Una delle frasi che più riecheggiano tratte dal film Into the Wild recita: «Chiama le cose con il loro vero nome». Eppure diventa difficile definire quello che è successo lo scorso 21 ottobre a Hiroshima Mon Amour: non un semplice concerto, non soltanto una cover band di Eddie Vedder.
Sui social e sulle locandine Magic Bus viene presentato come uno spettacolo itinerante ispirato al film e alla produzione solista di Eddie Vedder, compositore della colonna sonora del film. La giovanissima produzione dell’agenzia creativa Popcorn Gang fa la sua seconda tappa a Torino di fronte a un pubblico amante del film che rimane seduto a terra per buona parte del concerto. L’atmosfera sembra essere quella di una serata tranquilla tra amici.
La sala è illuminata di rosso, riprendendo le grafiche della locandina e lo stile dei filmati. Il tocco in più è dato da una serie di video inediti – che comprendono spezzoni del film, letture tratte dal libro, animazioni e brevi video-testimonianze di un ragazzo che in Alaska, a vedere il magic bus, ci è andato davvero – proiettati alle spalle della band per tutto il concerto. Ad accrescere il clima intimo e l’atmosfera avvolgente in cui si ha la sensazione di totale coesione ci pensa la scelta di iniziare il concerto con dei brani eseguiti solo dal cantante (Davide Genco) e dal suo ukulele in una sala semibuia. Si aggiunge poi il chitarrista (Marco Settanni) che, tra le varie canzoni, esegue la celebre “Society” e infine, il bassista (Marco Chiodi) e il batterista (Enrico Pirola) che danno alla serata una svolta più rock.
L’esecuzione integrale della colonna sonora è intervallata da una scelta filologica di brani aventi a che fare con Eddie Vedder e con i concetti capisaldi del film: la libertà e il viaggio. I brani selezionati spaziano tra cover dei Beatles, dei Pearl Jam, e “Follow The Sun” suonata con chitarra e armonica, sottolineando quell’immaginario cinematografico del viaggiatore solitario che si tiene compagnia con la musica. D’altra parte, il patto non scritto stipulato tra la band e il pubblico è quello di voler fuggire per una serata da «questo mondo così triste».
Esattamente come accade in un viaggio appena iniziato, in alcuni momenti si percepisce la necessità di un motore che deve carburare, complice il fatto che lo spettacolo sia alle prime esecuzioni e abbia bisogno di essere ben collaudato. Nonostante ciò, il prodotto confezionato è piacevole.
La serata si conclude in modo tranquillo e anche se le temperature sono tutt’altro che glaciali come in Alaska, per tutto il concerto sembra di essere nel vero Magic bus, con Alexander Supertamp a ripetersi che «La felicità è reale solo se condivisa».
a cura di Alessia Sabetta