Continua il ciclo di incontri “Song Contest / Song Context Transmedia perspectives on Eurovision” del cartellone di UniversoxEurovision.
CONTEXT / #CONTEST Fandom and audiences
Il primo incontro della mattinata, moderato da Céline Pruvost (Université de Picardie Jules Verne), ha visto dialogare Julio Arce (Universidad Complutense de Madrid), Cande Sánchez-Olmos (Universidad de Alicante) e Ekaterina Ganskaya (Università di Torino).
Il primo intervento a cura di Julio Arce si è concentrato sull’evoluzione del ruolo degli spettatori nell’Eurovision. Vengono riconosciuti tre momenti: dalle prime edizioni in cui il pubblico era invisibile, passando per una fase intermedia, fino ad arrivare al cambio del millennio; in questa fase la partecipazione del pubblico aumenta sino a divenire imprescindibile e fondamentale ai fini dello spettacolo stesso. Questa democratizzazione ha portato ad un attaccamento emotivo e di conseguenza ad un maggior senso di appartenenza, come accaduto con la proposta spagnola del 2008. In quell’occasione la canzone presentata è stata “Baila el chiki chiki”, parodia voluta dal produttore Rodolfo Chikilicuatre e che ha riscosso enorme successo grazie a un voto “di protesta” da parte del pubblico, portando in tendenza #elfestivalquequieres.
A questo punto ha preso la parola Cande Sánchez-Olmos che ha organizzato il proprio intervento intorno alla transmedialità e al rapporto tra televisione e popular music. Citando Juan Díaz ha ricordato che Eurovision «non è un festival musicale: è uno show televisivo», e in quanto tale segue le regole di comunicazione del medium. Ha inoltre affermato che in un mondo dominato da conglomerati di tv private, Eurovision rimane prodotto da una tv pubblica. Questo è importante dal momento che i prosumers-produttori e consumatori hanno controllo su tutto ciò che riguarda la ricezione del festival sui social media.
L’incontro si è concluso con l’intervento di Ekaterina Ganskaya, dottoranda dell’Università di Torino che si è concentrata sul ruolo della Russia nella competizione. In particolare ha spiegato come la scelta dei concorrenti russi sia sempre stata legata all’immagine che il paese voleva dare di sé. Tra gli esempi citati, t.A.T.u., Buranovskiye Babushki e Manizha, che volevano mostrare la posizione russa rispetto alla comunità LGBTQ+, condizioni sociali e gender equality, raccontando una società diversa da quella reale. Ganskaya, infine, ha voluto sottolineare come Eurovision sia divenuto il programma di maggior successo nella Russia moderna.
A cura di Alessia Sabetta e Alessandro Signorelli
Tavola rotonda/ Scrivere per Eurovision
Molti argomenti affrontati in questi tre giorni di conferenze – che vanno dall’analisi dei pubblici e degli immaginari sino alla geopolitica – convogliano nelle serate in cui si concretizza la manifestazione, che è anche il frutto del lavoro degli autori televisivi. A loro è dedicata la tavola rotonda “Scrivere per Eurovision” in cui Eddy Anselmi e Giorgio Capozzo, che fanno parte del team autoriale di Eurovision 2022, hanno dialogato con Marta Cagnola (autrice per Radio24) e Sebastiano Pucciarelli (autore televisivo per TVTalk).
Già dai quesiti posti da Pucciarelli e Cagnola è emersa la complessità della manifestazione e l’eterogeneità delle forze e delle competenze messe in campo per la sua realizzazione. Si è parlato della lingua – o meglio, delle lingue delle serate, data la decisione di far parlare i tre conduttori (Mika, Laura Pausini e Alessandro Cattelan) in inglese -; della scelta dello stile, intesa in termini sia di riferimenti cultuali ma anche di sensibilità e infine del formato, tenendo conto soprattutto dell’aspetto della durata, particolarmente problematico essendo nei programmi italiani piuttosto dilatato e sottoposto a ritmi più serrati invece all’estero.
Tutti i partecipanti hanno evidenziato come la manifestazione si basi su un modello fortemente codificato: «La macchina dell’Eurovision non è, dal nostro punto di vista di autori, particolarmente creativo. Il format – che ha una sua strategia consolidata – è di tipo produttivo. Si tratta di una macchina profondamente definita e industriale sia nella sua mole, ossia nella quantità di energie che muove, che nella complessità che mette in scena». La metafora automobilistica viene ripresa da Anselmi che paragona l’Eurovision al telaio di una macchina e in quanto tale non modificabile, limitando lo spazio di intervento semmai alla carrozzeria.
In ultimo, nel parlare del grande lavoro di incastro che cerca di rendere la manifestazione armonica a livello di immagine e di racconto, è affiorato come si sia cercato di rendere il vincolo del timing una risorsa: i lunghi sketch sanremesi lasciano infatti il posto a dei brevi clip, delle finestre sull’Italia che, mostrata dalle Alpi alla Sicilia, ne illustrano l’estrema varietà paesaggistica, fungendo come una sorta di cartoline dall’incredibile forza di promozione turistica all’estero.
A cura di Valentina Velardi
POP / #SONG Songs and genres between Italy and Europe
La quinta sessione del convegno di mercoledì 4 maggio 2022 è stata moderata da Ilario Meandri (Università di Torino) e ha visto dialogare Maurizio Corbella (Università di Milano), Jacopo Conti (Università di Torino), Massimo Locatelli (Università Cattolica del Sacro Cuore), Alessandro Bratus (Università Pavia).
Il primo a prendere parola è stato Corbella che ha trattato della relazione tra i generi e Spotify, osservando Eurovision in quanto “genere musicale”. Corbella ha mostrato i tag principali legati alla manifestazione internazionale, spiegando al pubblico come essi siano associati ai singoli artisti e non alle canzoni; e come molti contengano dei riferimenti geografici. Il tag “Euro” viene utilizzato da artisti di 211 Paesi del mondo, di cui 51 europei.
A prendere successivamente parola è stato Jacopo Conti, che ha analizzato la canzone vincitrice del Contest nel 1992, “Insieme” di Toto Cutugno. Questo brano musicale risulta interessante da osservare, e a differenza di altri brani italiani come quelli proposti abitualmente a Sanremo, il testo esprime una collettività europea legata al contesto politico.
A seguire, Massimo Locatelli ha parlato di performers internazionali, prendendo in esame il caso di Udo Jürgens, il quale ha partecipato a Sanremo nel 1965 e nel 1968. La sua carriera musicale ha un valore storico e politico, in quanto si intreccia con gli eventi in corso in Europa tra gli anni 1960-1970; carriera che ha condizionato la storia dei media sia da un punto di vista televisivo che del genere pop musical film.
La quinta sessione si conclude con Alessandro Bratus che ha argomentato sulla relazione tra performer e ascoltatori, analizzando quattro canzoni in gara all’Eurovision Song Contest agli inizi degli anni ’60. Le componenti testuali, musicali e performative di questi pezzi condividono la volontà di abbattere le barriere e i conflitti sociali e politici. Bratus propone di osservare il festival come un’area di contatto simbolico in cui i paesi europei riflettono e creano la propria identità, ma anche come uno spazio culturale che genera e mantiene le differenze nazionali.
A cura di Andrea Agosto e Stefania Morra
#EURO #VISIONS
L’ultima serie di incontri della giornata e del panello dedicato alle prospettive transmediali di Eurovision si è concluso con un panel che ha visto protagonisti lo Eurovision Research Group, rappresentato da Irving Benoît Wolther (Center for World Music, Hildesheim), Isabel Campêlo (INET-md, FCSH | NOVA University of Lisbon), Carla Figueira (ICCE, Goldsmiths, University of London, UK), Sofia Vieira Lopes (INET-md, FCSH | NOVA UniversityofLisbon), coordinati da Gabriele Marino (Università di Torino). Il fil rouge degli interventi è stata la capacità di Eurovision di creare comunità.
Il primo intervento tenuto da Isabel Campêlo si è concentrato sul binomio tra la musica e la politica in Europa. Eurovision è in grado di creare un senso di comunità nei paesi europei, anche se non tutti si riconoscono nel concetto di Unione Europea. L’esempio analizzato è quello portoghese: il Portogallo, come la Spagna, non è mai riuscito a percepire il senso di appartenenza alla comunità a causa della dittatura. In Portogallo questo è stato superato tra il 2016 e il 2017, con la vittoria sia dell’Europeo di calcio sia di Eurovision. L’Europa in questo senso promuove un insieme di valori conformi all’Eurovision. Crederci significa sentirsi europei.
Successivamente, Benoît Wolther – dopo aver intonato la sigla dell’Eurovisione – ha incentrato il suo discorso sulla relazione tra fan ed Eurovision. Ha infatti spiegato che quando nel 2020 l’edizione di Rotterdam è stata annullata a causa del Covid, c’è stata una vera e propria rivolta da parte dei fan che hanno inventato delle modalità per sostituire il festival in modo divertente. Un esempio è stato il Free Eurovision Contest in Germania, in cui hanno gareggiato artisti con brani inediti, esibendosi dal vivo in una modalità simile a quella del vero contest. Sono stati creati, inoltre, molti blog e podcast dalle varie fanbase che hanno bisogno dell’ESC non tanto per la dimensione competitiva, ma per le emozioni che può suscitare. La fan culture richiede una particolare forma di accoglienza, pratiche interpretative e critiche che incoraggiano il pubblico ad essere attivo, funzionando come una comunità sociale. Lo studioso ha così dimostrato che Eurovision non è solo una gara fine a sé stessa, ma serve a connettere persone (anche nei modi più peculiari).
Sofia Viera Lopes ha infine sottolineato quanto Eurovision sia una “piattaforma” importante per la produzione culturale. L’evento infatti ha un ruolo molto importante per i musicisti, dal momento che crea un senso di comunità appassionati e professionisti. In particolare, per questi ultimi rappresenta l’occasione per collaborare con gente di altri paesi, farsi conoscere dall’industria musicale e poter registrare nelle grandi sale di registrazione.
Il convengo si è poi concluso con i ringraziamenti e i saluti da parte di Gabriele Rigola, Jacopo Tomatis e Giulia Muggeo che hanno rinnovato l’invito a partecipare agli incontri della prossima settimana.
A cura di Alessia Sabetta
Immagine in evidenza: Nderim Kaceli