L’attenzione dedicata dall’Unione Musicale al repertorio vocale da camera è ormai un fatto noto: il 14 gennaio, infatti, il nuovo anno è stato inaugurato con grande classe da una Schubertiade tutta al femminile. Protagoniste il soprano Maria Valentina Chirico (che già avevamo ascoltato in maggio per lo stesso ciclo di concerti) e il mezzosoprano Laura Capretti, accompagnate al pianoforte da Sandro Zanchi.
Questa è stata la prima serata della stagione 2019/2020 dedicata all’ambizioso progetto che l’ente torinese si è prefissato ormai da quasi dieci anni: portare sul palco del Teatro Vittoria l’esecuzione integrale dei più di 600 Lieder composti da Franz Schubert. Le Schubertiadi (organizzate in memoria del baritono tedesco Dietrich Fischer-Dieskau) sono curate da Erik Battaglia, docente di musica vocale da camera al Conservatorio “G. Verdi” di Torino, che ha presentato la serata con un’utile introduzione, inquadrando i brani da un punto di vista storico-letterario e offrendo al pubblico una traccia per l’ascolto.
Molte le novità rispetto allo scorso maggio: innanzitutto, la proiezione sullo sfondo della traduzione dei vari Lieder eseguiti dalle interpreti. La prima volta che ho ascoltato una Schubertiade al Vittoria, infatti, la versione in italiano dei componimenti ci era stata consegnata su supporto cartaceo, e per forza di cose la luce del teatro era stata lasciata lievemente soffusa, così da permettere al pubblico la lettura, ma sfavorendo forse un po’ la totale immersione nel clima romantico evocato dalla musica. Questa volta, complice oltre al buio anche il connubio realizzato tra le voci e i dipinti proiettati con le traduzioni, l’immedesimazione è stata pressoché totale. Non scontata anche l’impostazione del programma: il concerto, infatti, ha raccontato una storia d’amore, di nostalgia e di morte, tessendo i Lieder tra loro con una trama affine a quella del Canzoniere petrarchesco.
La selezione dei brani da proporre al pubblico si fa sempre più mirata di Schubertiade in Schubertiade, indice del fatto che il progetto sta per volgere alla fine; questo però non ha impedito al curatore e agli interpreti di regalarci un concerto estremamente variegato e interessante. Abbiamo ascoltato prove quasi a ridosso della morte del compositore (come Der Vater mit dem Kind, del 1827) e frutti della sua estrema giovinezza (Die Sternewelten, ad esempio, composto quando Schubert aveva 18 anni, il 15 agosto 1815, assieme ad altri sette pezzi), nonché l’unico su testo dello stesso compositore, Abschied von einem Freunde, in occasione della partenza di un amico. Per il resto, fatta eccezione per pochi anonimi, i versi dei Lieder ascoltati sono tutti stati firmati da poeti di spicco nel panorama romantico tedesco, tra cui Jacobi, Schleghel e su tutti Goethe, amatissimo dal compositore, di cui non si può non ricordare l’emozione travolgente trasmessa da Sehnsucht, in assoluto uno dei pezzi più coinvolgenti. Ma la pagina più interessante tra quelle proposte è stata senza dubbio la lunga ballata a duetto Cronnan, da testo di Ossian, mitico bardo della Scozia antica, ammirato dagli autori romantici per i suoi racconti esotici, popolati dai clan scozzesi e ambientati in un “Nord” lontano e fascinoso. I paesaggi di brughiera e i cerchi di pietre, la nebbia e i castelli diroccati delle Highlands celtiche sono stati evocati nelle note del Lied con una potenza immaginifica tale da far rimpiangere il fatto che Schubert non si sia arrischiato a comporre una vera e propria opera lirica su un simile materiale poetico.
La profondità delle emozioni provate durante la serata, in ogni caso, non può assolutamente essere attribuita solamente alla maestria del compositore e alla bellezza delle poesie da lui selezionate; le due cantanti, infatti, si sono dimostrate più che all’altezza del difficile compito. Maria Valentina Chirico si riconferma interprete sensibilissima del repertorio liederistico: precisa, raffinata e tecnicamente impeccabile, è riuscita a regalare un carattere di estatico languore alla giovane donna che ha impersonato sulla scena, conservandone la delicatezza anche nella parte “in morte”. Laura Capretti, che ha recitato la parte del giovane innamorato, non è stata da meno: la sua dolcissima voce da mezzosoprano e il carattere con cui ha dato forma al personaggio l’hanno resa particolarmente brillante e credibile in ogni punto della rappresentazione, essendo riuscita a virare agevolmente dalle gioie dell’amore alla disperazione per la lontananza e per la perdita definitiva della persona amata. Di entrambe ho apprezzato l’impressionante pulizia vocale, l’omogeneità nei passaggi di registro e l’intensità dell’interpretazione, che hanno offerto in più di un’occasione attimi di pura commozione. Anche l’accompagnamento di Sandro Zanchi è stato puntuale e preciso, sempre in dialogo con le voci delle cantanti e con le apparizioni di volta in volta proiettate sullo sfondo: una scenografia semplicissima ma efficace, che con pochi ma ben studiati oggetti (un bastone, un cappello da pellegrino, una coroncina di fiori) e con la potenza delle armonie del pianoforte è riuscita a dipingere i tratti di un paesaggio intero.