12 Settembre 2019. Al Conservatorio di Torino, nell’ambito del festival MiTo Settembre musica, alle ore 21 viene raccontata una storia, lunga mesi, di uomini che camminano senza posa verso una meta lontana e affascinante: la storia del cammino di Santiago.
Un piccolo gruppo di voci maschili riunite in cerchio, inusuale posizione per un coro da camera che solitamente si dispiega di fronte al pubblico, vocalizza per semitoni crescenti suoni confusi, che all’aumentare dell’altezza crescono d’intensità. Il canto è incessante e ipnotico; sembra provenire dalle profondità della terra per risalire lentamente verso la superficie. Qualcosa sta nascendo: “è una discesa o una salita?” ci si potrebbe chiedere, “ stiamo per levitare, o qualcosa ci avvolge e ci osserva?”. Quale che sia la risposta, non si riesce a resistere a questa forza gravitazionale. I suoni avvolgono la sala, realizzano un effetto di straniamento che culmina, dopo alcuni minuti, in un’ esplosione lontana dietro il pubblico: un Herr Santiagu, intonato a piena voce nel registro acuto da voci femminili sovrasta gli spettatori in sala, i quali colpiti e (bisogna ammetterlo) anche un po’ spaventati, cercano con lo sguardo quelle voci che si celavano fin dall’inizio in galleria. Un inizio con il botto.
Path of Miracles, scritto nel 2005 per mano di Joby Talbot (all’epoca solamente trentaseienne) è un lavoro corale, costato più di tre anni di lavoro, che mette in musica il cammino di Santiago. Come di frequente, quando un compositore sceglie un soggetto concreto per la sua opera, è sempre lecito chiedersi non solo se la musica rispecchi l’oggetto presentato, ma anche quanto quest’ultimo (in questo caso il cammino francese) sia presente nell’opera musicale. In altre parole, quanto si è pellegrini, stando seduti davanti ad un coro? Ebbene, è il caso di dire che questo brano, con la sua ora abbondante di musica, percorre e fa percorrere con gli stessi passi la strada (lirica) del Camino francés. Come il canto iniziale, per altro effetto sonoro tratto dalla tecnica dei Bunun di Taiwan, apre con la sua atmosfera cupa, tesa ma anche ricca di promesse per il futuro, il prosieguo dell’opera è un alternarsi di momenti musicali che suscitano le emozioni più disparate, dalla meraviglia al terrore, tutto abilmente trasfigurato in musica. Diviso in quattro parti, che riprendono l’articolazione fondamentale delle tappe obbligate del Cammino (Roncisvalle, Burgos, León e Santiago), Talbot musica testi provenienti da quelle strade. Liturgie, racconti, ammonizioni e indicazioni risalenti al XII secolo e raccolte nel Codice Callistiano per il culto di San Giacomo, apostolo venerato dai pellegrini, le cui spoglie giacciono tutt’ora a Santiago de Compostela. Le parole sono a tratti tremende e ricordano impiccagioni, ladrocinî e inganni del demonio, ma anche visioni di santi, prodigi e purificazioni spirituali. Il percorso, che dura mesi ed echeggia per tutta la vita, è di coloro che hanno sofferto e gioito del misticismo di una strada battuta da secoli di sudore e fatiche per la liberazione divina. Talbot, avvalendosi della preziosa collaborazione del coro Tenebrae racconta qualcosa di meno e assieme qualcosa di più di tutto questo. Riuniti, compositore, musicisti e spettatori camminano, musicalmente, verso una meta che le parole non possono descrivere, ma solo metaforizzare.
L’opera di Talbot, eseguita per la prima volta in Italia, è diretta da Nigel Short: cantante e direttore è stato membro dei King’s Singers, ed è salito sul podio delle maggiori formazioni musicali quali la London Symphony Orchestra, la BBC Symphony Orchestra e Royal Philarmonic Orchestra. L’ensemble Tenebrae, di cui Short è fondatore, ha all’attivo numerosi tour internazionali e incisioni per le maggiori etichette discografiche. Assieme alla London Symphony Orchestra hanno ottenuto una candidatura ai Grammy Awards nel 2013 per un registrazione dal vivo del Requiem di Fauré.
Il concerto è stato riproposto a Milano, venerdì 13 settembre, sempre nel cartellone di Mito Settembre Musica.