Un viaggio in bilico tra nostalgia presente: Sick Tamburo live a Spazio211
Venerdì 20 dicembre, sullo sfondo del palco di Spazio211 campeggia il nome dell’ultima data del 2019, illuminata a intermittenza: si tratta dei Sick Tamburo, quattro figure con volto coperto da passamontagna che portano con sé da Pordenone testi facilmente riassumibili sotto il segno del disagio, sostenuti un sound alternativo anni ’90.
L’ingresso in scena del gruppo è annunciato dall’omonima intro del primo album, Sick Tamburo, che ne pronuncia in loop il nome. Dopo un’ora e mezza circa di attesa, la sala inizia a fremere; nel corso del live risulta sempre più evidente l’affezione del pubblico, con ogni probabilità spettatore diretto dell’esperienza Prozac+, da cui provengono Gian Maria Accusani, voce e chitarra del gruppo, e Elisabetta Imelio, basso e voce (assente durante il live): la band punk rock, attiva da metà degli anni ‘90, era famosa per aver dato voce a storie del disagio giovanile contemporaneo, legandosi a motivi quali solitudine, malessere esistenziale e consumo di droghe.
A scaletta inoltrata, performance più o meno inaspettate come quella di “Betty Tossica” (brano tra i più famosi dei Prozac+) vengono ampiamente raccolte sottopalco, dove anche durante i brani del nuovo album, Paura e l’amore (2019), non si risparmia il pogo.
Gli spettatori insomma sembrano aver seguito da vicino le vicende della band, affezionandosi al percorso tematico auspicato da Accusani in un’intervista dell’11 aprile a Rockol: “Già con i Prozac+ cantavamo il disagio, ma ora l’unica soluzione è l’amore”; accolti con entusiasmo anche i nuovi spunti cantautorali di brani come “Puoi ancora”.
Il fermento sottopalco – le pronte risposte alle incitazioni del frontman, il supporto offerto in qualche momento di difficoltà tecnica col microfono – non sfugge agli occhi della stessa band, che descrive su Instagram il concerto come “il più emozionante di tutto il tour”, auspicando la possibilità di portare il pubblico torinese sempre con sé.
A favorire questo intenso scambio tra palco e pubblico concorre anche la location, che vede le due dimensioni fondersi in un perimetro di pochi metri quadrati; una tale concentrazione spaziale non può che intensificare l’effetto delle luci, in un’atmosfera lisergica che incontra felicemente le sonorità distorte del gruppo.
Mentre torna a farsi sentire una nuova voce registrata che pronuncia il nome dei Sick Tamburo, con la fine del concerto sembra concludersi, negli spettatori, un viaggio in bilico tra nostalgia e presente.
A cura di Zeno Slaviero