Damnation de Carmen è una rappresentazione teatrale della Tragédie de Carmen, opera-film del regista Peter Brook e del compositore Marius Constant, elaborazione a sua volta cinematografico-musicale della celebre Carmen di Bizet. Questa intricata vicenda di realizzazioni conferma lo spirito intraprendente della direzione artistica dell’Impresa lirica Tamagno, che sceglie come soggetto per il suo quarto appuntamento operistico una diversa prospettiva su una delle donne più famose al mondo.
Carmen di Bizet, rivista da Peter Brook. La pellicola si focalizza rigorosamente sulle scene individuali e tragiche, eliminando il folklorismo esotico dei balletti e delle scene corali. Sotto la regia di Lucia Falco, che firma il suo terzo spettacolo per opera OFF, queste scelte cinematografiche acquistano la loro dignità in sede teatrale. L’obiettivo è puntato sul dramma sentimentale, unico vero protagonista indiscusso della rappresentazione; spogliato dei suoi “indumenti”, esso rivela la sua natura tetra: un circolo di morte. Carmen incarna l’elemento tanatologico per antonomasia, la follia per amore, e semina discordia fra gli uomini che, in preda a stati psicologici simili per molti aspetti all’Amok, si uccidono a vicenda. A dimostrazione poi del potere di cui Carmen è investita sarà infine la protagonista stessa a subirne le conseguenze, morendo di una morte tragica quanto il suo dono diabolico.
La scelta di una scenografia minimale da parte di Falco è ben pensata: se morte deve essere, questa non può che essere corredata dal vuoto, o quasi. Si trovano in scena, infatti, solo quattro pantomimi mascherati che, facendo da sfondo per tutta la durata dell’opera, ci trasmettono simbolicamente il senso del dramma: sono quattro vitelli destinati al macello. Diversamente dalla Carmen di Bizet le scene sono dunque ambientate non in una fabbrica di sigari, bensì in una macelleria, che seppur senza spargimenti di sangue (esplicitamente evitato), ricalca bene l’atmosfera mortifera che quest’opera crea. Alla fabbricazione delle maschere, modellate a mano senza stampi, insieme all’allestimento delle scene, hanno contribuito quattro giovani studentesse dell’accademia Albertina di Torino: Veronica Cicirello, Sara Marenco, Agnese Falcarin e Lia Fabbrini; conferma, questa, dell’impegno che l’Impresa lirica Tamagno assume nell’offrire alle nuove generazioni occasioni per sperimentarsi e vivere da protagonisti il mondo dell’arte e dello spettacolo.
La musica, affidata alla direzione e all’accompagnamento pianistico di Alessandro Boeri, benché per nulla facile, non si è rivelata un ostacolo insormontabile. I tempi mediamente rapidi hanno reso il dramma vorticoso nella vicenda con scene libere e consequenziali. Alcuni tagli, come quello del duetto fra Carmen e Micaëla, assieme alle estrapolazioni dall’originale di Bizet, hanno reso l’opera piuttosto scorrevole e facile da seguire. Malgrado poi i numerosi cromatismi, cambi di tonalità e di agogica, nonché l’espressività scenica richiesta per ruoli così drammatici, Fabiola Amatore e Giuseppe Raimondo nei ruoli principali di Carmen e Don José, assieme a Giovanni Tiralongo e Ilaria Lucille de Santis in Escamillo e Micaëla, hanno complessivamente reso il dramma qualitativamente apprezzabile anche nelle sue sfumature, che pretendono un certo gusto e ricercatezza.
La stagione OFF è ancora lunga e, si spera, carica di nuovi volti, location e repertori; attributi imprescindibili che fanno di questa realtà una piccola oasi nel deserto della cultura massificata.