Come si è adattata la musica ai tempi del Covid-19
Alla vigilia delle aperture del 15 giugno, è innegabile che la quarantena abbia apportato sostanziali mutamenti alle nostre abitudini e ai nostri hobby: chi ha cominciato un periodo di ozio, chi ha continuato a lavorare o a studiare – per molti di noi, la clausura delle sessioni esami è sempre stata un po’ un lockdown – chi ha appreso nuove lingue, chi ha imparato a suonare strumenti, chi si è improvvisato personal trainer, chi si è riscoperto panettiere o pizzaiolo del sabato sera. Le nostre vite così repentinamente cambiate si sono riversate sui social più che mai, in cerca di conforto, con il dito che scrolla inarrestabile su Instagram, per poi passare a Facebook e viceversa. Ci siamo persi tra fake news, meme, challenge e flashmob; qualcuno è passato per la musica 8D, un gradevole “automassaggio” scandito da un orecchio all’altro. Insomma c’è chi si è dato da fare, ma la noia ha comunque preso il sopravvento.
Ecco però una categoria che ha fatto del lockdown una vera e propria risorsa (e che non può non esserne contenta, se non fosse per i soldi): gli artisti – in particolare, i musicisti. Costantemente impegnati in concerti e spettacoli vari (e secondi lavori), raramente i musicisti sembravano trovare il tempo necessario allo studio o a un più generico miglioramento, fino a quando il DPCM dell’8 marzo ha fatto chiudere tutte le attività. Nonostante la cancellazione di concerti, rassegne e festival e l’improvvisa cessazione delle attività lavorative, subito qualcuno ha cercato di rialzarsi lavorando in smart worki (per citare il nostro presidente Conte). Anche qui i social sono diventati essenziali: da secondo palcoscenico, sono passati a essere l’unico (per non parlare del balcone di casa). Si sono susseguiti miriadi di video di musicisti che suonano insieme azzerando le distanze e creando le più svariate collaborazioni. Il numero di brani prodotti in casa ha tenuto testa al numero di margherite del pizzaiolo di cui sopra.
Ecco che i canali sociali sono stati pervasi da video musicali e dirette di professionisti e non (soprattutto dei secondi), fino a creare un vero palinsesto; ce lo descrive Willie Peyote nel brano composto in quarantena “Ogni giorno alle 18”, con la sua ironia pungente:
Ogni
giorno alle 18 fanno la diretta
Questi artisti un po’ annoiati dalla cameretta
Va bene che la noia uccide
Ma suonare Paracetamolo non vi curerà la polmonite
Gli artisti insomma si sono dovuti adattare e reinventare, facendo lezioni e masterclass online. Non tutti si sono esibiti sui social: l’eterna lotta che va avanti da tempo immemore, in cui i musicisti si svendono pur di farsi pubblicità, non si è smossa neanche in tempo di pandemia; in più il 1° maggio c’è chi ha avviato petizioni su Charge.org per difendere la categoria al grido di #velesuoniamo, come il trombettista Paolo Fresu, e chi per protesta ha cominciato a pubblicare video in cui suona con l’audio silenziato, come ad esempio il bassista Maurizio Rolli. Una minima possibilità di guadagno per gli artisti è stato ed è Patreon, un social in cui ci si abbona per vedere i propri contenuti.
Qui cominciano le domande: questa quarantena ha dato un assaggio di come potrebbe evolversi l’industria musicale? Ora che riapre tutto, come si evolveranno i festival e le rassegne per non creare assembramenti? È possibile che la musica possa trasferirsi definitivamente solo nei luoghi con posti assegnati? I teatri potrebbero essere un nuovo punto di partenza per tutti i generi musicali?
Le domande su cosa ci riservi il futuro nascono spontanee, soprattutto per il settore artistico, quello più a rischio, dato che questo lockdown ha snudato tutte le debolezze del mondo dello spettacolo nel nostro paese. Proprio per questo stanno cominciando a muoversi le acque: in questi giorni sta circolando un progetto, «Musica che gira», che rimanda a un documento da sottoscrivere redatto da professionisti, chiedendo misure concrete al governo, riassunte in quattro punti, che vadano a tutelare questo settore. In particolare viene richiesta garanzia di accesso a tutti alle tutele sociali e un supporto economico di emergenza ai professionisti della cultura; il sostegno dell’imprenditoria del settore della musica live; una possibile riforma definitiva del settore con un piano di produzione e consumo della cultura; infine un incentivo degli investimenti Green su innovazione e tecnologia.
Questo documento è già stato sottoscritto da nomi importanti della scena musicale. Che possa essere l’inizio di una rivoluzione dell’industria musicale?