La musica vocale da camera occupa da sempre un posto d’onore nelle stagioni dell’Unione Musicale; per questo ciclo, lo scorso 18 novembre si sono esibiti al Teatro Vittoria i componenti dell’Odhecaton, ensemble specializzato in musica rinascimentale e preclassica, diretti da Paolo Da Col. Il coro, formato da sole voci maschili, ha dedicato la serata alle composizioni del madrigalista fiammingo Orlando Di Lasso, la cui variegatissima produzione è stata indagata nelle tre parti del concerto, ognuna incentrata su un tema diverso: la melanconia, lo “humor sanguigno” e la lode divina.
L’ensemble ha ricevuto numerosi riconoscimenti dalla critica sin dal suo esordio nel 1998, primo tra tutti quello di aver inaugurato un nuovo atteggiamento interpretativo per il repertorio di polifonia vocale, basato sulla declamazione della parola. Non stupisce quindi che il concerto sia stato reso ancora più accattivante e vivace dalle letture e dagli intermezzi recitati dai coristi, che con la loro verve sono riusciti a catturare l’attenzione del pubblico sin dai primi istanti.
Non si dà alcun grande ingegno senza malinconia, ha infatti declamato uno dei cantori introducendo la parte iniziale, dedicata allo humor “melancolico”. I primi cinque brani, una successione di madrigali sacri e profani caratterizzati da uno stile compositivo contrappuntistico, sono accomunati da una certa delicatezza, non eclissata dal carattere dolente dei testi. Questo repertorio iniziale ha immediatamente messo in luce l’impressionante pulizia vocale degli Odhecaton, assieme alla loro espressività e coordinazione: le voci erano tutte perfettamente amalgamate e sincronizzate, tanto che era difficile distinguere con chiarezza da chi provenissero nello specifico. Il picco emotivo è stato raggiunto con l’ultimo pezzo, Memento peccati tui, la cui melodia drammatica e solenne ha scavato dentro il cuore del pubblico: chissà che meraviglia sarebbe ascoltare un simile madrigale cantato in una cripta!
Il nuovo miniciclo, dedicato allo humor “sanguigno” e aperto da una breve rappresentazione in dialetto veneto, ha accompagnato gli spettatori lungo un percorso diametralmente diverso rispetto al precedente, dimostrando che anche la madrigalistica rinascimentale, così lontana dal nostro tempo, può regalare momenti di assoluta comicità. I nove brani, dietro un’apparenza irriverente e ridanciana, nascondevano più di una difficoltà per gli esecutori: gli Odhecaton si sono però dimostrati più che all’altezza della sfida, interpretando con credibilità e simpatia ogni personaggio e affrontando con maestria le avversità linguistiche. Intensissimo, infatti, il lavoro condotto sulla parola, sull’alternanza dei registri stilistici e vocali, sull’interpretazione e sui dialetti, che ha reso estremamente divertenti le esecuzioni proposte, e al tempo stesso misurate, mai volgari o sguaiate. Un’altra nota di merito per il ruolo protagonistico assunto da ogni singolo cantore, o recitando, o cantando da solista, o emergendo in ogni brano come gli stupefacenti controtenori: anche questo è indice del bilanciamento e dell’equilibrio che ha caratterizzato il concerto.
La serata è stata chiusa da una terza parte, la più solenne, dedicata alla laudatio Dei. Il registro è nuovamente cambiato, facendo risaltare l’intima solennità delle composizioni spirituali e mettendo alcune voci palesemente più a proprio agio rispetto al ciclo centrale, nonostante la bravura e le doti tecniche degli interpreti siano assolutamente fuori discussione. I quattro madrigali che si sono susseguiti hanno regalato momenti di pienezza ed emozione intensissimi, raggiungendo l’apice con il brano finale, Musica Dei donum optimi; la traduzione del testo è stata recitata, ed è stato bello riconoscere nella concezione che della musica aveva il cosmopolita Orlando Di Lasso una traccia di quella di Petrarca e del Rinascimento italiano: poetesse come Gaspara Stampa e Chiara Matraini infatti erano assolutamente convinte dell’onnipotenza della musica, che era acclamata nei loro sonetti, anche se in modo un po’ mitizzato, perché capace di ammaestrare fiere, dominare correnti e fare da tramite per la nascita di sentimenti d’amore.
Dopo essere stati acclamati da un meritatissimo applauso, i coristi, che hanno cantato a cappella per tutta la serata, e Paolo Da Col, che li ha diretti con precisione e grinta, hanno regalato al pubblico un bis. Il mottetto Nascens Mater, canone quadruplo eseguito però a otto voci, è stato davvero un ottimo modo per concludere, perché ha racchiuso perfettamente l’anima del gradevole concerto: solenne ma dolcissimo, ben amalgamato in ogni sua parte, bilanciatissimo e (non l’avrei mai detto) davvero di facile ascolto anche per un pubblico acerbo.