È uno strano Sanremo questo. E no, non solo per l’auto parodia di Ibrahimovic che imita sé stesso e riesce comunque ad intrattenere più di Fiorello, e nemmeno perché è dovuta arrivare Francesca Michielin a ricordarci che siamo nel 2021, così de botto. È uno strano Sanremo perché manca qualcosa. Mancano gli abbracci, manca il red carpet, manca il pubblico. Anche se di quest’ultima assenza non si è accorto nessuno, dato l’innato brio da pomeriggio in bocciofila che caratterizza da sempre la platea dell’Ariston. E ora che la settimana santa sta per volgere al termine, si tirano le somme di questo quantomeno anomalo 71° Festival della canzone italiana. Sempre nel nome delle tre A: Amore, Amadeus, Achille Lauro.
Arisa – “Potevi fare di più”
Quasi in un moto di commozione verso sé stessa, Arisa si autodenuncia, consapevole di aver sprecato la sua vocalità raffinata per un brano di Gigi D’Alessio. Con un titolo del genere, però, la cattiveria te la vai proprio a cercare.
Voto: 21/30
Colapesce e Dimartino – “Musica leggerissima”
D’un tratto gli anni ‘70. E non solo per i completini pastello e la pattinatrice in body, presa in prestito dai videoclip di Tommaso Paradiso. Violini, armonizzazioni, basso dance ed è subito Riccione ‘74. Ma più indie.
Voto: 24/30
Aiello -“Ora”
Ognuno affronta l’ansia da palcoscenico come può. Aiello lo fa sfiorando l’infarto miocardico e accaparrandosi il 60% dei meme sanremesi della settimana. Poi ci ripensa e si da una calmata, lasciando affiorare un brano ben costruito sulla sua vocalità melismatica alla Mahmood e dal giusto piglio radiofonico.
Voto: 26/30
Francesca Michielin & Fedez – “Chiamami per nome”
Un Fedez prossimo allo svenimento e una Francesca Michielin che ha presenza scenica anche stando ferma di fronte all’asta, non bastano a distrarre da un brano che si distingue da altri solo dal titolo.
Voto: camomilla/30
Max Gazzè e la Trifluoperazina Monstery Band – “Il Farmacista”
Vedere Max Gazzè in cosplay stanco, invecchiato e triste che fa una parodia inconsapevole di sé stesso è uno spettacolo avvilente. Il ritmo in levare e i fiati un po’ balcanici, un po’ sagra del pansoto al sugo di Pino Soprano sono talmente telefonati che viene da chiedersi se Gazzè sia consapevole dell’esistenza dell’accento sull’1 e sul 3.
Voto: 18/30 e premio “Tale e Quale Show”
Noemi – “Glicine”
Ci sono tutti i 71 lunghi lunghissimi anni di Festival di Sanremo in questa hit cucinata dal buon Dardust: il ricordo di un amore finito, un ritornello cantabile in crescendo, una brava interprete mediamente apprezzata dal pubblico. La progressione sul “parla, parla, parla” rimane in testa al primo ascolto e conferma la capacità di Dardust di infilare intuizioni melodiche intelligenti in brani altrimenti piatti.
Voto: 25/30
Madame – “Voce”
Doppiando la metafora ascetica di Achille Lauro dell’anno scorso, anche Madame arriva sul palco a piedi nudi ed è assolutamente sé stessa. A 19 anni tiene l’Ariston sul palmo della mano e strega tutti, anche con il teatro vuoto. Il brano non è particolarmente forte, ma lei è talmente magnetica e ipnotizzante, che va benissimo così.
Voto: 24/30
Måneskin – “Zitti e buoni”
Per ristabilire l’armonia dell’Universo e delle cose, a Sanremo c’è bisogno di un momento per accontentare i rockettari, in un momento di pausa tra un post su Facebook contro la trap e l’altro. Che Damiano e company siano intrattenitori nati e animali da palcoscenico è indubbio, come è indubbio che non bastano distorsori e parolacce per essere ribelli.
Voto: 26/30
Ghemon – “Momento perfetto”
L’ r’n’b è il territorio di Ghemon, che decide di non rischiare troppo e andare sul sicuro, con un brano che accompagna bene la sua vocalità soul e gli calza a pennello Proprio come i completi anni ‘70 che ha rubato dal camerino di Colapesce e Dimartino.
Voto: 24/30
Coma_Cose – “Fiamme negli occhi”
La perfomance dei Coma_cose scioglierebbe il cuore anche ai più aridi. Una dichiarazione d’amore cantata l’uno di fronte all’altra con il cuore in mano. Un brano sorprendentemente intenso, nella sua semplicità. Arrangiamento minimo, melodie che rievocano Thom Yorke e i Radiohead dei tardi anni ‘90 di “Fake Plastic Trees” e “Stop Whispering”, una linea vocale cantabile, alla Coma_cose. Non vinceranno mai Sanremo, ma hanno già vinto il mio cuore.
Voto: 29/30
Annalisa – “Dieci”
A.A.A Cercasi qualcuno in grado di spiegare come distinguere una canzone di Annalisa dall’altra e come riuscire a ricordarne almeno mezza nota. Questo brano, inspiegabilmente alto in classifica, è come il sesto componente dei Village People: tutti sono convinti siano cinque.
Voto: amnesia/30
Francesco Renga – “Quando trovo te”
Alla quarta serata di Festival, persino il microfono di Renga non ne può più e si immola per la causa, suicidandosi. Ma Amadeus prende tutti in contropiede e lo fa esibire di nuovo, avvalorando la tesi per cui errare è umano ma perseverare è diabolico.
Voto: ma basta / 30
Fasma – “Parlami”
L’autotune a manetta, le chitarre cattive, l’outfit da zarro ripulito un po’ goth, un po’ trapper che fa brutto per l’unico brano veramente gggiovane di questa edizione. Tutto molto bello, ma Fasma trema come un pulcino bagnato e ispira solo abbracci.
Voto: 26/30 e Premio Tik Tok
Orietta Berti – “Quando ti sei innamorato”
Contro l’onnipotente lobby dei ventenni, ci pensa Orietta Berti a tenere svegli i nonni davanti alle televisioni e a preservare la memoria storica del Festival. Il brano è una godibile hit da balera che la signora Gina di Frascati non vede l’ora poter di ballare con suo marito al campionato internazionale di liscio, a Covid finito.
Voto: Casadei/30
Bugo – “E invece sì”
Far finta che la scena tra Bugo e Morgan dell’anno scorso e la valanga infinita di meme che ne sono conseguiti non facciano ancora ridere e non valgano la pena di essere ancora usati, è davvero un’impresa titanica. Certo è che il brano di Bugo di quest’anno non aiuta a far dimenticare il tutto: le brutte intenzioni, questa volta, sono state quelle di tentare di fare un pezzo alla Battisti, senza essere Battisti.
Voto: che succede?/30
Gaia – “Cuore amaro”
Tipo Annalisa, ma con le chitarre spagnoleggianti. Che succede? Dov’è Elettra Lamborghini?
Voto: 18/30
Lo Stato Sociale – “Combat Pop”
Il dubbio che divora chiunque abbia assistito alla performance dello Stato Sociale è perché Lodo abbia fatto da scimmia di Gabbani della situazione, invece di cantare. Le intenzioni di portare un brano semi demenziale, smart e irriverente c’erano tutte. Il risultato, però, è il nulla cosmico.
Voto: buco nero/30
La rappresentate di lista – “Amare”
l fantasma dei Matia Bazar aleggia all’Ariston e si sente forte e chiaro in questo brano, tanto che sale una voglia irrefrenabile di spegnere la tv e ascoltare “Vacanze romane” su Spotify. La mossa di appoggiarsi del tutto alla perfetta vocalità melodica all’italiana di Veronica è vincente, ma non abbastanza per non notare la debolezza del pezzo.
Voto: 23/30
Malika Ayane – “Ti piaci così”
Malika Ayane sembra proprio mettercela tutta per non esaltare la sua voce, con brani che palesemente non le appartengono e non le rendono giustizia. Il timbro particolare, raffinato e il controllo eccellente che la contraddistinguono sono mortificati da una canzoncina senza arte né parte, dimenticabile e noiosa.
Voto: 18/30
Ermal Meta – “Un milione di cose da dirti”
La vittoria di Meta è stata chiara fin dalla prima nota di questa cara vecchia canzone d’amore alla Sanremo piena di pathos, pianoforte e ritornelli. Il discutibile romanticismo nel dire che la propria amata ha “gli occhi a fanale” e l’altrettanto oscuro “cuore a sonagli”, passano decisamente in secondo piano di fronte a cotanta sanremità.
Voto: 25/30
Extraliscio con Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti – “Bianca luce nera”
La balera indie più riuscita di sempre. Davide Toffolo si ricorda di essere frontman di una delle band capostipite dell’indie italiano solo per la maschera, ma il connubio con gli Extraliscio è inaspettatamente efficace. Prossimo passo: duetto con Orietta Berti.
Voto: 24/30
Random – “Torno a te”
Che cosa abbia spinto Random a tentare la sorte con una canzoncina d’amore adatta ad un interprete e non di certo ad un rapper, non è chiaro. Non che nella scena rap italiana il ragazzo occupi un posto in prima fila, ma, come ha ben dimostrato Junior Cally l’anno scorso, rappare del nulla assoluto in maniera populista, ma non abbastanza da salire in classifica è possibile.
Voto: 18/30
Fulminacci – “Santa Marinella”
Il vero custode dello spirito indie di questo Festival, Fulminacci arriva all’Ariston con il suo sguardo un po’ spaesato, la chitarra e il bomberino blu e presenta un brano intimo e scanzonato, un inno al legame indissolubile con la propria città d’origine e l’eterna lotta tra la voglia di scappare e il calore dei ricordi familiari. Più indie di così si muore.
Voto: 28/30
Willie Peyote – “Mai dire mai (La locura)”
Non c’è mossa di marketing più efficace dell’andare a Sanremo, parlando male di Sanremo e arrivare con quell’aura di snobismo intellettuale alla Guccini che fa tanto artista impegnato. Con un sound potente, che ricorda Educazione Sabauda e un testo che strizza diversi occhi, in diverse direzioni, Willie riesce anche a salire inaspettatamente in classifica.
Voto: 25/30
Gio Evan – “Arnica”
Se pensavate di esservi liberati di Simone Cristicchi una volta per tutte, è arrivato Gio Evan ed è finita la magia. La retorica melensa di questo brano è tale da distrarre dalla performance coreografica discutibile quasi quanto quella di Amadeus sotto il beatboxing di Fiorello.
Voto: N.C. perché beccato a copiare
Irama – “La genesi del tuo colore”
Irama, per l’occasione in cosplay di Bono Vox, ci ha insegnato che per fare danni non serve essere presenti qui ed ora sul palco dell’Ariston, ma basta mettercela davvero tutta. Il vocoder nel 2021 dovrebbe essere ormai considerato fuori legge e bandito dal pianeta, e invece…
Voto: 22/30 e Premio DAD
doverosa menzione d’onore: Achille Lauro come il dio Apollo impanato nell’argento e/o aggrappato a koala alla gamba di Frenetik dopo aver pulito il pavimento rotolandosi per terra in outfit Gucci. Sanremo è meraviglioso.