Aostaclassica inaugura il mese di agosto al Forte di Bard, affascinante nella sua versione serale, con la carica di energia che da sempre Edoardo Bennato trasmette al suo pubblico. Oltre due ore di performance ininterrotta di un musicista, cantautore e polistrumentista le cui canzoni sono parte della storia della musica italiana. L’irriverente intelligenza che lo contraddistingue è al servizio di messaggi mai scontati, sempre attuali, presentati sagacemente per captare l’attenzione in modo ludico su tematiche sociali importanti.
Bennato, indossando la storica maglia Campi Flegrei 55, apre il concerto enunciando: «Coltivate i dubbi, non barrichiamoci nelle nostre certezze!». Accompagnandosi con l’immancabile chitarra, l’armonica a bocca e il kazoo da l’input al pubblico con una serie di evergreen: “Abbi dubbi”, “Sono solo canzonette”, “Il gatto e la volpe” tra le altre.
Nel crescente entusiasmo salgono sul palco anche gli altri musicisti della band che dimostrano la loro grande professionalità spaziando nei generi musicali, rock in primis, e in assoli o improvvisazioni che energicamente incantano e coinvolgono il pubblico. La bravura emerge in particolare nel brano intitolato “A Napoli 55 è ‘a Musica”, ispirandosi alla smorfia napoletana. Con un linguaggio poetico e diretto Bennato dipinge un ritratto affettuoso e realistico della sua Napoli catturandone l’anima, la vitalità e le sue contraddizioni. Il tutto narrando l’infanzia a Bagnoli e il suo percorso professionale diviso tra gli studi di Architettura a Milano e l’amore per la Musica ancor’oggi condiviso con gli amici del cortile. Si diverte quando, con aria scanzonata, sollecita il pubblico a canzonarlo e additarlo ironicamente come “Rinnegato, sei un rinnegato. Non ti conosciamo più!” o “Tu sei un, ah ah, cantautore” sottolineando la risata sarcastica «ah ah!».
Immancabile la sua dichiarazione d’amore al genio di Collodi: “Fata”, dedicata alla condizione di molte donne, “Mangiafuoco”, rock satirico e pungente verso i politici di ogni schieramento. Brani sempre attuali nei contenuti che vengono affiancati da new entry quali “Mastro Geppetto” col suo divertente videoclip.
Non può certo mancare il suo taglio critico e provocatorio: da amante dell’opera buffa di Rossini ha riarrangiato in modo rock l’aria “La calunnia è un venticello” dal Barbiere di Siviglia, in un brano dedicato allo scandalo di Enzo Tortora e alla grande Mia Martini. Data questa ‘tirata d’orecchie’, qualche brano dopo, dedica al popolo italiano un ‘dissacrante’ elogio in “Italiani”, canzone meglio conosciuta come “Dicono di noi” mentre, a fondo palco, il visual scorre splendide fotografie di personaggi che hanno valorizzato in ogni campo il Belpaese.
Un’attenzione particolare è rivolta ai temi della guerra e dei migranti. Riferendosi a tutte le guerre nel mondo canta: “A cosa serve la guerra”, col ritmo di walzer scelto proprio per la sua inutile circolarità, o la ballata acustica alla Bob Dylan di “Pronti a salpare”. Entrambe le canzoni, accompagnate con screen di scene intense, sono tra i momenti più toccanti. Riprendendo coi classici “Venderò”, “In prigione”, “Le ragazze fanno grandi sogni”, proseguendo poi coi brani ispirati a Peter Pan, “L’isola che non c’è” e “Il rock del Capitan Uncino”, esalta il suo pubblico intergenerazionale.
La carica vitale, provocatoria e reazionaria di Bennato, l’ottima organizzazione/performance visuale, un’illuminotecnica di alto livello e la professionalità musicale degli strumentisti hanno reso energetico e indimenticabile questo concerto. Lo sfondo storico del Forte, la scritta Aostaclassica che capeggia a fondo palco e il rock-swing-blues di Bennato: un mix esperienziale travolgente.
a cura di Joy Santandrea