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Un concerto “Insuperabile”: Rkomi per il Flowers Festival

Rkomi @ Flowers Festival – Foto: Ramona Bustiuc

Giovedì 30 giugno 2022 presso il Parco della Certosa Reale di Collegno si è tenuto il concerto di Rkomi all’interno del cartellone del Flowers Festival, organizzato da Hiroshima Mon Amour. Il cantante si era già fatto conoscere collaborando con artisti come Elodie, Elisa e Irama e partecipando nel 2022 al Festival di Sanremo.

Rkomi @ Flowers Festival – Foto: Ramona Bustiuc

L’atmosfera è da subito concitata: ci sono maturandi che non vedono l’ora di festeggiare, giovani coppie, genitori con figli e anche qualche solitario che coglie l’occasione per fare nuove amicizie. I fan fremono e l’ansia dell’attesa è palpabile; più volte iniziano cori per chiamare l’artista sul palco: «Mirko! Mirko!» (nome di battesimo del cantante). Nel frattempo, come riscaldamento per il vero e proprio concerto, qualcuno inizia ad accennare i primi movimenti di testa e bacino con la musica che risuona dalle casse sul palco; i genitori cominciano a spruzzare i bambini con l’antizanzare e a prenderli sulle spalle.

Rkomi @ Flowers Festival – Foto: Ramona Bustiuc

Entra Rkomi sul palco – «Ciao Torino!» – e il pubblico smette di fare qualsiasi cosa, cominciando ad applaudire ed esultare. Si sollevano i primi cartelloni e le prime urla, i fan – principalmente di sesso femminile – sono in visibilio. Si apre il concerto e il cielo comincia a lampeggiare proprio mentre Rkomi solleva il microfono verso gli spettatori, che stanno cantando a squarciagola: per un attimo tutto sembra fermarsi e sono loro i protagonisti della serata. I bassi arrivano a vibrare dritti nel petto, aumentando l’adrenalina; nelle canzoni più romantiche scatta qualche bacio.

Rkomi @ Flowers Festival – Foto: Ramona Bustiuc
Rkomi @ Flowers Festival – Foto: Ramona Bustiuc

Si conclude con “Luna piena” e scendono le prime gocce di pioggia. Nessuno si ripara, sta per iniziare il pezzo successivo, ma basta una folata di vento – che di lì a presto diventerà bufera – per fare cambiare idea alle 4000 persone che si trovano di fronte al palco; in un attimo Rkomi e i suoi musicisti capiscono che non possono continuare. «Ci rivedremo presto» comunica tristemente sui social, e per i fan questa sarà un’avventura da raccontare.

A cura di Chiara Vecchiato

N.B. Per venire incontro al pubblico di Rkomi, (che ha potuto godere soltanto di un concerto a metà) il Flowers Festival ha deciso di far valere il biglietto dello stesso concerto (in formato digitale o cartaceo) per uno dei seguenti spettacoli:

5/07: Carmen Consoli/Casadilego
6/07: Gemitaiz
7/07: Manuel Agnelli
10/07: Ernia
11/07: Noyz Narcos/Rancore/Gemello/Rico Mendossa
13/07: Margherita Vicario/Ditonellapiaga/Caffellatte
14/07: Yann Tiersen
15/07: Eugenio in Via di Gioia/Rovere
16/07: Ariete

Galea e Galeffi ospiti a Cantautori in Canottiera

Galea e Galeffi sono saliti sul palco di Cantautori in Canottiera come due scolaretti al primo giorno di scuola, ma appena seduti hanno rotto il ghiaccio dimostrando, con gli strumenti tra le mani, una grande padronanza del palco. 

Cantautori in Canottiera è una rassegna musicale estiva ideata e prodotta da The Goodness Factory, che dal 2016 a questa parte ha visto diversi cantautori avvicendarsi sul palco dell’Off Topic. Quest’anno gli appuntamenti sono iniziati il 21 giugno e si concluderanno il 26 luglio. 

Nella serata del 28 giugno si sono incontrati Galeffi (pseudonimo di Marco Cantagalli, cantautore romano classe 1991) e Galea (nome d’arte di Claudia Guaglione, cantautrice pugliese classe 2000), che hanno chiacchierato con i moderatori e musicisti Marco Di Brino e Anna Viganò.

Galeffi e Galea con Marco Di Brino e Anna Viganò (credit foto: Alessia Sabetta)

Ad aprire la serata è stato Galeffi con il brano “In questa casa”, tratto dal suo nuovo album Belvedere, uscito lo scorso maggio; a seguire Galea interpreta “Femminuccia”, uno dei singoli contenuti nell’album Come gli americani al ballo di fine anno, pubblicato lo scorso gennaio. Il “salottino musicale” è proseguito con i due che hanno raccontato il programma dei prossimi mesi, molto simile per entrambi i cantautori che, oltre alla scrittura, prevedono un tour-premio post pandemia (così come lo ha inteso Galeffi), per avvertire l’energia di cui sentono di aver bisogno. 

Galea e Galeffi sembrano provenire da due mondi differenti: lui vestito con un paio di pantaloni di velluto, i calzettoni di spugna e l’immancabile cappellino marrone; accompagnato dalla tastiera, nelle sue canzoni racconta la malinconia quotidiana con un pizzico di romanticismo retrò. Lei più sofisticata, magliettina bianca sotto ad un vestitino con spalline sottili sui toni dell’azzurro, avvolge il pubblico con il suo timbro di voce caldo e la sua chitarra acustica. Galea racconta di non aver mai avuto un’epifania che le facesse capire di avere una voce da utilizzare per cantare, perché lo fa da quando ha ricordi. Galeffi, invece, confessa di aver «costruito» pian piano la sua vocalità dopo un primo approccio alla produzione musicale, risalente ad un duo rap con un suo amico delle scuole superiori. L’esperienza è stata utile a fargli capire di provare piacere cercando di scrivere qualcosa su un foglio bianco. 

Galea (credit foto: Alessia Sabetta)

Molto diverso anche l’esordio di entrambi infatti, per il romano è stato frutto di scrittura d’istinto. Mentre per la pugliese, le prime produzioni pubblicate sulle piattaforme sono state più studiate e strutturate, a differenza delle canzoni iniziali, ascoltate solo da pochissime persone a lei vicine, frutto di un approccio (a sua detta un po’ prematuro) avvenuto nel periodo dell’adolescenza.

Tra una canzone e l’altra è stata posta loro la domanda «Se il vostro ultimo disco fosse un film, quale sarebbe?” Anche in questo caso viene rimarcata la provenienza da due mondi totalmente diversi. Galeffi da buon cinefilo cita Il favoloso mondo di Amelie per alcune sonorità che indubbiamente riconducono alle atmosfere parigine un po’ sognanti; cita anche La dolce Vita, come il titolo della seconda traccia del suo album e The Dreamers di Bertolucci. Galea, colta un po’ alla sprovvista, afferma di essere in difficoltà e molto candidamente parla di High School Musical e di «sonorità alla Disney Channel» come concept dell’album.

Galeffi (credit foto: Alessia Sabetta)

All’ultima domanda prima della chiusura, «Cosa faresti se non fossi qui?», Galea risponde di immaginarsi con una laurea magistrale in lettere e Galeffi sceneggiatore di qualche film. Poi hanno concluso cantando e suonando insieme “Occhiaie” (brano con cui Galeffi ha esordito nel 2017) accompagnati dal pubblico.

a cura di Alessia Sabetta

Il live dei Pinguini Tattici Nucleari in un Pala Alpitour sold out

Dopo aver rimandato per ben due volte l’appuntamento a causa della pandemia, il 27 giugno il “Dove eravamo rimasti tour” dei Pinguini Tattici Nucleari va finalmente in scena al Pala Alpitour di Torino. La band bergamasca si esibisce in un palazzetto sold out gremito da migliaia di fan, la maggior parte dei quali aveva acquistato il biglietto a febbraio 2020 (subito dopo la partecipazione della band al Festival di Sanremo). Una lunga attesa, che non ha però scoraggiato la presenza del pubblico, che ha goduto di un concerto al di sopra di ogni aspettativa.

A scaldare la platea ci pensa chiamamifaro, nome d’arte della giovane cantautrice bergamasca Angelica Gori, che incuriosisce i presenti e rende l’attesa più spensierata. Poco dopo sul led viene proiettata una scritta per invitare i fan a scaricare l’app ufficiale della band. Una richiesta interattiva, che sarebbe stata compresa poco dopo dal pubblico. Il motivo? Collegarsi ad essa durante il live per illuminare e colorare le tribune in diversi momenti del concerto.

Il live si apre con un messaggio che colpisce i presenti: la voce di Riccardo Zanotti, il frontman del gruppo, ripercorre la lunga attesa vissuta dalla band per portare dal vivo questo tour – il loro primo nei palazzetti – che sembrava destinato a non potersi concretizzare per i numerosi rinvii. I sei componenti della band salgono sul palco e propongono “Ridere”, uno dei singoli più amati, che il pubblico torinese intona a squarciagola. La scaletta ripercorre i brani più celebri: “Ringo Starr” – la canzone sanremese che ha lanciato la band –, “Antartide”, “Bergamo”, “Scatole” e molti altri movimentano la serata. Vi è anche spazio per i brani meno noti e datati, come “Bagatelle”, “Sciare”, “We Want Marò Back” (quest’ultimo proposto in una versione inedita in una parentesi con il mix alla console).

I Pinguini Tattici Nucleari al Pala Alpitour (credit foto: Martina Caratozzolo)

Fin da subito, i Pinguini fanno capire di aver curato nei minimi dettagli ogni istante dello show. Riccardo si scatena da una parte all’altra del palco e calca la passerella al centro del palazzetto, ma allo stesso tempo non dimentica di lasciare il protagonismo anche ai suoi compagni d’avventura. Spazio a Elio Biffi e Simone Pagani, rispettivamente il tastierista e il bassista della band, che abbandonano momentaneamente i loro strumenti per cantare qualche brano, fra lo stupore dei fan. Memorabili, inoltre, gli assoli di Nicola Buttafuoco e Lorenzo Pasini, le due chitarre del gruppo, che si prendono la scena e gli scroscianti applausi del Pala Alpitour.

I Pinguini non dimenticano, però, da dove sono partiti, facendo scorrere sullo schermo le immagini dei momenti passati in sala prove e dei loro primi concerti nei piccoli pub di Bergamo, quando la gavetta era un must.

Le immagini dei Pinguini Tattici Nucleari in sala prove proiettate sul led (credit foto: Martina Caratozzolo)

Il gruppo bergamasco fa un’ulteriore sorpresa ai fan torinesi: un simpatico siparietto con Eugenio Cesaro degli Eugenio in via di Gioia, che si presenta sul palco nelle vesti di un rider che consegna loro del sushi, strappando una risata al pubblico prima di introdurre – non a caso – il brano “Sashimi”. Poco dopo, il frontman si getta tra i fan in stage diving, attraversando quasi tutto il parterre prima di tornare di corsa sul palco.

L’emozione all’interno del palazzetto è palpabile. I fan assistono alle due ore di concerto (che sembrano volare) e si godono l’ultimo brano in scaletta: “Pastello bianco”, proposto in un’intima versione al piano. Il gruppo scrive Grazie Torino su una lavagnetta e promette di tornare presto.

Riccardo Zanotti ringrazia il pubblico torinese (credit foto: Martina Caratozzolo)

Si chiudono così le danze di una serata memorabile, resa speciale dall’alchimia mostrata dai membri della band. A chi li accusa di essere diventati mainstream rispetto agli esordi rispondono con la passione e l’entusiasmo di chi vive per suonare dal vivo, a prescindere dal genere proposto. 

A cura di Martina Caratozzolo

BECK LIVE ALL’ANFITEATRO DEL VITTORIALE DI GARDONE RIVIERA.

Domenica 26 giugno 2022, ore 20: il sole splende sulla sponda bresciana del Lago di Garda. Gli edifici, le vie e le piazze che caratterizzano il Vittoriale degli Italiani sembrano una cartolina ritagliata da un film di Federico Fellini; molte ragazze indossano lunghi vestiti a fiori, i bambini giocano nel piazzale mentre si attende l’apertura dei cancelli che conducono all’Anfiteatro per la nuova edizione della rassegna musicale Tener-a-mente.

Foto: Eleonora Iamonte

A completare questo dipinto apollineo e paradisiaco è l’entrata in scena di Beck  poco dopo le 21:40. Il cantautore statunitense appare in vesti quasi angeliche, indossando un completo bianco; nuvole di fumo gialle e blu lo avvolgono mentre canta e suona la chitarra acustica. 

Dopo aver eseguito i primi brani in versione solista, arriva una brusca interruzione: la band sale sul palco, le luci diventano psichedeliche; restare seduti è davvero una sfida e la maggior parte del pubblico in platea si alza in piedi per ballare. Il giardino dell’Eden sembra ora essersi trasformato in una discoteca a cielo aperto: per gli amanti del groove e dei ritmi avvolgenti il vero paradiso inizia ora.

Foto: Eleonora Iamonte

Beck dà vita ad un concerto che ripercorre i suoi quasi trent’anni di carriera presentando alcuni dei suoi primi successi come “Loser”, ma anche brani freschi di pubblicazione come “Take it Back”, realizzato con l’artista Jawny (pseudonimo di Jacob Lee-Nicholas Sullenger). 

L’esperienza sonora strizza l’occhio al funk, all’indie-rock, all’hip hop, al grunge, al pop e all’R&B, muovendosi tra l’acustico e l’elettronico. La voce calda e inconfondibile di Beck, avvolta in una spiccata quantità di riverbero, riesce a fondersi alla perfezione con le armonie vocali presenti nei campioni sonori diventando la firma definitiva dell’autore, riconoscibile in ogni brano. 

Foto: Eleonora Iamonte

Il clima che si respira all’interno dell’Anfiteatro – che ha una capienza massima di circa 1500 persone – è familiare e informale: Hansen parla al pubblico, chiede amichevolmente ad una signora di avvicinarsi agitando davanti a lui il suo ventaglio per riprendersi dal caldo.

L’evento si chiude alle 23:20 circa, con il vociare malinconico degli spettatori che richiamano sul palco il cantante; Beck torna in scena per un’ultima canzone, eseguita solo con voce a cappella e armonica.

A cura di Eleonora Iamonte

John Frusciante is back: il live dei Red Hot Chili Peppers al Firenze Rocks

I biglietti per il live dei Red Hot Chili Peppers al Firenze Rocks erano stati messi in vendita a novembre 2019. All’epoca il chitarrista della band californiana era Josh Klinghoffer; tuttavia, un annuncio del 15 dicembre dello stesso anno ha rivoluzionato tutto: John Frusciante è tornato nel gruppo che aveva lasciato, per la seconda volta, nel 2009. È bastato questo per far breccia nel cuore dei fan e per rendere ancora più speciale l’attesa di un concerto sold out e più volte rimandato per via della pandemia.

Il 18 giugno è servito del coraggio ai fan per riversarsi nella rovente Visarno Arena fin dalle prime ore del pomeriggio. Il pubblico che affolla la venue è eterogeneo, dall’adulto che segue il gruppo dagli albori degli anni Ottanta al ragazzino che ha scoperto il loro funk rock tramite Spotify. Ciò che li accomuna, però, è la passione e l’emozione per il ritorno dal vivo della formazione classica, quella che è stata la mente di due pietre miliari del rock come Blood Sugar Sex Magic e Californication.

Nell’attesa del concerto, ad intrattenere il pubblico ci hanno pensato quattro artisti: su tutti NAS, la leggenda dell’hip hop mondiale. Prima di lui si sono esibiti anche il rapper italiano Tedua – che ha fatto storcere il naso ad un pubblico troppo rockettaro per il genere proposto dall’artista -, la popstar californiana Remi Wolf e la band bolognese Savana Funk, il cui chitarrista di stampo hendrixiano ha invece entusiasmato i presenti.

Alle 21:30 le luci si spengono: il momento tanto atteso è giunto. A dare il via c’è la jam strumentale di Frusciante e Flea, che dimostrano di non aver perso la complicità di un tempo. La loro improvvisazione dà inizio a “Can’t Stop”, che apre le danze facendo scatenare la folla. Il tuffo nel passato continua con “Dani California” e “Charlie” per poi passare ad alcuni brani di Unlimited Love, il nuovo album della band uscito lo scorso aprile. Tuttavia, la loro intenzione è chiara: celebrare il repertorio della loro carriera, più che promuovere il loro ultimo lavoro (in scaletta vi erano infatti solamente cinque brani tratti da esso).

I Red Hot sul palco del Firenze Rocks (credit foto: Gabriele Ferrara)

Il tempo scorre a ritmo di slapping, funk e jam session improvvisate. L’emozione del pubblico è palpabile: il coro dei 65mila presenti è così forte da sembrare una sola voce. I Red Hot sorprendono e si divertono sul palco: Flea appare instancabile correndo da una parte all’altra; Kiedis sembra rivitalizzato dalla presenza di Frusciante, il quale si lascia andare a riff ed assoli intramontabili e dulcis in fundo Chad Smith, che nonostante possa apparire nascosto tra la batteria e il gong, è un instancabile fonte di groove e ritmo.

Il caldo patito durante la giornata lascia spazio all’adrenalina e al pogo. I presenti si scatenano infatti durante “Nobody Weird Like Me” e “Give It Away”, perdendo ogni inibizione e lasciandosi totalmente sopraffare dalla musica. La Visarno Arena riprende fiato solamente durante l’intro-medley di “Californication”, un momento intimo tra chitarrista e bassista, che ricorda ai fan quello dello Slane Castle del 2003, che hanno visto e rivisto su Youtube.

L’encore è composto da “By the Way, il brano con cui si conclude il concerto. Flea torna sul palco camminando sulle mani in verticale e Frusciante appoggia la testa sulla spalla di Kiedis una volta suonata l’ultima nota. L’alchimia tra la band è tornata, così come l’entusiasmo del pubblico nel rivedere la band dopo anni di attesa.

Gli applausi del pubblico a fine concerto (credit foto: Martina Caratozzolo)

Uniche pecche: la scaletta decisamente corta (solamente 16 brani) e l’assenza del brano simbolo Under the Bridge“. Tuttavia, siamo sicuri che una volta sul cammino di casa i fan siano tornati sognanti dall’ora e mezza di live vissuta, perché questa volta John Frusciante è tornato davvero.

A cura di Martina Caratozzolo

(credit immagine in evidenza: © Andrea Ripamonti)

Torino si accende con Cremonini all’Olimpico

Mercoledì 15 giugno 2022 lo Stadio Olimpico di Torino ha accolto Cesare Cremonini per la terza tappa del suo tour che da qui ad un mese lo porterà in giro per gli stadi di tutta Italia. Dopo due anni di attesa a causa della pandemia, il cantautore bolognese può finalmente festeggiare sul palco i venti anni di carriera e nel frattempo promuovere il suo ultimo lavoro in studio, La ragazza del futuro. D’altro canto, la sua folta schiera di seguaci aspettava impaziente il ritorno sulla scena di uno degli artisti più amati nel panorama nazionale da qualche decennio a questa parte.

credits: pagina Facebook ufficiale di Cesare Cremonini

Dopo i successi di Lignano e San Siro, anche l’Olimpico ha risposto entusiasta all’evento, con un esodo di fan di ogni età in fila già dalle prime luci dell’alba, fino a registrare un sold out da 35.000 presenze. Il cantautore felsineo, da parte sua, non ha tradito le aspettative, confermando di essere un vero showman più che un semplice cantante: due ore passate a muoversi su tutto il palco, cantare e ballare senza tregua, sfoggiare con stile look accattivanti, interagire con i suoi fedeli musicisti, accompagnarsi da solo al pianoforte ed alla chitarra, coinvolgere come un sol uomo tutti gli spettatori. Con le sue grandi doti performative, Cremonini è riuscito ad entrare a stretto contatto col pubblico (una rampa lo immerge fisicamente tra la folla) e a trasmettere così energia per tutto il live. Anche le scenografie (fatte di luci, fuochi, insegne ed immagini in movimento) contribuiscono all’impatto visivo ed emotivo. 

credits: pagina Facebook ufficiale di Cesare Cremonini

La scaletta scorre in un giusto equilibrio tra i più grandi successi del cantautore ed alcuni estratti del suo ultimo album, il già citato La ragazza del futuro. È proprio la title track, introdotta da un breve preludio strumentale, ad aprire la serata che, da quel momento in poi, alterna momenti di grande carica adrenalinica ad altri più intimi e sentimentali. Si passa dal rock sostenuto di “PadreMadre” e “Mondo” al groove di “GreyGoose”, il recente singolo “Chimica”, fino a classici strappalacrime come “La nuova stella di Broadway”, “Marmellata #25”, “Poetica” e una struggente “Nessuno vuole essere Robin” a cappella. Quando, poi, parte il riff inconfondibile di “50 special”, lo stadio si lascia andare ad un’esplosione di gioia incontenibile. Menzione a parte merita la toccante esecuzione di “Stella di mare”, con cui Cremonini ci regala un sentito omaggio ad un suo conterraneo ed ispiratore, Lucio Dalla.

credits: pagina Facebook ufficiale di Cesare Cremonini

A fine serata, Cremonini confessa l’emozione per l’esordio su un palco così prestigioso come quello dell’Olimpico di Torino, e ricambia l’affetto offerto da un pubblico altrettanto caloroso e fedele.  Il successo, d’altronde, era garantito: dopo un rinvio forzato ed una lunga attesa, l’artista ed i suoi fan hanno finalmente potuto condividere momenti di gioia e spensieratezza, cantando a squarciagola sulle note di veri e propri inni della musica italiana degli ultimi vent’anni. 

A cura di Ivan Galli

svegliaginevra in concerto all’Hiroshima Sound Gardena

Pensieri sparsi sulla tangenziale è il secondo album di svegliaginevra, uscito l’aprile scorso e presentato martedì 7 giugno durante la serata di inaugurazione dell’Hiroshima Sound Garden, la rassegna estiva dell’Hiroshima Mon Amour.

Ginevra Scognamiglio, nome di battesimo dell’artista di origine campana, ha esordito nel 2020 con il singolo “senza di me.”, che le ha permesso di essere selezionata per Sanremo Giovani 2021. Dopo l’album di debutto Letasche bucate di felicità (2021), del quale ha cantato diversi pezzi durante la serata, il secondo album è stato arricchito da diverse collaborazioni tra cui M.E.R.L.O.T., cmqmartina e Zero Assoluto. Di questi ultimi, Ginevra ci tiene a sottolineare come siano stati tra i suoi gruppi preferiti fin dall’infanzia, quando passava le domeniche mattina ad aspettare i loro video su MTV, e di come cantare insieme a loro sia stato un sogno che si realizza.

Credits: https://www.instagram.com/svegliaginevra/

Tra i palazzi del quartiere Lingotto, l’atmosfera nel giardino dell’Hiroshima è tranquilla e famigliare. svegliaginevra comincia il concerto con “Un pezzo mio”, che mette subito in chiaro l’amore dell’artista per ciò che fa, canta: «Musica, musica, musica, musica, serve per stare bene, serve per stare bene». Nel pubblico c’è qualcuno che canticchia sottovoce, qualcun altro che batte le mani a tempo, qualche curioso. Per tutta la serata, Ginevra è accompagnata dalla chitarra di Alessandro Martini: insieme creano un bel duo, dando ai brani un tono più folk, forse il più adatto per una serata estiva.

Durante il concerto la musicista racconta qualche aneddoto per ogni canzone, rendendole tutte un po’ speciali a modo loro. Canta “qualcosa!” e raccomanda di dire sempre le cose come stanno e “CALMA” perché «Con calma si fa tutto, La Spezia è ancora in Serie A». Chiude il live con “Come fanno le onde”, uno dei suoi brani più ascoltati su Spotify, tra i più ballabili e che subito si insinua nella testa degli spettatori.

Decisamente un buon inizio per Hiroshima Sound Garden che prevede altri appuntamenti nel corso dell’estate, tra cui diverse artiste come ceneri (1 Luglio), Prim (8 Luglio), Sleap-e (7 Settembre).

Un quartetto jazz in mille luoghi: il Buster Williams Quartet per il Torino Jazz Festival

Il 16 giugno 2022 si è tenuto, presso le Officine Grandi Riparazioni, il concerto dal titolo “Something more”, per il Torino Jazz Festival; a suonare era il Buster Williams Quartet, con Buster Williams (contrabbasso) alla guida del gruppo composto da Steve Wilson (sassofono alto e tenore), George Colligan (pianoforte) e Lenny White (batteria). Due figure centrali, quelle di Williams e White, che per tutto il concerto hanno intrattenuto il pubblico modulando il ritmo musicale a seconda delle emozioni che volevano suscitare in quel momento, o che forse loro stessi stavano provando.   

Foto: Chiara Vecchiato

Dopo le presentazioni, i musicisti iniziano a suonare, portando sin da subito una ventata di freschezza e leggera allegria. Una tranquillità che durerà per poco: in un attimo, infatti, si viene trasportati all’interno della complicità del quartetto e tra uno scambio di sorrisi e l’altro, ci si sente pervasi dalla voglia di alzarsi e ballare su quelle note vivaci. Qualcuno si limita a dondolare il piede o scuotere leggermente la testa, qualcun altro non si osa ma vorrebbe. Già al termine del primo brano il pubblico si sbilancia in un grande applauso. 

Una brevissima pausa, il tempo di un respiro, e si ricomincia. Un’atmosfera nuova, sembra di stare tra le nuvole: tutto diventa effimero, sfuggente. Gli effetti scenografici, con un’illuminazione dietro ai musicisti e il fumo sul palco, dà allo spettatore l’impressione di essere avvolto in uno spazio indefinito, ma presto tutto viene rovesciato e il brano si carica di vivacità; batterista e pianista si danno uno sguardo d’intesa  facendosi trasportare dalla linea melodica del contrabbasso: Colligan si anima e sembra ballare con le dita sul pianoforte, mentre White accenna sorrisi, agita testa e busto. Wilson – quando non suona – riprende fiato chiudendo gli occhi, rapito lui stesso dall’emozione. Williams rimane al centro, immobile, accarezzando le corde del contrabbasso con le dita segnate dalla sua lunga storia, una carriera che lo ha visto comparire in dischi storici di Herbie Hancock, Art Blakey, Herbie Mann, McCoy Tyner, Dexter Gordon, Roy Ayers, o come sensibile accompagnatore di voci quali Bobby McFerrin, Sarah Vaughan, Nancy Wilson e Betty Carter.

Il tempo corre e poco dopo non siamo più sulle nuvole o in un raffinato locale di New York a bere un Dirty Martini, l’impressione è quella di assistere all’inizio di un concerto rock o di essere su una spiaggia a osservare le onde del mare agitarsi e poi trovare pace. Ciò che si ascolterà ad un concerto jazz non è mai scontato, così come le emozioni che quella serata lascerà, perché come recita la scritta sugli schermi all’interno della Sala Fucine: «Il jazz è ordinato? Un brano ha un inizio e una fine. Nel mezzo è imprevedibile». 

    A cura di Chiara Vecchiato

Take care, take care, take care: la musica torinese in festa per il Sermig

Domenica 12 giugno. L’estate, alle porte della Falchera, viene inaugurata con una fervida serata all’insegna della musica, ospiti ben quattro complessi torinesi. Al Barrio va in scena Take care, take care, take care, un vero e proprio festival di beneficenza di ispirazione post-rock, i cui proventi sono stati destinati per intero al Sermig di Torino. L’atmosfera calza a pennello con le alte temperature: i musicisti, già conosciuti e ben affermati nel panorama cittadino, accendono un pubblico di età abbastanza variegata, tutt’uno nella voglia di divertirsi e godere dell’evento all’interno del locale.

Narratore Urbano sul palco del Barrio. All credits: Martina Caratozzolo

Intorno alle 21 apre le danze il Narratore Urbano, lasciando da subito la sua impronta personale, indicata con la calzante definizione di cantautorap. La poderosa carica del suo gruppo – assolutamente da segnalare la base ritmica – sposa testi densi e graffianti, tra immagini tenere dal fondo amaro (come in “Granchietti”) e la schietta denuncia sociale di “Sei, in un paese meraviglioso”. Una voce che urla al mondo, ottima tenuta di palco, presenti scatenati.

Post-Kruger.

Subito dopo è il turno dei Post-Kruger, che nell’affiatamento generale raccolgono il testimone con grande grinta. Le sonorità, spesso vagamente elettroniche, si snodano attraverso riff incisivi: dal tiro ribollente di “Kintsugi”, singolo fresco di uscita che mette voglia di saltare a tempo, all’accattivante passo di “Acufene”, un rock ricco di sfumature eterogenee valorizza testi impregnati di immagini oniriche, a volte crude, e una voce che non ha paura di osare su registri alti.

Gli Alberi.

Gli Alberi sono il terzo gruppo della serata. La voce femminile, delicata e melodica, e la controparte maschile, potente e a tratti abrasiva nel suo growl, la fanno da padrone. Sono pezzi che, pur sviluppando la traccia post-rock con interessanti tematiche ambientali, si addentrano volentieri in meandri dal sapore metal: non per nulla il nome del loro progetto venturo sarà Now Heavier. Pubblico sospeso tra l’incanto e il pogo sfrenato, colto inoltre di sorpresa da un featuring con lo stesso Narratore Urbano.

CIJAN.

A chiudere l’evento sono i CIJAN. Il loro repertorio forse meglio ricalca l’accezione più dura e pura del genere portante, combinata con elementi di forte originalità sonora e compositiva. Spazio limitato per le voci, sapiente cocktail di momenti immersivi e saturazioni strumentali: la scena la tiene quasi tutta la musica. Degni di nota “Mercurial” e “Homecoming”, tanto per citarne un paio. L’atmosfera di un sogno ad occhi aperti regala ai presenti il miglior modo di concludere una serata ben organizzata e con musica di alto livello.

Impossibile, dulcis in fundo, non citare Giovanni Bersani, organizzatore della serata e denominatore comune di tutte e quattro le band. Il polistrumentista si destreggia magistralmente tra tastiere, percussioni e chitarre: un eclettico tuttofare, capace di suonare praticamente senza soluzione di continuità per tutta la durata dell’evento. Una serata di quelle che verranno ricordate a lungo sulla scena di Torino.

A cura di Carlo Cerrato

Il trionfo dell’Itpop a Torino: Gazzelle

Domenica 5 giugno il Pala Alpitour ha ospitato l’ultima tappa del tour di Gazzelle, inizialmente previsto per i mesi di gennaio e febbraio 2022 e poi spostato a causa della pandemia da Covid-19.

Ad aprire il concerto è Centomilacarie, artista di Maciste Dischi (stessa etichetta discografica di Gazzelle) classe 2004 che si presenta sul palco con una chitarra acustica e un look sobrio e pulito. L’ansia è sovrana e si vede, tanto che il cantante comincia a suonare senza rendersi conto che lo strumento non è ancora attaccato all’amplificatore. Il pubblico lo sostiene e lo incita a dare il meglio di sé, forse intenerito dalla sua giovane età, e Centomilacarie si esibisce con un paio di brani inediti e una cover di “Diploma” degli Psicologi: – «Spero che questa canzone mi porti fortuna, dato che il prossimo anno mi devo appunto diplomare» –.

L’ultimo brano decide invece di dedicarlo «al vero me stesso», ossia a Simone, nome di battesimo dell’artista. Nonostante qualche imprecisione vocale (causata probabilmente dall’emozione), Centomilacarie lascia il palco con uno scroscio di applausi e urla di approvazione, segno che forse avremo modo di sentirlo presto in un concerto tutto suo.

Dopo mezz’ora le luci si abbassano nuovamente e una band composta da archi (Guendalina Pulcinelli al violino, Elena Bianchetti al violoncello), pianoforte (Ettore Mirabilia), basso (Gabriele Roia), chitarra (Claudio Bruno) e batteria (Claudio Laguardia) fa il suo ingresso, seguita da Gazzelle, vero headliner della serata.

Foto: Ramona Bustiuc

Dopo qualche canzone Flavio Bruno Pardini – vero nome del cantante si fa portare un gin tonic e ringrazia la platea, euforica come se le ore passate in coda sotto al sole cocente, le ustioni sulla schiena e la disidratazione fossero improvvisamente sparite.

(Anche in quest’occasione è lecito domandarsi se le norme di accesso alle sale da concerto non dovrebbero essere riviste, dato che i tappi delle bottiglie d’acqua vengono buttati mentre oggetti più grandi e potenzialmente pericolosi possono passare).

Seguono due ore intense, fatte di momenti tristi – come il breve discorso di Gazzelle sui danni psicologici che le persone hanno subito negli ultimi due anni a causa del Covid –, momenti emozionanti – il pubblico che intona “Scintille” mentre il cantante lo ascolta in silenzio –, momenti di ballo e divertimento a ritmo di “Sopra” e “Destri”. 25 canzoni si susseguono velocemente in un tempo che sembra passare velocissimo, protagonista il trentaduenne romano che in pochi anni ha raggiunto la vetta delle classifiche dei singoli e dei dischi più venduti in Italia.

Foto: Ramona Bustiuc

Non mancano i ringraziamenti alla casa discografica, all’opening act Centomilacarie, all’organizzatore del concerto, ai musicisti che lo hanno accompagnato in questo tour; dato che era il compleanno del pianista, intonare “Tanti auguri” è stato d’obbligo.

Il finale con “Non sei tu” è un momento di pura emozione e commozione tra Gazzelle e i suoi fan, che vengono inquadrati dalle telecamere e proiettati sullo schermo dietro al palco: il cantante è rivolto verso di loro e li saluta, fino a quando anche le ultime note della canzone si dissolvono.

Foto: Ramona Bustiuc

A questo punto probabilmente il pubblico sarebbe uscito dal Pala Alpitour accompagnato da un senso di nostalgia e malinconia, ma la scelta di far partire “Song 2” dei Blur ha immediatamente impedito che qualsiasi emozione negativa potesse manifestarsi.

Così si è concluso il tour nei palazzetti di Gazzelle, che quest’estate si esibirà al Milano Summer Festival (17 luglio), al Rock in Roma (22 luglio) e al Teatro Antico di Taormina (24 luglio).