano dal blu al rosso passando per il verde: giochi di luci omogenee che talvolta creano ombre misteriose sulle pareti di grande effetto scenico.

Foto di Lunasoft Video Produzioni

Alcune scelte puntano ad attenuare il dinamismo che domina nell’opera di Bizet. L’habanera, una delle arie più famose dell’opera e che nella versione originale stimola grande fisicità, corporeità e imprevedibilità, viene trasformata da Barbi in una scena priva di danza e di movimento. I pochi gesti di Carmen appaiono rigidi e la scena immobile. Anche l’orchestra Bartolomeo Bruni, affidata al giovane Takahiro Maruyama, accoglie le novità proposte da Brook. I timbri si disgregano e i colori si disperdono nell’ambiente. Non solo, dunque, una scena priva di elementi decorativi ma anche l’ambiente sonoro viene spogliato e reso essenziale.

Brook decide di mettere in luce gli aspetti più crudi della vita e i conflitti tra i personaggi sacrificando, così, gli elementi più sensibili e romantici. L’aria “La fleur que tu m’avais jetée” viene, infatti, deliberatamente separata dal duetto tra José e Carmen per fare spazio ad una scena in cui emerge il lato più violento di José che uccide Zuniga e si scontra con Escamillo in una lotta posticcia a “colpi di navaja”.  L’atmosfera passionale del duetto viene pertanto bruscamente interrotta dal lato oscuro e cruento della storia. “La fleur”, ridotta ad una sola strofa, appare come un momento solitario: José solo in scena rivolge lo sguardo e il suo canto al pubblico. Carmen entra in scena in modo furtivo ma si mantiene a distanza per contemplare le parole proferite da José. Ignaro della presenza della sua amata, continua a cantare e, solo dopo la sua dichiarazione esplicita del suo amore con le parole “Carmen ti amo!”, si volta verso di lei come se avesse intuito la sua presenza. Perfino Micaela viene rappresentata come una donna a tratti violenta, che litiga con Carmen. Lei, donna spirituale che sin da subito dimostra la sua devozione nei confronti di un Dio, donna semplice portatrice del bacio materno a Don José, viene aizzata dalla donna seduttrice e passionale. Una lotta che diventa antitesi del finale: dopo l’uccisione di Carmen, Micaela piange disperata accanto ad un altarino. È proprio in questo momento che si tornano a sentire i rintocchi funebri del timpano che diventano eco di un viaggio umano che ha attraversato l’amore e la perdita portando lo spettatore a meditare sulle sfumature dell’animo e a riconoscere l’eterno divenire della vita.

Foto di Lunasoft Video Produzioni

Forse la regia, consapevole della complessità della storia, ha deciso di non inviare un messaggio univoco al pubblico, evitando di schierarsi esplicitamente dalla parte di Carmen o da quella di José. In questo spettacolo aperto a diverse interpretazioni, la storia di un femminicidio 800esco diventa specchio della tragica attualità nella quale ancora oggi siamo immersi.

A cura di Ottavia Salvadori

C2C: Torino diventa capitale italiana dell’Avant Pop

Che il C2C sia uno dei festival italiani più attesi all’anno lo si può notare dalla quantità di spettatori giunti, nelle giornate di venerdì 3 e sabato 4 novembre, a Lingotto Fiere. Per l’occasione i padiglioni hanno cambiato veste grazie alle installazioni luminose, creando la giusta atmosfera per l’immersione totale in un altro mondo. Due palchi, il main e lo Stone Island, che ospitano un’eterogeneità di artisti più o meno conosciuti della scena avant-pop ed elettronica. Da anni il festival riconferma la sua mission: essere un punto di riferimento, in Italia, per gli amanti di una certa estetica sonora. E ci riesce benissimo.

C2C
Foto di Elisabetta Ghignone

Dopo il dj set nella giornata di giovedì, ritroviamo Caroline Polacheck tra i big del venerdì. Presentando alcuni dei brani del suo ultimo lavoro discografico, ha dato vita ad uno spettacolo etereo, come la sua voce, andando a confermare il successo sempre più crescente della cantautrice statunitense. In molti hanno comprato il biglietto solo per assistere al suo live, arrivato per la prima volta sul suolo italiano. A seguirla gli Overmono, il duo gallese formato dai fratelli Russell. Un misto di dance, drum and bass, hip hop e altri generi elettronici, con il loro live hanno fatto ballare l’intera platea presente. In molti lo acclamano come miglior momento della serata. In chiusura troviamo Evian Christ, dj e produttore inglese, che apre il suo set con l’inno della Champions League.

C2C
Foto di Martina Caratozzolo

Parallelamente sul Stone Island Stage, coperti da altissime colonne di casse, vari dj si contengono la parte più “ballereccia” di questo festival. Dall’ambient notturno degli Space Afrika all’elettronica Berghain style di Avalon Emerson, il popolo del Club to Club balla ininterrottamente, senza accennare stanchezza, come se fossero del tutto ignari delle ore passate sotto cassa. La serata si chiude con un senso di euforia generale, ma anche di stanchezza vista la tarda ora. Per molti l’esperienza del C2C finisce qui, ma per altri è solo l’inizio di quello che li aspetterà il giorno successivo.

C2C
Foto di Martina Caratozzolo

Sabato inizia con il ritorno più atteso di questa ventunesima edizione, quello dell’eclettico Yves Tumor. L’artista statunitense non si risparmia nel dar vita ad un live spettacolare, completamente fuori dagli schemi. Peccato fosse un po’ penalizzato per l’acustica, che non ha permesso di far godere appieno quanto succedeva sul palco. A seguirlo un altro nome super atteso: King Krule. Con un live emozionante che ripercorreva tutta la sua carriera, ha raccolto tutti i presenti (o quasi) sotto al main stage. Dopo di lui, Flying Lotus e di Moodymann hanno infiammato la serata. Il primo ha selezionato per il suo set alcuni dei brani dai suoi ultimi dischi Yasuke e Flamagra, con tanto di trasformazione nel suo alterego rap per regalarci un’esibizione in pieno stile Flying Lotus. Il secondo prende al volo l’eredità lasciata dal suo predecessore e continua a far ballare l’intera platea, che nonostante la stanchezza non ha alcuna intenzione di lasciare il proprio posto. Menzione d’onore per i ledwall, sui quali si sono susseguiti video e animazioni generate con l’Intelligenza Artificiale, che hanno reso l’atmosfera ancora più coinvolgente.

C2C
Foto di Elisabetta Ghignone

Si concludono così i live del Lingotto Fiere, che lasceranno il posto alla giornata finale di domenica alle OGR. Anche con questa edizione, il C2C si riconferma uno tra i migliori festival musicali a livello internazionale. Lo dicono i numeri tra ospiti e spettatori presenti, alcuni dei quali venuti appositamente a Torino. E il motivo di tanto successo è da ricercare nell’atmosfera complessiva che regala; infatti, è difficile non sentire un po’ di nostalgia appena le luci si spengono definitivamente.

A cura di Erika Musarò

Foto copertina di Elisabetta Ghignone

Concerti Fuorisede: gli Aso e i Frenesi al Blah Blah

Scritte sui muri, poster di rock band e odore di birra: il Blah Blah di via Po si presenta così al pubblico che sfida la minaccia pioggia pur di esserci alla prima serata della rassegna “Concerti Fuorisede”. Il 14 settembre ha avuto inizio un nuovo format che ogni mese vedrà esibirsi band ed artisti emergenti in diversi locali torinesi. La prima serata ha visto come protagoniste due band: gli Aso e i Frenesi.

Gli Aso, direttamente da Lecco e per la prima volta in Piemonte, suonano un rock che definiscono «brutto e sporco» per via del sound grezzo. L’inizio strumentale in crescendo incuriosisce il pubblico, che si avvicina timidamente al palco. I loro brani, per lo più inediti non ancora pubblicati, sono in italiano e rimangono impressi in chi li ascolta per via dei giri di basso ostinato e per la performance energetica della band.

Aso
Gli Aso (credits foto: Elisabetta Ghignone)

Alla fine del loro set Narratore Urbano, artista emergente di Torino nelle vesti di presentatore della serata, chiama sul palco i Frenesi. La band piemontese reduce dall’ultima edizione del Premio Buscaglione porta sul palco diverse cover, tra cui “Back to Black” di Amy Winehouse e «Love in Portofino» di Fred Buscaglione, che avevano portato in gara proprio durante il premio, durante il quale ogni artista era invitato a suonare un brano di Buscaglione.

Frenesi
I Frenesi (credits foto: Elisabetta Ghignone)

I Frenesi più che una band sono una famiglia e la loro intesa sul palco è ben chiara fin dalle prime note, tra scherzi e sorrisi. La frontman Martina intona i brani con la sua voce calda e presenta “Organico”, l’ultimo singolo uscito lo scorso giugno. I loro testi trattano tematiche impegnate, come il problema ambientale o la violenza di genere, e hanno come scopo quello di far riflettere le persone attraverso la musica.

Frenesi
I Frenesi (credits foto: Elisabetta Ghignone)

La serata si conclude tra le note di “Love’s stranger” dei Warhaus, ma lo show si sposta al di fuori del locale, dove le band scambiano quattro chiacchiere con chi è venuto ad ascoltarli.

Un buon inizio per una rassegna che nasce con lo scopo di dare spazio agli artisti emergenti di Torino e non solo. Per restare aggiornati sulle prossime date in programma vi consigliamo di seguire il profilo Instagram di “Concerti Fuorisede”.

A cura di Martina Caratozzolo

La musica classica riparta da Piazza San Carlo

L’OSN Rai e Stefano Bollani per MiTo Settembre Musica 2023

MiTo SettembreMusica è la dimostrazione che la musica sinfonica piace ancora, ma deve essere a un prezzo accessibile. Nella serata di sabato 9 settembre, oltre 5000 persone si sono riunite in Piazza San Carlo per New York, New York, concerto il cui programma ruotava proprio intorno agli ambienti e alle atmosfere della Grande Mela. 

L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Juraj Valčuha – attualmente direttore d’orchestra della statunitense Houston Simphony – ha fatto vivere al pubblico molto diversificato un’esperienza di ascolto riservata ormai ai pochi habitué della musica classica, suscitando grandi applausi ed espressioni meravigliate anche fra i numerosi bambini e adolescenti presenti. 

Sabato 9 settembre 2023 Piazza San Carlo MITO SettembreMusica TO -NEW YORK, NEW YORK Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Juraj Valčuha, direttore Stefano Bollani, pianoforte Foto: Gianluca Platania

Partendo dal newyorkese (di adozione) per eccellenza Leonard Bernstein con l’Ouverture dell’operetta comica Candide – tratta dall’omonima novella di Voltaire –, passando per la prima esecuzione italiana di Red da Color Field, composizione per orchestra ispirata al quadro “Orange, Red, Yellow” del pittore Mark Rothko e al concetto della sinestesia (l’accostamento di un suono a un colore) della compositrice contemporanea Anna Clyne, si è arrivati a Stefano Bollani, applauditissimo, che sul palco in un total white che mette particolarmente in risalto la sua figura. 

Sabato 9 settembre 2023 Piazza San Carlo MITO SettembreMusica TO -NEW YORK, NEW YORK Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Juraj Valčuha, direttore Stefano Bollani, pianoforte Foto: Gianluca Platania

Inizia così l’esecuzione di Rhapsody in Blue di George Gershwin, il manifesto per eccellenza della New York anni Venti, in cui Bollani spicca non solo per le sue indiscusse doti da pianista, ma anche per la sua travolgente energia: il jazzista saltella, alza una gamba, si ferma, riparte, alza l’altra gamba. La folla lo applaude, applaude l’orchestra, poi Bollani esegue due bis da solista: America, tratto dal primo atto dell’acclamatissimo musical West Side Story di Bernstein, e la colonna sonora che Nino Rota compose per l’di Fellini. 

La serata si conclude con la Sinfonia n. 9 in mi minore op. 95 “Dal nuovo mondo”, di Antonín Dvořák, così intitolata poiché composta nel periodo in cui il compositore ceco risiedeva negli Stati Uniti: risultano infatti evidenti le suggestioni degli gli spiritual afroamericani e della musica dei nativi americani.

Sabato 9 settembre 2023 Piazza San Carlo MITO SettembreMusica TO -NEW YORK, NEW YORK Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Juraj Valčuha, direttore Stefano Bollani, pianoforte Foto: Gianluca Platania

Nonostante l’impeccabile esecuzione dei musicisti in una bellissima cornice come quella di piazza San Carlo, purtroppo l’acustica del luogo e il fatto che oltre la metà degli spettatori stesse assistendo al concerto in piedi o seduta a terra, ha impedito di godersi appieno la serata. Molte persone hanno cominciato ad andare via subito dopo la performance di Bollani, altre ancora hanno deciso che un concerto era l’occasione giusta per videochiamare zii e cugini. I più concentrati? I bambini, impegnati a dirigere l’orchestra da lontano, seduti sulle spalle dei genitori, o a improvvisare qualche balletto. 

Insomma, a chi non ha speranze negli adulti del futuro possiamo dire di stare tranquilli, perché anche loro sono capaci di apprezzare la bellezza della musica. Forse bisognerebbe riflettere maggiormente sulla necessità di educare all’ascolto gli adulti di adesso… E magari aggiungere qualche sedia in più al prossimo concerto in piazza.

Foto in evidenza: Gianluca Platania per MITO SettembreMusica

A cura di Ramona Bustiuc

TOdays Festival: DAY THREE

La fine di un’avventura mette sempre un po’ di malinconia: lo sa bene il pubblico della terza ed ultima serata del TOdays Festival, che domenica 27 agosto ha sfidato la pioggia per godersi i quattro live in programma a sPAZIO211. Porridge Radio, Ibibio Sound Machine, L’Impératrice e Christine and The Queens: una line-up che ha regalato spettacolo.

Muniti di k-way e tanta forza di volontà, i primi spettatori si avvicinano timidamente al palco per ascoltare la prima band in scaletta: i Porridge Radio. La band di Brighton, per due quarti al femminile, propone un mix di art-rock, indie-pop e post-punk. Al centro della scena c’è la frontwoman Dana Margolin, che imbraccia la sua Fender e inizia a intonare i brani dell’ultimo album Waterslide, Diving Board, Ladder To The Sky(2022), in cui è stato lasciato più spazio alle tastiere rispetto al precedente Every Bad (2021) dove invece emergono maggiormente le chitarre. Immancabile “7 seconds”, il brano che piace proprio a tutti. Una band in evoluzione, ma senza dubbio piacevole da ascoltare.

Porridge Radio (foto di Martina Caratozzolo)

La serata si accende con il groove degli Ibibio Sound Machine. Sul palco sono sette e suonano una massiccia dose di strumenti: tromba, trombone, sassofono, synth, mandolino, basso e chitarra elettrica. Il loro afro-funk elettronico fa muovere il pubblico, che si scatena a ritmo in un clima di festa collettiva di fine estate. La personalità frizzante della cantante Eno Williams non passa di certo inosservata: dal primo momento incita al divertimento e lasciarsi trasportare dal sound funky, mentre, con voce intensa, intona i brani della band.

Ibibio Sound Machine (foto di Martina Caratozzolo)

Come annunciato, la pioggia comincia a scendere pesantemente proprio mentre il buio fa capolino su Torino. L’entusiasmo, però, non si spegne e finalmente arriva L’Impératrice per l’ultima tappa del tour dopo due anni in giro per il mondo. La band francese sale sul palco e gli occhi sono tutti per loro: i sei musicisti si schierano davanti al pubblico con delle sagome di cuori attaccate al petto che si illuminano a ritmo. Un impatto visivo considerevole, che sarà una costante della loro performance, così come le sonorità funky e i giri di basso ostinato. Il loro sound disco trasforma l’open air di sPAZIO211 in una discoteca a cielo aperto, in cui il pubblico, su invito in un italiano quasi impeccabile della frontwoman parigina Flore Benguigui, è invitato a lasciarsi andare e ad essere se stesso. Uno show totale che coinvolge e fa dimenticare dei vestiti inzuppati di pioggia. L’applauso finale conferma quanto di buono mostrato e li piazza direttamente nella top tre delle performance migliori di questa edizione. Chapeau, come si direbbe dalle loro parti.

L’Impératrice (foto di Martina Caratozzolo)

Un palco trasformato in un museo neoclassico con statue di leoni, angeli e il David di Michelangelo di schiena. Più che ad un semplice live musical si è assistito ad una performance artistica e teatrale, quando sul palco è salito Christine and the Queens. L’artista francese, attesissimo nella sua prima apparizione italiana, ha partecipato ai maggiori festival del mondo, tra cui il Coachella, il Primavera Sound e il Glastonbury e, come ci si immaginava, ha regalato una performance ipnotica e di grande impatto emotivo. Il fil rouge del concerto sono i brani dell’ultimo album Paranoia, Angels, True Love (2023) – al quale ha collaborato anche Madonna – che vengono interpretati sul palco in maniera eccelsa, in una catarsi di trasformazione, accettazione e bellezza. Abbraccia le statue, lancia fiori, si sveste e riveste da un abito rosso e infine indossa delle ali nere: la trasformazione in angelo è completa dopo un burrascoso percorso, musicale e di vita. La sensazione, una volta finito, è quella di aver assistito ad uno spettacolo di rara bellezza.

Christine and The Queens (foto di Martina Caratozzolo)

Il TOdays è un festival che di anno in anno alza l’asticella nel prendersi il rischio di puntare su artisti validi, ma che in Italia spesso non sono ancora conosciuti. La nona edizione si conclude e sulla strada verso la normalità e la fine dell’estate la sensazione comune è che è stato bello ampliare il proprio bagaglio musicale in un clima di amore e libertà in nome della musica. 

A cura di Martina Caratozzolo

TOdays Festival: DAY TWO

Con le note della prima serata nell’aria, il pubblico torinese si appresta ad assaporare la seconda giornata della nona edizione del TOdays Festival. L’attesa per le band e gli artisti si percepisce fin dal pomeriggio di sabato 26 agosto: una gremita folla si riunisce con anticipo ai cancelli per accedere all’area concerto. Niente più biglietti in cassa, l’evento è sold out per i Gilla Band, Anna Calvi, gli Sleaford Mods e i Verdena.

Sono le 18:30 precise quando la prima band sale sul palco. Gli irlandesi Gilla Band, fino a qualche tempo fa chiamati “Girl Band”, portano tutta la loro energia post-punk. Rumorosi, dissonanti, acidi: si potrebbe riassumere così la loro musica. Dal 2011 i Gilla Band portano avanti un progetto influenzato dall’analisi introspettiva del proprio leader Dara Kiely, che ha a lungo affrontato problemi di salute mentale. La setlist della band, per lo più composta dai brani dell’ultimo album Most Normal (2022), viene percepita come un breve delirio sonico per orecchie abituate a suoni distorti, tant’è che le versioni registrate dei loro brani appaiono a tratti disturbanti, ma che live funzionano benone. Assieme ai Fontaines D.C. sono uno dei gruppi post-punk irlandesi da tenere sott’occhio. Una personalità ben definita e dirompente che convince gli spettatori.

I Gilla Band (credits foto: Martina Caratozzolo)

Congedato il delirio selvaggio dei Gilla Band, è già tempo di ascoltare la prossima artista. Il mood prende una piega totalmente differente con Anna Calvi. La cantautrice britannica si presenta sul palco imbracciando la sua inseparabile Telecaster, con la quale sfoggia tutta la sua tecnica chitarristica. La classe e l’eleganza dell’artista sono una costante per tutto il live, che fila lascio a ritmo dei brani più amati della sua discografia: “Desire”, “Don’t Beat The Girl Out of My Boy”, “Hunter” per citarne alcuni. Il pubblico ascolta rapito e applaude approvando pienamente quanto ascoltato.

Anna Calvi (credits foto: Martina Caratozzolo)

Cala il buio su Torino ed è il momento del progetto più sperimentale dell’intera line-up del festival: gli Sleaford Mods. Già passati dal TOdays nel 2019 – in quell’occasione quasi in sordina, tra le proposte secondarie e non tra gli artisti del main stage –. Sta di fatto che, ogni volta che si esibiscono, sanno bene come catturare l’attenzione. Un duo insolito e grottesco quello composto dalla voce di Jason Williamson e dal musicista ed interprete Simon Parfrement. Quest’ultimo non suona nessuno strumento, ma si limita a seguire la voce rap e sboccata del suo compagno musicale con movenze impetuose e maldestri accenni di danza, il tutto accompagnato da una battente base elettronica e una punk attitude. Williamson ricorda lo stile di Liam Gallagher: non musicalmente, ma nell’atteggiamento sfacciato e nel modo in cui si approccia al microfono, con le mani incrociate dietro la schiena. Tramite la loro musica gli Sleaford Mods vogliono dare voce alle ingiustizie sociali e agli emarginati della società: è questo il messaggio del loro ultimo lavoro UK Grim, uscito lo scorso marzo, che gli spettatori approvano scatenandosi assieme a loro.

Gli Sleaford Mods (credits foto: Martina Caratozzolo)

L’allerta pioggia, poi scongiurata, fa anticipare di mezz’ora l’ultimo live della band probabilmente più attesa: i Verdena. I fratelli Ferrari e Roberta Sammarelli sono accompagnati in tour dal chitarrista Carlo Maria Toller dei Jennifer Gentle, che prende spazio sul palco assieme a loro. Tre, due, uno, via! Si parte con “Paul e Linda” direttamente dall’ultimo album Volevo Magia (2022). Tra successi immortali come “Luna”, “Angie” e “Muori Deelay” e brani più recenti i Verdena si dimostrano in serata e confermano di essere la band alternative rock italiana per eccellenza, capace di mettere d’accordo un pubblico di tutte le età, che poga ma allo stesso tempo si emoziona. Stupiscono con “Il Gulliver”, brano di quasi dodici minuti tratto da Requiem (2007). La ciliegina sulla torta si poteva mettere con un finale migliore, che invece è frettoloso e insapore: la band bergamasca non suona “Valvonauta”, uno dei brani più amati, ma termina con “Miglioramento”, non esattamente il brano che ci si aspetterebbe come ultimo in scaletta. Il pubblico li incita a tornare sul palco per un bis, ma loro sono probabilmente già in camerino. I Verdena sono anche questo e i fan lo sanno. Croce e delizia.

I Verdena (credits foto: Martina Caratozzolo)

La serata giunge al termine in anticipo rispetto al day one, ma anche in questo caso ci si può ritenere ampiamente soddisfatti di quanto vissuto.

A cura di Martina Caratozzolo

La webzine musicale del DAMS di Torino