Il Quintetto Bislacco e il penultimo Concerto della storia dell’umanità

“Non siete emozionati di partecipare al penultimo concerto della storia dell’umanità?”

La domanda è stata posta al pubblico riunitosi il 25 ottobre al Teatro Vittoria per ascoltare il Quintetto Bislacco: una platea partecipe e molto fortunata, visti gli effetti del decreto legge annunciato poche ore prima del concerto. Siamo infatti riusciti a goderci il pomeriggio appena in tempo, perché tutti gli appuntamenti dell’Unione Musicale tra il 26 ottobre e il 24 novembre sono stati rimandati a data da destinarsi.

Nonostante l’indubbia delusione provata da tutti in sala, però, i musicisti del Quintetto Bislacco sono riusciti a sollevarci brillantemente il morale. Dopotutto, fare divertire e appassionare l’uditorio (meglio se uggioso o annoiato) è la loro missione: per Walter Zagato (violino), Duilio Galfetti (violino, mandolino, banjo), Gustavo Fioravanti (viola), Marco Radaelli (violoncello) e Federico Marchesano (contrabbasso) la musica è priva di confini e di limiti; è un mondo immenso e ancora quasi del tutto da esplorare, da scoprire e reinventare. Ogni loro esibizione si presenta come un vero e proprio viaggio in cui chiunque potrebbe essere un nostro compagno: i cinque virtuosi, infatti, propongono un modo rivoluzionario e interessantissimo di ascoltare «musica eseguita con strumenti “classici”»,[1] contaminando i brani che via via si susseguono nel corso dei concerti con onomatopee, cantate a cappella, imitazioni, gag irriverenti e chi più ne ha più ne metta.

Complici la spigliatezza, l’indiscussa bravura tecnica e il profondo amore per il loro mestiere, sono riusciti a ottenere un’unione di parole, recitazione e musica molto spassosa e del tutto credibile, e a donare a tutti noi un pomeriggio di puro divertimento. Hanno mescolato motivi popolari, temi jazzistici e racconti aneddotici riguardo la loro carriera e vita di gruppo; abbiamo ascoltato la sigla della Dreamworks e subito dopo brani classici senza soluzione di continuità. Ci è stato proposto di risolvere un brioso cruciverba musicale, di gustare un concerto-medley, di aprire i nostri orizzonti e di ascoltare la musica in un modo nuovo, e noi abbiamo accettato la sfida.

A un certo punto, dopo i primi due o tre brani, ho pensato che sarebbe stato interessante capire cosa ne pensassero le persone più anziane presenti in sala (il pubblico infatti era estremamente composito). La mia tacita richiesta è stata soddisfatta quasi immediatamente; superato un iniziale momento di sorridente imbarazzo, infatti, la platea si è lasciata andare completamente: c’era chi canticchiava i motivetti, chi commentava a bassa voce, chi si sbellicava letteralmente dalle risate, e questa vivace partecipazione credo sia stata uno degli aspetti più emozionanti dello spettacolo. Il Quintetto Bislacco, facendoci divertire con ogni tipo di musica, ci ha dato una grande lezione: come passare da sacro a profano con scioltezza e rispetto, come rendere la classica davvero “pop”. Non penso ci capiterà molte altre volte di ascoltare la celeberrima Aria sopra la Bergamasca dell’Uccellini mixata con la forse ancor più conosciuta Summer Nights (dal musical Grease)!

Oltre che dotati di profonda autoironia, spirito e originalità, i poliedrici musicisti si sono rivelati anche capaci di grande pathos. Prima dei richiestissimi bis, infatti, si sono esibiti in una canzone popolare venezuelana, La Partida (definita dal gruppo “la nostra partenza verso l’ignoto… o la disoccupazione”): un vero e proprio crescendo di emozioni, forse acceso da una punta di giustificatissima frustrazione. Alla fine del pezzo sono stati festeggiati con un applauso lunghissimo e ritmato, così, nonostante il rammarico, dopo aver richiamato per ben due volte i musicisti sul palco affinché ci suonassero ancora qualcosa, il concerto si è chiuso con gioia e soddisfazione.

Di questa esperienza spero rimarrà a tutti il piacere di raccontare, di sperimentare e di divertirsi con la musica, liberandosi dei confini e delle sovrastrutture che molto spesso noi stessi le imponiamo. Nonostante le mascherine e il distanziamento sociale, infatti, forse complice la nostalgia da me provata per i ben sette mesi e mezzo trascorsi senza musica dal vivo, rare volte ho trovato tanto emozionante e suggestivo un concerto. Dispiace quindi che, almeno per il prossimo mese, non ci sarà la possibilità di ripetere esperienze simili, perché probabilmente è proprio questa la musica di cui abbiamo bisogno nel nuovo tempo creato dalla pandemia: un viaggio emozionante e spiritoso, senza freni e senza limiti. Una musica che non abbia paura di prendersi in giro, ma al tempo stesso profondamente innamorata, emozionata, anche delusa a volte – una musica sincera e molto umana, capace di dare speranza e ristoro ad ascoltatori ed esecutori, ma al tempo stesso di gettare un ponte tra loro, di avvicinarli.

Il Quintetto Bislacco in azione al Teatro Vittoria. Fotografia per gentile concessione dell’Unione Musicale

[1] Cfr. https://www.unionemusicale.it/media-concerti/pdf/694-20201025_Quintetto-Bislacco_web.pdf [Consultato in data 2020/10/29]

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